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Storie | 14 aprile 2022, 21:37

Don Mario Galbiati e le due radio nel nome della Madre. «Carrozzina e dialisi, la mia messa»

Il ricordo del sacerdote scomparso ieri, in un capitolo del libro di Vittore De Carli "Come seme che germoglia. I funerali saranno celebrati martedì alle 14.30 nella chiesa parrocchiale di San Vittore in Albavilla

foto da Radio Mater

foto da Radio Mater

 

Ha fondato due radio: Radio Maria e poi Mater. Ha dato testimonianza con la malattia. È stato un riferimento per molti. L'ultimo saluto a don Mario Galbiati verrà dato martedì 19 aprile nella chiesa parrocchiale di San Vittore in Albavilla. 

Lo salutiamo attraverso anche un capitolo intenso del libro di Vittore De Carli, "Come Seme che germoglia - Sacerdoti nella malattia" edito da Libreria Editrice Vaticana. Ringraziamo per la disponibilità a questa condivisione.

Don Mario Galbiati. Nel nome della Madre: fondare due radio. 

«Carrozzina e dialisi, la mia Messa»


Si riesce ad ascoltare ovunque, in auto come a casa, in città o nei più sperduti paesini di montagna e ogni giorno è seguita da numerosissimi ascoltatori. Nata come radio parrocchiale nel 1983 ad Arcellasco di Erba, in provincia di Como e diocesi di Milano, per opera di don Mario Galbiati, Radio Maria si è conquistata nel tempo un posto di primo piano nel panorama radiofonico, diffondendosi poi in altre parti del mondo tanto che nel 1998 nasce la Famiglia Mondiale di Radio Maria. Quello di don Mario Galbiati, fondatore anche di Radio Mater, di cui tuttora è l’anima e punto di riferimento essenziale, è un modo tutto nuovo e in controtendenza di fare radio, non solo nel mondo cattolico.

L'impegno e la salute

Nessuna pubblicità, ma solo fiducia nella Provvidenza, nessuna sudditanza ai dati d’ascolto, ma tanto volontariato, tanta preghiera, catechesi e testimonianze di vita vissuta. L’impegno costante e oneroso di don Mario, nel tempo ha finito per minare anche la sua salute. A dir la verità, in salute non lo è mai stato. La sua forza era ed è tutta interiore, ma l’organismo lentamente cede alle traversie e all’età. I guai fisici si infittiscono a causa, fra l’altro, del malfunzionamento dei reni, che procurano fitte e inconvenienti seri.

Così il 30 luglio del 2004 il sacerdote deve dichiarare forfait all’organismo debilitato ed entrare in dialisi, con un trattamento fisso tre volte la settimana prima, quattro in seguito. In questi quindici anni da dializzato, dunque, don Mario ha già superato le 3.256 presenze. La sedentarietà obbligata nel lettino di un ospedale apre al sacerdote nuovi spazi di meditazione e preghiera. Durante la dialisi recita un Rosario “personale”. Dopo la prima parte dell’Ave Maria, sostituisce la seconda parte con le intenzioni particolari degli ascoltatori o dei volontari che si raccomandano alla sua preghiera.Dai primi giorni della dialisi, don Mario quando sale sul letto dell’ospedale, sale sulla croce: allarga le braccia come Gesù e prega, prega tanto. Mentre gli altri pazienti dializzati guardano la televisione, lui recita il Rosario. Il letto della dialisi, ripete spesso, «è il mio secondo altare. Il primo altare è quello della S. Messa, il secondo quello della dialisi. La Mamma mi ha chiamato prima a fondare due radio. Ora mi chiama a stare vicino con Lei alla Croce di Gesù e a partecipare alla sua redenzione con la mia sofferenza». Anche per i medici i tre lustri di dialisi e l’età (89 anni) di don Mario sono un “mistero”: qualcuno parla addirittura di “miracolo vivente”.I primi anni il personale sanitario sorrideva e ironizzava vedendolo tutto assorto in preghiera con la corona del Rosario, poi qualcuno ha iniziato ad avvicinarsi e a confidarsi con lui chiedendogli una preghiera.

