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Lettere | 16 settembre 2025, 08:11

LA LETTERA. «Io, mamma della provincia di Varese, sconvolta per quello che è successo a Paolo e ai suoi genitori. Il bullismo non può e non deve portarci via i nostri figli e la nostra vita»

Ci scrive una mamma colpita, come tanti di noi, da quanto accaduto a Paolo, il ragazzo nemmeno quindicenne che si è tolto la vita prima di iniziare la scuola dopo essere stato bullizzato per i suoi modi gentili, i suoi capelli lunghi, il suo amore per la cucina: «Mia figlia ha quasi la sua età e non posso pensare che lei o uno dei nostri figli una mattina non risponda più alla porta per paura di andare a scuola a causa della vergogna di essere nel mirino dei bulli. Vorrei che tutti noi e i nostri ragazzi denunciassimo situazioni simili e che non accada mai più una cosa così terribile»

Paolo, suicida a nemmeno 15 anni, nella foto mentre suonava il basso con cui la famiglia lo ha ricordato

Paolo, suicida a nemmeno 15 anni, nella foto mentre suonava il basso con cui la famiglia lo ha ricordato

«Sono una mamma della provincia di Varese come tantissime altre che venerdì scorso ha bussato alla stanza di sua figlia per il primo giorno di scuola, l'ha vista svegliarsi, ha fatto colazione con lei e, poi, l'ha salutata con un bacio sulla guancia mentre si metteva la cartella sulle spalle prima di andare in classe. Oggi il pensiero di quello che è successo ad altri due genitori come me, quando hanno bussato a quella porta e non hanno ricevuto risposta dal loro Paolo, che avrebbe compiuto quindici anni a novembre - mia figlia ne ha quasi altrettanti - non mi lascia dormire. E quindi ho pensato di scrivervi»: inizia così la toccante lettera giunta in redazione che vi proponiamo.

Paolo, a cui va il pensiero commosso della nostra mamma, è il ragazzo della provincia di Latina trovato impiccato in stanza con la corda di una trottola da mamma Simonetta e papà Giuseppe - che ora in quella stanza non riescono più ad entrare - la mattina dell'inizio dell'anno scolastico all'istituto informatico di Fondi. Papà bussava e lui non rispondeva. Papà e mamma da anni erano preoccupati dai bulli che lo perseguitavano ed avevano fatto molte denunce. 

«Mia figlia ha i capelli lunghi come Paolo, ama la musica come la amava Paolo, che suonava il basso, è bravissima in cucina come Paolo, aiuta quando c'è da preparare la tavola come Paolo, si fa la doccia ogni mattina prima di uscire come Paolo e, anche se non va a pescare con il papà come faceva Paolo, spero e credo che non venga presa di mira come è successo a lui. Non dovrebbe succedere a nessuno dei nostri figli quello che è successo a Paolo, bullizzato e preso di mira con parole come "Paoletta", "femminuccia", "Piccolo principe", "Nino D'Angelo" o con insulti molto più pesanti nei confronti della mamma nei bagni della scuola e nelle chat soltanto perché era un ragazzo gentile, carino, generoso, biondino e riservato» scrive la mamma del Varesotto nella sua lettera.

«Ho letto che i genitori si erano rivolti alla scuola e non era successo nulla. I compagni lo chiamavano spione: gli scherzi, le derisioni e gli insulti proseguivano da anni. Si era dovuto tagliare i suoi bellissimi capelli lunghi per provare a uscire dal mirino e si era chiuso nel silenzio con i suoi genitori dopo che loro erano andati a sua insaputa a parlare con gli insegnanti senza dirglielo, per denunciare quello che stava succedendo. Tutto questo mi stringe il cuore e mi porta a scrivere questa lettera perché immagino come possano sentirsi una mamma e un papà, ma soprattutto un ragazzino di quell'età di fronte a tutto questo. E se capitasse anche a noi?» si domanda e ci domanda la mamma.

«Conosco professori, dirigenti scolastici, compagne e compagni di mia figlia, tutti bravissimi: sono contenta e orgogliosa delle persone che sono. Ma quello che è successo a Paolo, che aveva preparato il pane e i biscotti anche l'ultima sera prima di decidere di andarsene per sempre, e aveva scritto nel suo ultimo messaggio "prendetemi il posto in prima fila" quasi a voler vedere cosa sarebbe successo dopo la sua morte, e il peso che porteranno per tutta la vita il suo papà e la sua mamma mi hanno sconvolto e convinto, nel mio piccolo, a fare qualcosa anche solo scrivendo a un giornale. Con la speranza che non succeda mai più qualcosa del genere. Se c'è anche solo il minimo rischio che possa accadere qualcosa di così terribile a nostro figlio, a nostra figlia, a noi genitori, ai professori e ai compagni dei nostri figli, dobbiamo e dovremo impedirlo. Parlando e denunciando subito i fatti, chiedendo immediato intervento e risposte. Anche per Paolo, la sua mamma e il suo papà».

A.C.

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