Andrea Macchi, 38 anni, varesino, di professione giardiniere e apicoltore per passione, è stato campione di canottaggio, indossando anche la maglia azzurra e conquistando una medaglia di bronzo. Adesso è campione indiscusso della durissima specialità della corsa in montagna, dove ha conseguito importanti vittorie sia a livello nazionale che internazionale.
Come è maturata la passione per questa disciplina?
Mi è sempre piaciuto correre e praticare sport. Quando facevo canottaggio agonistico presso la società remiera a Gavirate, andavamo di frequente ad allenarci sui sentieri del Campo dei Fiori, questo contatto con la natura con i suoi silenzi ed i suoi colori, che variavano ad ogni stagione, mi affascinavano. Poi per la tipologia del mio carattere ho sempre preferito lo sport individuale, cosi ho abbandonato il remo ed ho indossato le scarpe da runner.
Hai iniziato subito con i sentieri di montagna?
No ho cominciato facendo alcune gare per gli eventi organizzati dal circuito podistico "Piede d’Oro", poi ho partecipato a diverse maratone e nel 2013 ho iniziato a sfidare me stesso sui sentieri impervi delle montagna, dove mi sono da subito trovato a mio agio, ottenendo risultati che mi hanno permesso di conquistare anche la maglia azzurra nel Trail.
Per partecipare a queste durissime gare quanto di alleni?
Cerco di ritagliarmi spazi dividendomi tra la famiglia (ho tre figli piccoli), lavoro e allevamento di api. Vado a correre alla sera dopo il lavoro, vicino a casa, poi partecipo a qualche gara alla domenica per tenere allenata la gamba. Poi facendo il giardiniere approfitto di fare fiato spingendo in salita la carriola piena di terra: questa è la mia palestra naturale.
Raccontaci la tua esperienza oltre il limite al Tor Des Geants?
La mia prima volta è stata nel 2014, provenivo già da altre corse di trail con ottime performance. Cosi ho deciso di partecipare: allora non ero sposato e per la logistica e organizzazione mi diede una mano la mia fidanzata che poi è diventata mia moglie. Fu veramente dura, senza esperienza sono partito fortissimo e dopo parecchie ore di corsa decisi di ritirarmi. Arrivai vicino a Donnaz e non avevo più energia ero stanchissimo, cosi comunicai la notizia alla mia ragazza. Solo che c’era un piccolo problema.
Quale?
Io ho fatto questa corsa con l’intento di dare l’anello di matrimonio all’arrivo a Courmayeur. Ritirandomi prima decisi di darlo ugualmente. Solo che con mia grande sorpresa la mia fidanzata lo rifiutò, dicendomi "mi spiace, non adesso ma al traguardo finale". Fu davvero la forza di volontà e l’amore a farmi finire la durissima gara. Poi ho partecipato ancora l’anno successivo, per poi arrivare terzo nel 2017.
Puoi darci qualche notizia tecnica di questa gara così dura e particolare?
Più che gara è un'avventura, una delle più dure al mondo. Si corre per 350 km con 30 mila metri di dislivello, durante il percorso sono situati diversi punti di ristoro. Ognuno può scegliere la propria andatura, è un'esperienza unica ed indimenticabile.
Tra i tuoi podi c’è anche il gran Trail di Courmayeur vero?
Sì, ma questa gara è "solamente" di 100 km per 7990 mt di dislivello, dove ho impiegato 14 ore e 42 minuti.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Continuare a correre per il pacere di farlo e vestire la maglia azzurra, ma per nulla al mondo lascerei perdere la mia attività di giardiniere: poi un giorno mi piacerebbe correre con i mie tre figli, che per ora insieme alla mamma mi accompagnano alle mie gare.
Come affronti mentalmente gare così impegnative?
E' sì uno sforzo fisico, ma è più mentale, in quanto devi tenere il ritmo, essere particolarmente attento ai tratti innevati e con pietraie. Spesso devi affrontare la gara al buio, con temperature vicine allo zero di notte e con grande caldo nelle ore diurne. Devi stare sempre attento dove metti piedi, anche perché mi è spesso capita di vedere animali incuriositi di osservare un umano correre nel loro habitat naturale. Ma si supera tutto perché il trail è condivisione ma è soprattutto tanta passione.