Alcuni, osservando l’intensità della preghiera di quel dializzato, hanno trovato la conversione. Gli stessi ammalati del nosocomio di Lecco, il giorno di dialisi di don Mario, gli si avvicinano e gli chiedono di pregare per loro. A tutti lui risponde: «Non ti preoccupare, la Mamma ti aiuterà». E in quanti casi la Mamma ha fatto sentire il suo aiuto!

La sua vita

Don Mario Galbiati nasce a Sant’Albino di Monza, ultimo di sette figli. «La mia devozione alla Mamma – ripete da sempre – affonda le radici nella famiglia: fra le mura domestiche noi figli respiravamo una vita semplice di preghiera, di carità e di amore per Gesù e per la Mamma». A 11 anni, nel 1941, Mario entra in Seminario presso i Salesiani di Chiari (Brescia) dove frequenta la scuola media.

Nel 1944 è nel Collegio arcivescovile di Vimercate come esterno e dal 1945 al 1953 (anno della sua ordinazione e della prima Messa) è nel Seminario della Diocesi di Milano.Già da ragazzo e poi da giovane seminarista, don Mario ha ben chiara la sua meta: dopo la Messa e i giochi in oratorio, lui deve “celebrare una Messa” tutta sua, tant’è che per farlo contento la mamma Ernesta gli regala tutto l’occorrente per realizzare un piccolo altare.

Da ragazzo, tuttavia, Mario non disdegna di cimentarsi in partite di calcio e di amare il basket. Gli amici di Sant’Albino lo ricordano come un ragazzo brillante, devoto ma per nulla bacchettone, molto bravo sia negli studi che nello sport.Dopo dodici anni di studi, il 28 giugno del 1953, nel Duomo di Milano, il cardinale Schuster lo ordina sacerdote. Viene destinato ad Albavilla dove va con tutto l’entusiasmo e la carica del giovane prete di oratorio, pronto a circondarsi di ragazzi e gioventù, per le diverse iniziative. La preghiera, la liturgia, il canto sono un primo ambito di impegno pastorale: educa i Piccoli Cantori e già prepara, anticipando il Concilio Vaticano II, la partecipazione alla Messa e compone canti per la liturgia.

Con il parroco, don Felice Ballabio, nel 1954 si adopera perché il Comune di Albavilla si consacri alla Beata Vergine Immacolata e una statua venga posta in Municipio. La passione per il basket, intanto, spinge don Mario a fondare, sempre nel 1954, la Pallacanestro Albavilla, formata inizialmente da una ventina di giovani pieni di entusiasmo, di cui lui fu il primo allenatore e presidente. La partecipazione dei giovani è numerosa tanto che già lo stesso anno disputa i campionati nella provincia di Milano.

Il 19 marzo 1966 il cardinale Giovanni Colombo lo nomina parroco – a soli 36 anni – di Arcellasco di Erba. Qui trova una comunità che ha vissuto le novità introdotte dal Vaticano II e anche strutture parrocchiali che necessitano di un adeguamento. Inizia i lavori di manutenzione straordinaria della chiesa parrocchiale, che portano al rifacimento del pavimento, della volta, del tetto, e alla nuova casa parrocchiale, inserendo nel seminterrato la cappella invernale e oratoriana.Quella cappella diventerà anche la sede della prima radio che don Mario fonda il 20 febbraio 1983, la «radio delle famiglie, nella sua triplice componente spirituale, culturale, ricreativa».

