Gli amici, i colleghi dell’ospedale, i membri delle associazioni che frequentava si sono stretti oggi, in tanti, alla mamma e ai parenti di Fabio Vidili, infermiere dal cuore grande scomparso a 60 anni.
E, partecipando numerosi questa mattina al funerale nella chiesa di San Giuseppe a Busto Arsizio e portando così numerosi nei giorni scorsi una parola di conforto e un abbraccio alla famiglia, hanno cercato di restituire un po’ di quell’affetto sconfinato che Fabio aveva saputo donare.
«Eri e resterai sempre luce», hanno detto i colleghi. Erano moltissimi, alcuni con il camice indosso, dalla Cardiologia («La tua seconda casa») e da tutto l’ospedale. Con loro anche i medici e gli amici del Tiro a Segno di Busto Arsizio. Anche lì era un’istituzione.
«Ovunque ha seminato amicizia», le parole dello zio don Aldo Manfredini, parroco nel Cremonese.
«Ha offerto una testimonianza straordinaria»
«Appena si è sparsa la notizia, c’è stato un accorrere davvero significativo dalla mamma, dai meravigliosi zii e dagli stupendi cugini. Nella camera ardente sembrava esserci un concorso di popolo attorno a questo giovane uomo», ha detto nell’omelia don Aldo, che ha celebrato la messa insieme al cappellano dell’ospedale di Busto don Gabriele Colombo.
«La sua non è stata una vita facile o carica di benessere come quella che tutti cerchiamo di avere – ha proseguito lo zio sacerdote –. Aveva delle fragilità forse più visibili delle nostre, ma le abbiamo tutti. Si affidava a molte persone. E oggi ci chiediamo come abbia fatto a muovere così tante persone in pieno agosto». Ebbene, «Fabio ha catturato il nostro cuore perché invece di vivere di sogni e desideri irrealizzabili, ha tenuto piedi per terra e ha affrontato situazioni faticose diecimila volte, senza arrabbiarsi o arrendersi. Noi vedevamo un giovane che stava in compagnia, sapeva essere simpatico, che teneva al lavoro che aveva voluto caparbiamente».
«Disponibilità, sensibilità, responsabilità», alcune delle sue qualità che tutti gli riconoscevano: «Fabio è stato speciale perché nella povertà dei mezzi ha offerto una testimonianza straordinaria. Ha affrontato la fatica delle diverse situazioni con forza e coraggio».
Preziosa l’esperienza in ospedale, in Cardiologia: «Ne parlava tanto – ha detto don Aldo rivolgendosi ai colleghi –. Sentivo i vostri nomi. Il suo essere infermiere lo ha sempre stimolato e a nome della mamma vi ringrazio infinitamente per come avete valorizzato e accolto il suo desiderio di dare del suo meglio pur nella fatica». Contraccambiando amicizia sincera: «Quanto ci teneva. Ovunque ha seminato amicizia».
L’auspicio del sacerdote è che non si perdano «le cose magnifiche» che ha visto intorno al nipote: «Quante testimonianze e gesti di tenerezza e delicatezza. Quel bene che ho visto in questi giorni, quella cura, quelle attenzioni, non perdiamoli. Non spegniamo quella fiammella accesa dal Signore, custodiamola: possono migliorare tante cose da questo momento in poi».
«Un fratello per tutti noi»
Commosso il ricordo dei colleghi: «Fabietto, eri gioia e allegria. Tutti ti ricordano per la tua simpatia. La Cardiologia era la tua seconda casa. Ma sei un’istituzione per tutto l’ospedale. Impossibile starti vicino e non sorridere. La tua gioia era contagiosa, ovunque andassi lasciavi una scia di buonumore e affetto. Non eri un infermiere qualunque. Hai dato il cuore per tuoi pazienti. Sempre con la battuta pronta, eri un fratello per tutti noi. Hai fatto la differenza per tanti e questo non si dimentica. Conoscevi le nostre famiglie e avevi la capacità di essere presente nei momenti importanti. Sei stato una roccia, per chi ti voleva bene, per tutti noi».
Un pensiero ai genitori, al loro amore e alla loro dedizione immensa. «È stato un privilegio averti conosciuto e aver condiviso con noi un pezzo di strada. Eri e resterai sempre luce. Ajò Fabietto. Con infinito affetto, i tuoi amici».