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Busto Arsizio | 24 dicembre 2023, 14:30

Riforma dello sport, diluvio di critiche. La voce della Pro Patria Judo

Cambiano le discipline, non i giudizi negativi. Incremento dei costi, confusione burocratica, ritardi nel definire e comunicare le novità: le società sono esasperate. Claudio Zanesco, presidente del sodalizio con base a Sacconago: «È una riforma calata dall’alto. Anche quelli che lavorano dove più serve, fra i giovani, magari nelle periferie, sono in difficoltà. E c’è chi rischia di chiudere»

Claudio Zanesco, presidente della Pro Patria Judo

Claudio Zanesco, presidente della Pro Patria Judo

«I dirigenti delle società sportive dilettantistiche? Diventano datori di lavoro. Come gli artigiani o gli imprenditori. Solo che i nostri dirigenti non guadagnano». Il coro contro le nuove regole previste dalla Riforma dello Sport dilettantistico, scattata a luglio 2023, si arricchisce di una nuova voce. Quella di Claudio Zanesco, presidente e responsabile tecnico di Pro Patria Judo, società che offre la possibilità di praticare una vasta gamma di discipline a circa 380 iscritti. E che affronta il labirinto della riforma tra situazioni condivise con altri sodalizi (per esempio la chiusura forzata per Covid nel 2020, con le pesanti ricadute economiche del caso) e altre specifiche (i 300mila euro investiti, con alcuni soci, per trasformare la derelitta “piscina di via Poma” in uno spazio attrezzato, accogliente, frequentato). Cambiano le persone, cambiano gli sport, non cambia il giudizio negativo.

«Era difficile fare peggio di così» conferma Zanesco. Che ai rilievi già mossi da Giuseppe Abenante (Scuola Calcio Antoniana, VEDI QUI) aggiunge argomenti. «In Italia – contestualizza - puoi occuparti di sport a contatto con i giovani, essere competente nella tua disciplina e svolgere un ruolo tecnico, sociale ed educativo. Ma manca un serio riconoscimento professionale per quello che fai, contrariamente a quanto avviene, per esempio, in Francia, dove si può essere “professeur de judo”. In questo quadro deficitario, la riforma ci fa diventare professionisti da un momento all’altro, senza che ci sia la necessaria considerazione per il nostro mondo. Forse addirittura è mancata la conoscenza del contesto di partenza. Quello, cioè, di attività che si basano, e si sono sempre basate, sul volontariato. Una prima contraddizione? Noi ci dobbiamo uniformare in tempi rapidi, i decreti per “mettere a terra” la riforma arrivano in ritardo».

Capitolo inquadramenti. «Mi pare evidente che si volessero regolarizzare, diciamo così, certe figure. Sembra quasi che ci si sia detti: in Italia esistono i Co.co.co? Sì, allora estendiamo queste figure e istituiamo il Co.co.co sportivo per quanti collaborano con le società dilettantistiche. Ma se un istruttore svolge la sua opera con più realtà, deve dotarsi di Partita Iva. Qui entrano in gioco, di nuovo, i tempi con cui alcuni passaggi della riforma sono stati messi a punto e comunicati: ci sono tecnici che dovrebbero passare alla Partita Iva ma, essendo stati Co.co.co con una singola società per qualche mese, prima che si precisassero certi contenuti, non possono procedere. Bloccati. Per due anni».

Sui compensi: «Sotto i 16mila euro non si matura l’anno Inps. Ma, nei primi anni, si ragiona sul 50 per cento quindi, per maturare l’anno Inps, occorre prendere 32mila euro a cui aggiungere i soldi rientranti in una sorta di “fascia di esenzione”. In pratica, bisognerebbe superare i 35mila euro. È ragionevole?».

L’elenco delle lacune e dei paradossi, noto agli addetti ai lavori, è lungo. Zanesco prosegue ed esemplifica: «Oggi devi inserire i dati relativi ai collaboratori della società nel “Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche”. Previa comunicazione di alcune informazioni, il registro dovrebbe, fra l’altro, fare automaticamente i conti sui compensi, così come previsti dalle nuove norme. Solo che il sistema i calcoli non li fa e tu sei costretto a rivolgerti al commercialista. Pagandolo, ovviamente, quindi impegnando risorse che pensavi di usare in modo diverso».

Le piccole grandi spese derivanti dalla riforma, del resto, possono essere uno stillicidio. Uscite pesanti, almeno per i bilanci di realtà che fanno tanto sport con pochi soldi. «Occorre, per esempio, adeguare lo statuto. Se questo riguarda una Ssd - Società sportiva dilettantistica, è un atto pubblico notarile e l’operazione costa tra mille e 1.500 euro. Altri quattrini, nel nostro caso, se ne sono andati in adeguamenti su alcuni particolari degli impianti. Per il documento di valutazione rischi abbiamo pagato 1.400 euro. Ampliando lo sguardo: moltissime società utilizzano spazi di proprietà pubblica che, facilmente, sono in uso alle scuole. Ebbene, queste società devono chiedere e ottenere la documentazione sul fatto che le palestre siano a norma, anche se non si tratta di “roba loro”. Sono tutti a norma, gli spazi? Quanto ai tempi per avere le risposte…».

La confusione generata dalla riforma arriva in un contesto problematico che, per Zanesco, affonda le radici nel tempo: «Manca una politica per le strutture, vedi palaginnastica di Busto, vedi sport che non hanno sedi, piscine che vanno in malora, palestre che mancano e che dovrebbero essere luoghi sani e utili non legati forzatamente all’edilizia scolastica. L’Istituto del Credito Sportivo presta soldi a volte a tassi maggiori di una normale Banca, ma se il garante è lo Stato o un ente pubblico ecco che i tassi di interesse sono ridotti quasi a zero. Dov’è una politica seria, in questo senso?».

Tornando alle novità, il referente della Pro Patria Judo esprime un pensiero condiviso da tanti: «Ci confrontiamo con una riforma calata dall’alto. È stata pensata dal “centro”, senza valutare le conseguenze nelle periferie. Nel quartierino, nella quotidianità, te la devi cavare tu, ti devi arrangiare. Coni e federazioni non hanno “fatto muro” per tutelare migliaia di realtà che lavorano nelle città, nei rioni, là dove più serve… Penso al nostro caso: la Pro Patria Judo non solo consente di praticare sport a chi ama le “nostre” discipline. Ha fatto bene, in generale, a ciò che le sta intorno. Tanto per incominciare a Sacconago…».

Il presidente non si limita a considerare il suo pur fertile "orticello". E conclude: «Mi viene da pensare a quanti si trovano in questa situazione e tirano avanti in zone degradate, difficili, magari nelle grandi città del Sud… Conosco diverse società di questo tipo e so che alcune rischiano di chiudere. Se questo avvenisse, là come altrove, il danno non sarebbe solo sportivo».

Stefano Tosi

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