Apostolato radiofonico

Per don Mario Galbiati inizia quel cammino di apostolato radiofonico che dura da 36 anni.«Sono stati anni di intensa attività pastorale e spirituale – ricorda – ma sempre con un unico scopo: portare i giovani a Gesù. Appartenere a Dio significa, innanzitutto, rimanere all’ascolto e lasciar dilatare i nostri cuori dal soffio dello Spirito per essere ‘pietre vive’, libere di lasciarci guidare dall’amore provvidente di Dio e della Sua ‘fantasia’, per essere e divenire il Suo popolo nella fede che ci lega a Lui.

Ecco perché - continua - quando i disegni di Dio mi hanno chiamato a ingrandire i confini della parrocchia con una misteriosa missione radiofonica, ho accolto la chiamata, obbedendo al volere di Dio, senza mai dimenticare le “tre parrocchie” della mia vita: Sant’Albino, in cui sono nato, cresciuto e diventato sacerdote, Albavilla, in cui ho profuso i miei ardori giovanili come coadiutore, e Arcellasco, in cui sono diventato “padre e pastore per sempre”».

La missione radiofonica «è un mistero che non so spiegare – continua don Mario. Ho sentito il bisogno di affidare anche alla radio la “sete di anime” che mi bruciava dentro il cuore! Chi mi ha spinto e aiutato in questa difficile missione, che mi ha causato anche tante sofferenze, ma mi dà la gioia di far sentire la misericordia di Dio a tanti cuori? La risposta posso darla soltanto guardando a Maria, la Mamma! Sì, solo Lei può avermi suggerito e sostenuto nell’iniziare e condurre due radio: la prima col Suo nome, la seconda col nome della Sua maternità».

La nuova emittente Radio Mater, accende i trasmettitori a Erba proprio nel giorno dedicato alla Madonna di Lourdes e agli ammalati, l’11 febbraio 1994. Era pronta da tempo, ma attendeva il “placet” del Ministero. Il 13 febbraio dello stesso anno, anche il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, invia un telegramma a don Mario formulando i suoi «auguri più vivi perché essa sia strumento di crescita nella fede per una sempre più efficace testimonianza cristiana».

Il 7 settembre del 2013 don Mario inaugura ad Albavilla la nuova Casa di Maria e la Cappellina dove si prega in diretta radio anche di notte, unico caso a livello nazionale. Il 24 febbraio 2019 l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, nell’omelia della Messa celebrata nella Cappella della radio in occasione del venticinquesimo di fondazione della stessa riconosce il tanto bene compiuto dall’emittente: «Celebriamo 25 anni di un’impresa, di un’intuizione, di una forma di apostolato che ha raggiunto tutti noi e ha raggiunto molti che non conosciamo, che non vediamo; le trasmissioni di “Radio Mater” sono entrate in tante case, in tante solitudini, in tante famiglie; sono entrate in tanti momenti di dolore, in tanti momenti di gioia».

Mi piace pensarti come un albero

Di don Mario, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, ha scritto: «Mi piace pensarti come un albero, una di quelle grandi querce con le radici ben salde sul territorio, ricordandosi da dove si viene, fortificato dal contatto con la gente, ma dai rami grandi, frondosi, protesi verso il cielo, che offrono riparo e indicano l’Alto. Ancorato in provincia, sei stato capace di realizzare uno strumento che in tutta Italia aiuta la gente a pregare, raggiungendola ovunque. Una passione instancabile la tua, espressa sempre in un cammino di costante e convinta fedeltà alla Chiesa che per te è realtà di vita e che ha fatto sì che in tutti questi anni tu abbia continuato a tener fede al tuo impegno».

E ancora monsignor Delpini così si è espresso nel messaggio di augurio per il suo 65° anniversario di ordinazione sacerdotale: «Hai fatto della Radio la tua missione e della tua missione un servizio alla Chiesa, con quella particolare devozione alla Chiesa di Milano che ti ha chiamato, ti ha inviato e che hai servito con fedeltà ammirevole. Non mi giunge solo la tua voce, ma anche la tua luminosa testimonianza di una vita coerente e intraprendente, anche la tua pazienza nelle tribolazioni che non ti sono state risparmiate, anche la tua serenità nel sopportare la precarietà della salute».

