"Chi lù misùa, lù dùa". Mi accoglie così, Giusepèn appena mi vede. Sprizza luce dai suoi occhietti vispi e scintillanti. Il saluto è pieno di sole. Scalda. Contiene cordialità e rispetto. E' delizioso. Passa subito, Giuseppino al... racconto. E lo fa ricordando in italiano, il senso della sua affermazione. "Chi ha il senso della misura, continua nel suo operato"."Al va bèn par tuci i stagiòn" e anche qui, subitanea traduzione: "va bene per tutte le stagioni", prospera.
Il Lettore che ha avuto la costanza di arrivare sino a qui, adesso si gusterà l'autentico significato della "lezione" di Giuseppino. Il necessario, per la vita di allora, era costituito dal soddisfacimento dei bisogni primari: il cibo, il decoro dell'abitazione, il vestiario, le suppellettili non appariscenti, la pulizia (personale e nell'abitazione... e non solo; quindi, stalla chi l'aveva e orto).
Lo spreco (di ogni genere) era peccaminoso. Come a dire: "utilizza tranquillamente ciò che ti serve, rispetta ciò che non hai utilizzato e conserva ciò che è rimasto a misurare il tutto nelle giuste dimensioni in base alla necessità, ti comporta un totale utilizzo dei beni, nel tempo. Non è finita. A comprendere il valore dello... spreco, ti comporta un soddisfacimento dei bisogni, più razionale e ti induce a pensare al rispetto maggiore per la Persona e per la Natura. Da qui, gli invidiosi "chi gà prusma malamenti" (chi ipotizza male) hanno fatto nascere la diceria che i Bustocchi sono tirchi. Non solo è un luogo comune "blasfemo", ma è pure un millantare la verità. Che tempo fa, la diceria ai Bustocchi faceva rabbia... poi, con l'andare del tempo, i Bustocchi hanno fatto spallucce e hanno badato (come sempre) al concreto... altro che tirchi (sic).
La dimostrazione della vita sobria e parca di Giuseppino e della sua famiglia, la si nota a osservarlo. Giuseppino è sempre sbarbato, ha addosso un profumo fresco di un dopobarba dal sapore antico. Gli abiti non presentano macchie "candu a ò in campagna m'à cambiu" (quando vado nell'orto, mi cambio) e "s'a sudu, m'à làu e m'à cambiu" (quando sudo, mi lavo e mi cambio).
Anche in casa, trovi una pulizia quasi... maniacale. "T'è podi mangiò 'n tèra". La traduzione la dice lunga sulla pulizia che regna in casa. D'accordo è un modo di dire da non prendere alla lettera, ma offre la... verità su come Giuseppino tiene alla pulizia. Il "puoi mangiare per terra" è espressione tipica del "massimo grado" di igiene e di pulizia che regnano in casa del Giusepèn. Mobili spolverati, pochi quadri alle pareti, ma luccicanti con vetri a specchio, muri curati con tinteggiatura compatta. Giuseppino ci tiene a dire che la sua Maria (figlia) "l'à 'mparò dàa sò mama, sal'vol dì ùl netu e a mèm mà piasi vivi in dul netu" (ha imparato da sua madre, cosa vuol dire vivere in un ambiente pulito e a me piace vivere nel pulito).
Ne segue un "tour" lungo l'abitazione di Giuseppino. Cucina spaziosa e luminosa sin dal mattino. "ùl sù al vègn dentàr cunt'ardenza" (il sole entra con veemenza) e "a verdì i finèstar t'è senti ù aria gni dentar i pulmòn" (ad aprire le finestre -di primo mattino ed è sottinteso- senti l'aria fresca entrare nei polmoni). Poi, visita alle camere "a mè stanza cunt'l mè leciu" e vedo Giuseppino increspare lo sguardo e riempire gli occhi di melanconia. Lo abbraccio. Senza parlare mi mostra la foto sul comodino... lui e la moglie, abbracciati e la loro Maria davanti a loro, tutti sorridenti. "La mia stanza, col mio letto" ed è il letto matrimoniale, con l'abat-jour sul comodino, un centrino di pizzo sotto e una bottiglietta di minerale "par ogni venienza" (per ogni evenienza)... in caso di sete. Il Crocifisso sopra la testata del letto e il quadro "dàa Madona dù Autu" (della Madonna dell'Aiuto) che non manca mai in casa di ogni Bustocco doc, tal è Giuseppino.
Poi camera di Maria... più piccola, minuziosa, con gli armadi a portata di mano, i vestiti dentro, tutti allineati, con la canfora a proteggerli, poi la sala, il ripostiglio e là fuori "ùl camanòttu" (quattro mura con sopra il tetto che funge da ripostiglio per gli attrezzi di campagna, compreso un paio di stivaloni). Il tutto, allineato, pulito, efficiente e degno del rispetto che si merita un uomo così.
"Sutu ghè a cantina" (sotto c'è la cantina), ma la visiteremo un'altra volta. Intanto si parla di altre cose. Giuseppino è contento di vedermi. Io contentissimo di vedere lui. Lo anticipo sulla... grappa. "L'e matìna, Giusepèn... a beam 'noltra òlta" e lui furbetto " vegn chi a basùa". "È mattina, Giuseppino... beviamo un'altra volta" e lui"vieni nel pomeriggio" ma sappiamo entrambi che non è vero e che sempre, la visita è gradita a entrambi. Quando vado via, senza voltarmi, so che Giuseppino comincia a "contare" i momenti del nostro prossimo incontro.