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Storie | 10 novembre 2025, 20:00

Paolo Bossi nella Grande Mela: la maratona, le elezioni e il campione olimpico

Il medico samaratese ha concluso la sua quinta corsa sui 42 chilometri e 195 metri: «Ho capito che cosa provano i ciclisti nelle tappe di montagna e mi sono goduto certi cartelli. Un esempio? C’è la kiss-cam dei Coldplay, corri!»

Paolo Bossi al traguardo, sullo sfondo la First Avenue, uno dei tratti maggiormente impegnativi della maratona di New York

Paolo Bossi al traguardo, sullo sfondo la First Avenue, uno dei tratti maggiormente impegnativi della maratona di New York

«Che figata». In prima battuta, sintetizza così la “sua” maratona di New York Paolo Bossi. Curriculum in pillole: samaratese doc, oncologo in forza a Humanitas e professore associato in  Humanitas University, runner iscritto alla Nuova Atletica Samverga, aficionado di “Sarà pink”, la corsa, organizzata dall’associazione omonima, con cui si raccolgono fondi per la ricerca (vedi QUI). Bossi ha da poco compiuto 50 anni. E, spalleggiato dalla moglie Cinzia, ha deciso di tagliare un altro traguardo. Quello della Grande Mela, quello della corsa che affonda le sue origini nella leggenda di Filippide e nel passato remoto dell’antica Grecia, approdata alla sua espressione più nota e celebrata oltreoceano, sponda est degli Stati Uniti. Perché la maratona in sé e per sé da sempre è mito e storia, gara e metafora. Ma a New York è anche festa, parata, spettacolo. È una major, la maratona di New York, come Tokyo, Boston, Londra, Berlino e Chicago. Ma ha qualcosa in più, un fascino e un richiamo suoi.

«Per me – racconta il runner - è stata un’esperienza strana. Perché ho sempre pensato che la maratona sia una fatica tutta particolare. Un modo per stare con se stessi, nel silenzio, nella concentrazione. A New York questo non è possibile. Lo sapevo, lo raccontano tutti. Ma finché non ci sei dentro non capisci la portata di quello che succede. A destra e a sinistra ci sono ali di folla. Su tutto il percorso, non esistono punti in cui l’interesse dei newyorkesi cala. Il chiasso, gli incoraggiamenti ti sostengono ovunque. Fanno eccezione giusto i ponti, gli unici tratti in cui i corridori sono soli con se stessi. New York è un’alternanza di boati, tifo e silenzi».

Con immancabile cornice di goliardate e partecipanti inaspettati: «Ho corso diversi chilometri accanto a un sikh. Se l’è fatta tutta con il suo abbigliamento tradizionale, dal turbante in giù. Quanto ai cartelli…le elezioni per il sindaco erano vicine, l’attenzione era ancora più alta che in passato. E la cosa si percepiva, alla partenza come lungo il percorso i messaggi dei sostenitori di Mamdani, Cuomo e Sliwa si sprecavano. Uno diceva: “Se stai correndo è perché scappi dal nuovo sindaco di New York”».

Considerazione a suo modo bipartisan, a voto non ancora avvenuto. «Ma più degli altri mi sono rimasti impressi “Corri come fossi il ladro del Louvre” e “C’è la kiss-cam dei Coldplay, corri!”. Poi le bande, più d’una schierata su entrambi i lati della strada… è una festa popolare. In un paio di tratti non c’erano transenne. Ho capito che cosa prova un ciclista dei grandi giri, sulle salite, quando il pubblico si fa sotto, urla, incita».

Venendo al cronometro: «Ho chiuso in tre ore e 38 minuti. Speravo un po’ meglio, era la mia quinta maratona, miglior crono tre ore e 24 a Bologna. Ma quello di New York è un percorso tosto, tra ponti e First Avenue (nella foto, sullo sfondo, Ndr) i saliscendi sono impegnativi, è difficile fare lì il proprio record». Preparazione? «L’alimentazione conta, ovviamente. Nulla di complicato, soprattutto carboidrati e proteine. Non mangio carne ma le uova me le concedo. Zero alcol, per diverse settimane prima del via. Allenamento classico, regolare, con tappe di avvicinamento, corse su distanze lunghe che avvicinano ai 40 chilometri. In generale, direi che con un po’ di disciplina ci si possono togliere belle soddisfazioni, anche a 50 anni suonati».

Un ultimo aneddoto? «Facevo parte di un gruppo organizzato, includeva Stefano Baldini, oro alla maratona di Atene nel 2004. È anche stato riconosciuto, in mezzo alla folla». Ovviamente c’è una foto ricordo con lui… «In realtà no, non ho osato chiedergliela. I grandi sono i grandi».

Stefano Tosi

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