«Torniamo a casa, torniamo in Ucraina». All’inizio, è stato un colpo al cuore. Massimo Vitali la risente, quella sofferenza, guardando gli occhi decisi di Natalia, Anastasia e della piccola Sofia in questi mesi ospitati da sua sorella e da sua cognato a Gallarate.
C’è ancora la guerra, il primo pensiero per quelle che ormai erano la loro famiglia: lo erano sempre state, dal loro arrivo a marzo e anche prima, perché erano state affidate da papà Roman, “ex bambino” di Chernobyl arrivato da loro con Aubam tanto, tanto tempo fa. Ma alla stazione dell’autobus, quell’ansia si è dissolta. Perché gli sguardi delle amiche erano carichi di felicità.
Più forte di qualsiasi avversità
Due sole parole contavano: a casa. Dal padre, dal marito, dal figlio. Nella loro terra. Grate, però, a coloro che le hanno tenute con sé per cinque mesi. «Hanno lasciato una lettera, scritta con quell’italiano imparato in questi mesi, mille ringraziamenti e una frase finale “Voi siete la nostra famiglia” - racconta ancora emozionato Massimo, per tutti Ciccio, anima delle Cuffie colorate di Busto Arsizio, che hanno avuto un ruolo in questa storia - Tornano a casa, in una terra martoriata da una guerra a noi incomprensibile ma la nostalgia di casa e la lontananza dai propri affetti è più forte di qualsiasi avversità».
In questi mesi, si è stati un’unica, grande famiglia. Sofia ha imparato rapidamente l’italiano, si è respirata la bellezza di poter stare insieme e condividere conforto e anche i momenti difficili. Come quando al telegiornale le donne hanno riconosciuto un vicino, riverso a terra, o hanno visto la loro palazzina crivellata di colpi. Ma le ore preziose erano quando si parlava con Roman: tutti appesi alle sue labbra, a capire come stava, come andava… «Lui videochiamava e ci raccontava - spiega Massimo - e intanto vedevo passare i missili verso Leopoli, lui correva al rifugio».
La distanza si è fatta pesante con il tempo, di qui la decisione. Le due donne e la piccola grande donna che è Sofia - sette anni e sul volto la dolcezza di bambina e la consapevolezza di un’adulta, hanno deciso di partire e l’hanno fatto pochi giorni fa, prendendo il pullman Como-Kiev da Lampugnano.
Il sorriso che riaffiora
Il peso sul cuore di Massimo e dei suoi cari, si è alleggerito lì, di fronte alla luce negli sguardi delle amiche. «Quando le ho osservate così sorridenti - spiega - felici di rivedere il papà, il nonno e di andare nella casetta di quest'ultimo a curare l'orto, anch'io sono stato meglio. È stata quasi una festa».
L'unico peso rimasto, a dire il vero, era il bagaglio. Perché da brava mamma italiana, la sorella di Massimo le ha caricate di scorte alimentari. «Nove valigie - ride lui - tanto cibo. Ma non solo. Le Cuffie colorate hanno risposto all'appello per gli abiti e ne hanno dato veramente tanti. Li chiedevamo in buono stato, ma ce ne sono arrivati di nuovi, appena comprati. Grazie, perché con le loro donazioni hanno agevolato Augusta e Alberto in questa avventura».
La generosità di questi ragazzi impegnati nello sport paralimpico e dei loro familiari non si è fatta dunque attendere.
Le donne sono già arrivate a casa, 32 ore di viaggio fino a Kiev, poi un altro pullman fino al paesino dove rimarranno. La gioia di riabbracciarsi, indescrivibile. Sofia, poi, deve prepararsi ad andare a scuola: l'aspetta la terza.
Porte aperte per loro sempre, ovviamente, ma c'è un altro desiderio, che si è trasformato già in una promessa: «Il prossimo appuntamento - assicura Massimo - sarà da loro. Andremo noi, appena si può». E sarà stupendo, perché ci si rivedrà e perché vorrà dire che non c'è più la guerra. Che una famiglia - come quella che si è creata con naturalezza in questi mesi - può stare insieme, oltre i confini, senza paura.