Don Mario, sacerdote sottoposto a dialisi, così si affina ulteriormente, si spiritualizza. E questa trasformazione si avverte nelle omelie che, a ogni Messa, sono prorompenti e profonde. E mentre compaiono cedimenti del cuore, edemi polmonari, mentre le braccia mostrano il tormento delle siringhe, l’uomo debole invita a una tenerezza che si aggiunge al rispetto, quasi una vocazione pressante alla santità.

Alle Messe festive don Mario antepone un Vangelo “cantato”. Pratica con esso un apostolato nuovo, mettendo in rima i passi salienti della Parola di Dio che i fedeli accompagnano nel ritmo, memorizzando ulteriormente quanto poi le omelie sanno interpretare. «Il giorno della dialisi – ci confida don Mario – è un giorno difficile. Quando ti svegli il mattino ti chiedi che giorno è? devo andare in ospedale o sono libero di fare altro. Ormai la mia vita ha degli orari ben stabiliti. Se è giorno di dialisi mi sento un blocco allo stomaco, una debolezza umana, poi avverto come una luce che arriva dall’Alto e mi dice che la sofferenza a cui mi sto accingendo, andando in ospedale, è una realtà che mi avvicina a Maria che ha sofferto con Gesù, crocifisso e morente, sul calvario. E allora mi dà sollievo e penso: “Mamma ho qualcosa da darti, ti offro la mia dialisi perché solamente tu sai quanto mi costa, ma te la dono perché tu ai piedi della croce hai sofferto per tutti, me compreso”.

Benedici questo mio letto 

Questo nodo alla gola cambia poi nella fede sino a quando arrivo in ospedale ed entro nel mio letto della dialisi. Quando sono pronto, prima di essere attaccato con gli aghi alla macchina, dico sempre: “Mamma benedici questo mio letto e fa che si trasformi in altare dove io possa celebrare la mia Messa in attesa di quella di Gesù nel pomeriggio. Quando ci incontreremo là ci sarai anche Tu con me ad immergermi in Gesù che soffre e muore. Questa invece è la mia Messa che celebro con te: tu dalla a Gesù perché si convinca che realmente gli voglio bene, anche se è arrivata questa malattia”. 

Ora, dopo oratorio, parrocchia e due radio, a 89 anni, di cui 66 da sacerdote, don Mario ribadisce che è stata la Madonna «a prendere in mano il mio sacerdozio, a guidarlo. Ho sentito l’impulso di far ascoltare la predicazione dei missionari anche agli ammalati nelle case della mia parrocchia e così ho messo un’antenna sul campanile. Da quel semplice desiderio sono nate due radio». Una storia, la sua, che profuma di fede popolare, di devozione a Maria “imparata in famiglia”. Il tempo gli ha dato ragione.

«La Chiesa – sottolinea don Mario – è consapevole dell’importanza e del valore dei mezzi di comunicazione. Mezzi che possono avere un futuro – osserva – quando si affidano alla spiritualità e quando operano in comunione, unità e obbedienza amorosa alla Chiesa, come sintetizza il motto di Radio Mater. La Radio che porta la Chiesa in casa e che tutti riunisce nell’amore come una sola famiglia”».

«Ho sempre voluto che le radio che il Cielo mi ha donato di fondare – dice ancora don Mario – fossero “in uscita”, come esorta a fare papa Francesco, missionarie, a disposizione della Chiesa, della diocesi e delle nostre parrocchie. È la missionarietà che ci sospinge nel deserto di oggi, per raggiungere chi è solo, chi non può uscire dalla propria casa perché ammalato, chi è prostrato dalla sofferenza fisica e psichica e cerca un appoggio per sollevarsi».

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