Ieri... oggi, è già domani | 21 aprile 2024, 07:39

"va là, por'om"" - tirati da parte, pover'uomo

Prima, tuttavia, cito un detto di mamma: "ogni cò l'e fèi da sassu e gan tuci ul so fracossu" (ogni casa è costruita con materiale edilizio e tutte le case hanno di che discutere) - a "discutere", ovvio, sono le persone che in quelle case vi abitano.

"va là, por'om"" - tirati da parte, pover'uomo

Stavolta, Giusepèn, mette in mostra un argomento, mai affrontato nei due libri "ul Giusepèn" e "Giusepèn e Maria" - riguarda la "vita spicciola" che si viveva nelle case della gente comune e che comprendeva taluni "battibecchi", ma pure qualche rimbrotto che infarciva i dialoghi su quanto accade nelle famiglie.

Prima, tuttavia, cito un detto di mamma: "ogni cò l'e fèi da sassu e gan tuci ul so fracossu" (ogni casa è costruita con materiale edilizio e tutte le case hanno di che discutere) -  a "discutere", ovvio, sono le persone che in quelle case vi abitano.

Spesso era la "masèa", la (mamma, la sposa, la donna di casa) che "teneva banco" nel dialogo. Il padre, lo sposo, il marito, talvolta "proponeva" un normale argomento, ma chi sviluppava questo "argomento" era proprio la "donna di casa" (a petoniga) che conosceva ogni sfaccettatura del problema e affrontava ogni discorso. Era proprio la donna di casa che viveva il giorno inteso con le faccende "ordinarie" di casa, come i "mistè" (mestieri da svolgere: pulizia della casa, lavaggio e stiraggio degli abiti, ma pure delle tende, le lenzuola, le suppellettili (in cucina) sino a sviluppare i "menù" da preparare per chi era "fuori" a lavorare o a studiare). Poi, c'era il "governo dei figli" (compito svolto per lo più, dalla donna di casa) per la loro educazione.

Succedeva che, al rientro a casa, c'era una specie di "inventario" dello stato del marito. Succedeva (lo ribadiamo) che "l'om l'ea un po' beù" (l'uomo era un tantino alticcio) per via della sosta in Osteria e si sentiva dire (a casa) "por'om ……. va là por'om, senza tèma e senza unui, che esempiu te ghe de ai to fieu?" (pover'uomotirati da parte, pover'uomo, senza dignità e senza onore, che esempio porgi ai tuoi figli?) e il rimbrotto andava diretto al cuore di quell'uomo stanco e spossato dal lavoro che si concedeva un "bicieu da ven" (bicchiere di vino) "prima dàa sceena" (prima della cena) - non è che l'uomo (il marito, il padre dei figli, il capostipite, il capo famiglia), subiva e basta. Lui (magari sommessamente), replicava "u pudu non dighi da non" (non ho potuto rifiutare) e il dialogo si allargava ai bisogni di casa, alle necessità, alla "paga" sempre poca, per soddisfare un tenore di vita semplice, ordinato, ma sempre dignitoso. Il problema, erano i figli da crescere. Non è che avessero peculiarità precise (gli abiti del maggiore, passavano al fratello minore, per poi passare al terzo figlio, e magari ancora più in là, sino a quando gli abiti diventavano lisi o cambiavano di colore sia per essere consunti sia per i lavaggi copiosi che subivano, con l'aggiunta di "cunegrina, lisciva e saòn" (candeggina, polvere sbiancante e sapone) con "ul fregunò" (frizionare) della "dona da cò, a masèa" (la massaia o donna di casa) - a tavola ci si riuniva tutti insieme, dopo un accurato lavaggio delle mani "tia via ul crocu" (lavati dal sudiciume) si sentiva dire e il padre (lo catechizza Giusepèn) era attento affinchè tutti erano composti a tavola e aspettavano il proprio turno per avere la giusta porzione di cibo che il papà assaggiava prima della distribuzione. La fame dei figli era sempre …. tanta! "na cresi" (devono crescere).

 Tira in ballo un aneddoto che la dice lunga sul modo di dire del Dialetto Bustocco da strada. La "masèa" risponde a tono a chi protesta per un "menù" non troppo vario e, rivolgendosi al "po’" (padre) che è ovviamente il marito, dice "dighi al to padron da cresiti a poga. Cun chel cal t'à do, a riessu non a toi tuc ul necessari" (riferisci al tuo datore di lavoro, di aumentarti la paga. Con quello che ti dà, non riesco ad acquistare tutto il necessario) - e, ovviamente, il capo famiglia dice alla moglie che già l'indomani, avrebbe riferito la richiesta al suo datore di lavoro.

Chiesto rispettosamente un colloquio col principale, effettuato un semplice "inventario" sulla composizione della famiglia (marito-moglie e tre figli), il bravo capo famiglia si spiega così: "la ma di a me dona che a poga l'e poca, sciur Luigi, men gu là cen-cu da fo cagò" (mi ha detto mia moglie che la paga è poca, signor Luigi, io ho a casa cinque sederi da far defecare) e il signor Luigi, vagliata la situazione, concede al buon padre di famiglia un aumento di paga per "trenta franchi a l'ua" (trenta lire in più sulla paga oraria) - quel "trenta franchi" non si riferisce alla valuta francese, ma i nostri "padri", i Liguri da cui discendiamo, invece di parlare di LIRE, si esprimevano in FRANCHI …. anche se, sino all'introduzione dell'EURO, a Busto Arsizio, gli autentici Bustocchi, continuavano a chiamare Franchi le nostre Lire Italiane.

 

Gianluici Marcora

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