C'è chi ancora si vede o si incontra frequentemente, chi si è ritrovato: ma per tutti gli ex ragazzi del Redentore a Busto Arsizio è stato come se ci si fosse lasciati la sera prima. Il salone dell'oratorio che per loro ha ospitato il gioco, la preghiera, il cineforum e molto altro negli anni addietro, sabato sera ha accolto la cena di oltre 150 persone. Spartana, in piedi, perché conta sì gustare le prelibatezze preparate in cucina, ma soprattutto condividerle.
Un sabato sera travolgente, con la complicità finale di Sanremo - «Ehi, ci collegheremo con Amadeus!» - e l'ostilità fallita di una pioggia che non è riuscita a scoraggiare nessuno. Chi ha potuto, è accorso per ritrovare e ritrovarsi. Ai fornelli una solida brigata con Claudio Ceriotti, Stefano Maestri, Alberto Saporiti. Sergio Ceriotti cerca di domare l'eccitazione del gruppo per una foto, poi don Fabrizio Barlozzo riesce a ottenere l'attenzione rapidamente per la preghiera: «Perché qui, oltre a giocare, pregavamo. Essere uniti è la più bella preghiera che c'è».
Anche il sacerdote, nato a Sant'Edoardo, è cresciuto al Redentore. Un quartiere periferico, con i suoi problemi, una parrocchia appena nata: «C'era don Mario, poi mi ha accompagnato don Eugenio nella consapevolezza e nel discernimento. Qui si respirava un bel clima. Siamo rimasti uniti, nonostante le differenti generazioni. È come se fossimo una famiglia».
Merito dello stile Redentore, come l'ha descritto Ceriotti, tra gli organizzatori assieme ad Amanda Ferrario che aveva spiegato l'origine dell'iniziativa (LEGGI QUI). Gli occhi della dirigente dell'Ite Tosi brillano a ogni incontro.
La frase più ricorrente.
Ma sei tu?
Quale voce ha portato qui in una serata tempestosa 150 persone: è l'interrogativo che risuona. Ceriotti cita diversi, potenziali sentimenti come nostalgia, curiosità, desiderio di vedersi. Ma soprattutto gratitudine. «All'oratorio che ci ha contenuti, fatti crescere... trovarci, perdere, amare, sbagliare».
Impeccabile anche la definizione per il senso di appartenenza, che è identità, non possesso.
Tante coppie sono insieme da una vita, qui: il loro amore scoccato qui tra un sorriso, uno scherzo, un nome mormorato a un appello all'oratorio che suscita il desiderio di conoscere l'altro. Segnati dal destino Anna e Tiziano già dal cognome che accomuna entrambi, Paganini. Per Fabio Riva e sua moglie Paola, la scintilla è a 14-15 anni, vengono presentati dalle sorelle, si sposano nell'aprile '89 nella chiesetta della Veroncora. Il ricordo va a don Mario Girola (LEGGI QUI), era accanto a monsignor Claudio Livetti.
O ancora, una coppia sbocciata più avanti: Chiara Valentini e suo marito Marco Re. Loro si conoscevano già, ma l'amore è maturato qui. Chiara indica il salone: qui si organizzava il cineforum. Don Carlo Stucchi (LEGGI QUI) è il coadiutore, poi viene trasferito a Seveso: «E l'oratorio l'abbiamo portato avanti noi». Come si fa in una famiglia, dove quando qualcuno deve andare via e un altro, spesso più di uno, tiene le redini. Dove non ci si allontana mai davvero.
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