Ieri... oggi, è già domani | 03 aprile 2024, 06:00

"palanche - franchi" - soldi

E' un termine "palanche" tipicamente Ligure giunto a Busto Arsizio in epoca lontana

"palanche - franchi" - soldi

Col termine "palanche" si identificano semplicemente i soldi. Senza decretare il "taglio", ma è per discutere del valore sia della moneta sia della cartamoneta. E' un termine "palanche" tipicamente Ligure giunto a Busto Arsizio in epoca lontana. Tanto è vero che quando esisteva una transazione economica, si discuteva di "palanche". Non è finita. Sempre per testimoniare la composizione Ligure della gente di qui, alle "palanche" si aggiungono i "franchi" o i "franchiti" che testimoniano sia la discendenza Ligure della gente nata a Busto Arsizio e nel Circondario (una buona "fetta" della Valle Olona e un "pizzico di Nord-Milano che abbraccia i paesi che comprendono Busto Garolfo "chiamato bispicual", Castano, Cuggiono fino a Mesero e dintorni).

Busto Arsizio, tuttavia è il fulcro dell'espansione Ligure, dentro una Regione (la Lombardia) occupata dai Celti. Per precisazione, aggiungiamo anche il fatto che il toponimo della città è di derivazione "romanica" con quel "combustum" (arso e bruciato) dedicato a Busto, a cui si è aggiunto Arsizio che deriva da "ardia", tipico filo di ferro duttile, "inventato" proprio dai Liguri.

Le "palanche" quindi, servivano per acquistare qualsiasi merce e per le transazioni economiche che avvenivano tra le parti. Mentre nel resto della Lombardia si parlava di "danè" (denari). Nella plaga di Busto Arsizio e Comuni della Valle Olona, si utilizzava il termine "palanche" - ci sono poi, nel tema, i "francesismi" (ovviamente portati qui dai Liguri) - così, alle "palanche" si aggiungevano i "franchi" che ovviamente discendono dall'allora valuta ufficiale francese che era il Franco Francese.

Di converso, le monete del Franco-Francese, erano rappresentate dai "franchiti" e il discorso monetario può essere concluso nella fattispecie elencata. Subentra Giusepèn che porta esempi a non finire. Il dialogo fra Debitore e Creditore si svolgeva più o meno così: "sua doti" (cosa devo darti) e si riferiva (magari) a un prestito ottenuto o a una restituzione di un importo prestato. Col "sua doti" si estingueva il piccolo-debito, senza bisogno di formalizzarlo sulla carta e senza applicare gli interessi di rito. Nell'atto di un acquisto si diceva "sal custa" (cosa costa) e lì si sviluppava una specie di trattativa: "l'e cau" (è caro) o "l'e a bon mercò" (per dire "è a buon mercato" cioè "il prezzo è giusto) - quando faceva seguito l'importo da dare o da avere, si diceva "centu franchi" (per dire cento lire), ben sapendo che in Italia circolavano le Lire che rappresentavano la nostra valuta ufficiale - desumo che con le "palanche" si effettuavano i piccoli acquisti, mentre con i "franchi" si stabiliva il prezzo di qualsiasi bene economico, oggetto della compra-vendita.

C'è un fatto curioso che Giusepèn mi invita a chiarire, il "maussè", figura importante che doveva "meti insema" (unire, procacciare l'affare). Si tratta del "sensale" (sensal) - "mausse" si utilizzava, quando si doveva "cercare" lo sposo giusto per la figlia o la sposa giusta per il figlio - quando i genitori (e la Famiglia al completo) decidevano di "combinare" il matrimonio del proprio congiunto, ci si rivolgeva al "mausssè" che provvedeva al caso specifico. Ovvio che la sua "transazione" prevedeva un compenso "da tariffa", ma pure in base alla conoscenza con chi era capace (o idoneo) di creare una nuova Coppia fra due persone che si conoscevano.

Giusepèn non tace e aggiunge "men gu u non bisogn dul maussè ….m'à sun rangiò da par men" ( non ho avuto necessità di ricorrere al sensale; ho provveduto da solo).

Un inciso finale: la Busto di allora, dapprima faceva parte della Pieve di Dairago (sic) e successivamente, venne a far parte della Pieve di Olgiate Olona (sic) sino a diventare Città nel 1864 e "guadagnare i galloni" di città in procinto di diventare Provincia dell'Alto Milanese che le venne negato dal Duce che (per ragioni sconosciute e recondite - di versioni ne conosciamo parecchie) preferì a Busto Arsizio, Varese. E Giusepèn tuttora se ne doglie. Tuttavia, la comparazione fra Busto Arsizio e il Capoluogo Varese, è tutta a favore di Busto Arsizio e se qualche Lettore volesse conoscere queste prerogative, potrebbe leggere il libro "ul Giusepèn" o l'altro libro, "Giusepèn e Maria" dove sono pubblicate le cifre che contano!

Gianluigi Marcora

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