C'è un tempo per inseguire il record, per toccare la piastra prima di tutti, per sentire il peso di una medaglia al collo. E poi c'è un tempo per capire che la vittoria più grande non è sempre quella che finisce sul podio. Federico Morlacchi, il campione di nuoto nato a Luino che ha conquistato il mondo e oggi vive a Cuveglio, si trova esattamente in questo “secondo tempo”: quello della consapevolezza, della maturità, dei valori da trasmettere, ma ancora con la voglia di competere.
A 32 anni, con due figli, Tommaso e il piccolo Noah di pochi mesi, le priorità di Morlacchi sono cambiate. O forse, molto più naturalmente, a essere cambiate le prospettive con cui si guarda il mondo. «Le pressioni sono diverse, gli obiettivi sono diversi», ammette con serenità. Lo sport c'è ancora, pulsa forte, ma oggi si intreccia con i ritmi di una famiglia che è diventata il suo baricentro.
«Lavorare per un sogno, una cosa che si è persa»
Chiacchiere libere, spontanee, trasparenti: quando gli chiediamo cosa vorrebbe tramandare ai suoi figli e alle nuove generazioni, la risposta arriva diretta, senza filtri. «Il lavorare per un sogno. È una cosa che oggi si è un po' persa. Nella mia carriera non sono mai stato il più forte, il più alto o il più muscoloso. Però penso di essere stato quello che si è fatto “il mazzo” più di tutti».
È questa l'essenza di Morlacchi: un talento coltivato con una dedizione incrollabile, la consapevolezza che «un diamante piccolo ma lavorato bene è più bello di uno grosso ma grezzo». Un messaggio potente in una società che, come dice lui, «ti porta al tutto e subito», dimenticando il valore della pazienza, del sacrificio e della costruzione.
Le lezioni delle sconfitte: la «supponenza» e quei 2 centesimi
Paradossalmente, le lezioni più importanti della sua carriera non sono arrivate dalle vittorie, ma dalle cadute. La prima, quasi formativa, dopo la prima manifestazione importante. «Agli Europei vinsi due bronzi da ragazzino incosciente e mi si montò la testa. Mi venne la malattia più brutta dello sportivo: la supponenza». La cura? «Tante mazzate. Ai Mondiali di quell'anno fu una debacle. Lì mi sono detto: “Non voglio mai più stare così male”. Ho capito che se devo perdere, voglio farlo con il cuore in pace, sapendo di aver dato tutto».
L'altra sconfitta, quella che ancora oggi fa male, è legata a un quarto posto che grida vendetta. «Due centesimi dal bronzo. Quella roba lì mi sta ancora bruciando tanto», confessa, parlando di una gara condizionata da una vasca anomala che ha reso tutto più difficile. «È una ferita che non si è ancora chiusa, perché non ho trovato una risposta. Ma anche questo fa parte del gioco». Un gioco che, dice, «non ti insegna a vincere, ma a reagire alle sconfitte».
Le vere vittorie: un record del mondo e un «figlioccio» d'oro
E le gioie più grandi? Non indica una medaglia olimpica, ma un momento preciso: «La mia più grande soddisfazione personale è stato il record del mondo a Berlino nel 2015, ancor più che l'oro di Rio. Era una cosa che sognavo da bambino».
Ma c'è una vittoria che ha un sapore ancora più speciale, quella condivisa con Simone Barlaam, altro fenomeno del nuoto varesotto. «Vincere l'oro con Simone è stato incredibile. L'ho cresciuto io, praticamente. Con lui e Alberto Amodeo siamo “le tre gambette”. C'è un legame che va ben oltre l'acqua».
Milano-Cortina 2026? L'acqua solo «liquida»
Con le Paralimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 alle porte, la domanda sorge spontanea: vedremo mai il re della vasca cimentarsi con neve o ghiaccio? La risposta arriva con la sua solita ironia tagliente, che strappa un sorriso. «Io l'acqua solo liquida, grazie». Niente sci o sledge hockey per lui, al massimo «il ghiaccio solo nei cocktail». Sarà però un tifoso appassionato, pronto a sostenere i tanti amici che parteciperanno: «Tifo tantissimo per loro. È un peccato che gran parte delle gare paralimpiche non siano a Milano, ma li seguirò comunque con grande affetto».
Il futuro, un passo alla volta
Oggi Federico Morlacchi è un uomo e un atleta che guarda al futuro «anno per anno». Ha saltato gli ultimi Mondiali che si sono disputati a Singapore per stare vicino alla famiglia dopo la nascita del secondo figlio, per «godersi i bimbi» dopo estati passate ininterrottamente in nazionale dal 2008. Il prossimo obiettivo sono gli assoluti in vasca corta a Fabriano, tra pochi giorni. «Arrivo lì, e poi vediamo», dice con la calma di chi sa che la prossima bracciata è importante quanto l'orizzonte lontano.
La sua vita, oggi, è un equilibrio tra la corsia e casa, tra il cronometro e i sorrisi dei suoi figli. Perché, come ci ha insegnato in questa chiacchierata, lo sport, alla fine, «ti dà dei valori che nella società di oggi sembrano vacillare un po'». E Federico, campione dentro e fuori dall'acqua, è la prova che quei valori, se coltivati con fatica e umiltà, valgono più di qualsiasi medaglia d'oro.
















