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Gallarate | 29 gennaio 2023, 14:51

A Gallarate, celebrazione della "Giornata della memoria" e commozione per le vittime della Shoah. Ma l’Amministrazione comunale non c’è

Appassionato intervento di Angelo Bruno Protasoni, presidente dell’Associazione mazziniana, alla cerimonia organizzata da Anpi e patrocinata dal Comune. Scuole elementari, medie e superiori unite nel ricordo. Assenze evidenti

Gli studenti del liceo con Angelo Bruno Protasoni e Michele Mascella

Gli studenti del liceo con Angelo Bruno Protasoni e Michele Mascella

La voce di Angelo Bruno Protasoni si spezza. Lui, presidente dell’Associazione Mazziniana a Gallarate, ha lavorato con Anpi per portare nella città dei due galli tre pietre d’inciampo, dedicate a Lotte Froehlich Mazzucchelli, Clara Pirani-Cardosi e Vittorio Arconti. Cittadini gallaratesi triturati dalle persecuzioni nazifasciste. Cimitero di viale Milano, si celebra la "Gionata della Memoria" (foto in fondo). La voce di Protasoni trema e si ferma. Evidente groppo in gola. Il suo discorso è arrivato al passaggio in cui rievoca il rastrellamento nel ghetto di Roma. Deve pronunciare un numero che mozza il fiato: 207. Tanti furono i bambini e le bambine che salirono sui treni, verso i lager.

Silenzio commosso. Poi i presenti applaudono, fra liberazione e incoraggiamento. Struggenti le cifre ricordate da Protasoni: 1.023 persone avviate dalla capitale ai campi. «Ne sopravvissero 16». Ricordo del ghetto di Venezia (capitolo storico fondamentale): «243 deportati, tornarono a casa in otto». Ancora Protasoni: «A Gallarate vivevano, in quegli anni, tre famiglie di cittadini ebrei. La famiglia dell’ingegner Schiavi decise di scappare. Riuscirono a salvarsi vivendo per due anni in clandestinità. Due anni trascorsi nel terrore e nella privazione di ogni contatto. Altri ebrei gallaratesi furono più sfortunati».

Gli studenti dei licei di viale dei Tigli ricordano Lotte Froehlich Mazzucchelli (ammazzata con un colpo alla nuca nella strage di Meina) e Clara Pirani Cardosi (insegnante, ovviamente senza colpa, strappata alla famiglia e gassata ad Auschwitz, appena arrivata nel campo di concentramento). Poi c’è Vittorio Arconti, antifascista e attivista sindacale, spento dagli stenti nel castello di Hartheim, via Mauthausen. Si ricorda Gigliola Finzi, livornese, neonata, formalmente arrestata non appena venuta alla luce, quasi subito in viaggio verso Auschwitz e uccisa con la mamma appena arrivata nel lager.

Cerimonia organizzata da Anpi. Il presidente, Michele Mascella, rivolto a Protasoni, una pacca sulla spalla: «Non sei l’unico a commuoversi». Pochi minuti prima: «Mi auguro che ci si possa trovare ancora, negli anni a venire, nonostante il clangore di troppi conflitti. Ci sono i presupposti per un olocausto definitivo. In questo giorno celebriamo un atto collettivo per le vittime della stessa follia».

Arriva il momento della deposizione per le corone d’alloro. C’è quella di Anpi, sistemata. Il presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia annuncia il momento per l’omaggio dell’Amministrazione comunale. Si guarda intorno. E non trova nessuno. Non una corona, non un volto della maggioranza (presenti, invece, rappresentanti delle minoranze).

Però ci sono bambini e ragazzi delle Gerolamo Cardano (portano una stella gialla sulle giacche, simile a quella che distingueva gli ebrei nel periodo della discriminazione, dello stigma, della morte, con l'aggiunta di un pensiero di Primo Levi: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario»). I più piccoli trasportano un cartello. Che si chiude così: «Nessuno ha il diritto di fare del male».

Gli studenti delle medie ricostruiscono il periodo, fra storia e uno spaccato della realtà vissuta dai perseguitati di allora. «Ci furono anche sogni e speranze fino all’ultimo», ricordano. Poi, ancora con Primo Levi: «Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case…».

Gli studenti dei licei cittadini ricordano Lotte, Clara, Vittorio e Gigliola. Così Leonardo Corbo, 17 anni, rappresentante d’Istituto: «Quelli come me hanno avuto la fortuna di conoscere persone che hanno vissuto certi avvenimenti sulla loro pelle. I miei figli, i miei nipoti non avranno questa fortuna. Per questo i giovani sono la memoria più importante. L’identità è libertà. Nessun uomo dovrebbe essere privato della sua identità. Della sua libertà».

Stefano Tosi

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