Ieri... oggi, è già domani | 07 aprile 2024, 06:00

"april ….'na guta, un baril" - aprile, ogni goccia, un barile

L'ammonimento salvaguarda la salute. Qui ci sta pure, l'apparire, il cambio del guardaroba, la voglia di evadere e di "farsi vedere", senza la paura di ammalarsi

"april ….'na guta, un baril" - aprile, ogni goccia, un barile

"Tand disu due, da pruerbi, ciapa nota" (te ne dico due, di proverbi, prendi nota) - lo dice Giusepèn, risorsa inimitabile del Dialetto Bustocco da strada - lo scrivo subito, con un pizzico di polemica nei confronti di chi NON difende il nostro Dialetto e "passa per buono" certe corbellerie intrise di parole "italianizzate" o "milanesizzate" o (addirittura), varesine.

"pàsa ultra" (vai avanti) dice Giusepèn. Ecco i due proverbi. Quello nei titolo "april, na guta 'n baril" (aprile, ogni goccia, un barile) e "april, non ti spogliar d'un fil" (aprile, non ti spogliare d'un filo) - nessun abito leggero - quest'ultimo, qualche riflesso con l'italiano, ce l'ha. Con quello "spogliare" che nel Dialetto Bustocco, non c'è. Qui si dice "tia fòa i visti" (togli gli abiti), ma nel Dialetto si usa talvolta (quindi non sempre) "fa inscì" (agire in questo modo).

La domanda è: perché non ci si deve spogliare nemmeno "di un filo? - l'ovvietà presuppone un dato intriso di esperienza che dice; in aprile si manifestano rigurgiti di freddo che con la Primavera hanno poco da spartire. Si passa dal tepore (che permette di indossare abiti più leggeri rispetto all'inverno) al freddo (che causa parecchi danni; dal semplice raffreddore, al mal di gola) a qualche tipo di influenza che dura parecchi giorni rispetto al normale. Quindi, l'ammonimento salvaguarda la salute. Qui ci sta pure, l'apparire, il cambio del guardaroba, la voglia di evadere e di "farsi vedere", senza la paura di ammalarsi. "mèi stò ai prim dogn" (meglio stare ai primi danni).

L'altro proverbio (quello citato nel titolo), riguarda il "meteo" che sancisce un aggravio della carina "pioggerellina di marzo" che si manifesta "delicata e …. argentina" come è indicata in Poesia che "picchia sui tetti" a ritmo di "batteria" ritmica e gioviale. In aprile è facile incorrere in temporali che "battono forte" su tutto - è facile (dopo) riscontrare danni alle suppellettili e ai giardini, con una falcidie di fiori e di arbusti. Di questi tempi, poi si manifestano uragani e tornado, come si riscontra nei paesi tropicali. Quindi, meglio prestare attenzione ai "consigli" degli esperti.

Giusepèn taglia netto: "ul paesan al guarda sempar in cièl" (il contadino volge sempre lo sguardo al cielo) e sa come comportarsi - oggi ci sono le serre e i capannoni che proteggono le colture e (peccato) lo sguardo al cielo, lo si dà poche volte, mentre sarebbe opportuno "insistere" non solo per un fattore poetico, Ed ecco il "messaggio occulto" del Giusepèn: "ste rimiri ul cièl, t'e troi pasi" (se ammiri il cielo, trovi pace) e non è da sottolineare questo fatto - non ho timore a dar ragione a Giusepèn e non per …. effetto placebo. Ammirare il cielo (plumbeo o stellato) è una preghiera; un senso di rispetto per chi ha creato questo spettacolo, una riflessione per dire "come si è potuto verificare, questo mistero? - per i credenti è facile dire "è un miracolo" - per chi non-crede si tratta di un fatto naturale. Tuttavia, il "fatto naturale" come è sorto? Quale combinazione "atomica" l'ha causato?

"ghe da perdi ul cò" (c'è da perdere la testa) dice Giusepèn, ma lui, i "piedi per terra" li ha ben posati. "chèl ca ghe l'e amui e vogn dumò, le amui e al s'à ciama Signui" (quello che c'è è amore e uno solo è solo amore e si chiama Signore).

L'affermazione spicciola e sincera, la accetto pienamente, tanto per dire subito a Giusepèn "un Nocino, Giusepèn; dem a bei, t'e se 'n galantòm"  (andiamo a bere il Nocino, Giusepèn; sei un galantuomo).

Gianluigi Marcora

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