La Pro Patria è più di una squadra: per Matteo Serafini rappresenta una parte di vita, un legame profondo che il tempo non ha mai scalfito. Alla vigilia della gara di ritorno dei playout contro la Pro Vercelli (sabato ore 17.30), abbiamo raggiunto telefonicamente l’ex capitano e bandiera biancoblù. Con il cuore in mano e lo sguardo rivolto ai ricordi, Serafini condivide emozioni, senso di appartenenza e un messaggio di coraggio e speranza per tutto l’ambiente tigrotto.
«Non ho potuto essere allo stadio sabato scorso, anche se mi sarebbe piaciuto moltissimo», racconta Serafini. «Ma la partita l’ho voluta vedere a tutti i costi. Il colpo d’occhio dello “Speroni”, con quasi 2.000 spettatori, mi ha emozionato profondamente. Vedere lo stadio pieno è qualcosa di importante per Busto. Come spesso sento dire, spero che questo pubblico “dormiente” si sia solo assopito e che basti una scintilla, come quella di sabato, per riaccendere quella passione biancoblù che in realtà non si è mai spenta».
Guardando avanti alla gara di ritorno di domani allo stadio “Piola”, Matteo Serafini non nasconde le insidie della sfida: «Giocare da loro, su quel sintetico, non è mai semplice. È un campo particolare, me lo ricordo bene anche io, nell’anno dei playoff di Serie C2». Era la stagione 2010-2011, la Pro Patria di mister Novelli, penalizzata da un -6 in classifica a causa del disimpegno della famiglia Tesoro. Una squadra che riuscì a compattare il popolo biancoblù, in simbiosi totale con i propri tigrotti, capaci di spingersi fino alla finale playoff contro la Feralpi Salò, dopo aver eliminato proprio la Pro Vercelli in semifinale. «Quella stagione fu un crocevia – ricorda Serafini – eravamo in grande difficoltà fuori dal campo, ma dentro lo spogliatoio c’era un’unione straordinaria tra di noi e con i tifosi. Era una Pro Patria che univa, lottava, emozionava».
Tornando all’attualità, l’ex capitano osserva con attenzione anche gli avversari: «Sabato scorso non ho visto una Pro Vercelli particolarmente brillante, anche se immagino che, in casa loro, venderanno cara la pelle. Mi auguro però che la Pro Patria, forte del piccolo ma prezioso vantaggio conquistato all’andata, sappia affrontare e interpretare la partita nel modo giusto, mettendola dalla propria parte. Di certo, lo spero con tutto il cuore».
Il gol di sabato scorso, al momento decisivo, porta la firma di due ragazzi cresciuti con la Pro Patria nel cuore: Ferri e Piran. «Questo ha un significato enorme - sottolinea l’ex capitano tigrotto -. Conoscere questi colori, averli dentro, fa davvero la differenza. È un valore che va custodito con cura, anche pensando al futuro. Non posso esprimermi sulla società, perché non ne faccio parte attivamente, ma dal profondo del cuore - per ciò che la Pro Patria rappresenta per me - mi auguro che chiunque la guidi in futuro sappia trattarla come merita, portandola su un palmo di mano, con amore e rispetto».
Sul modo di affrontare partite senza domani, Serafini aggiunge: «Come capitano cercavo di trasmettere serenità e sicurezza. In questi momenti l’aspetto emotivo pesa tanto. Serve equilibrio, e serve stare vicini ai più giovani. Una parola detta nel modo giusto può fare la differenza, così come l’esempio».
E poi, un pensiero speciale, carico di affetto, rivolto ai tifosi e alla squadra. «Il calcio di provincia è ancora quello che mi emoziona di più. La Pro Patria e Busto mi hanno fatto crescere come uomo e calciatore. Non c’ero sabato scorso, ma continuo a seguirla, sono ancora un tigrotto. Sono stato forgiato nell’anima dagli anni belli e da quelli difficili. Al di là delle presidenze che si sono alternate, ho sempre trovato attorno a me persone forti e sincere, compagni veri. Una componente “umana” solida e forte. Come allora, anche oggi serve quello spirito».
Infine, un augurio speciale. «Un grande in bocca al lupo alla squadra per domani. E lasciatemi dire una parola per Riccardo Colombo: mi dispiace umanamente che la sua stagione non sia finita nel modo sperato, ma il suo amore per la Pro è intoccabile, così come il suo valore umano. Forza Pro Patria, sempre!».