Ieri... oggi, è già domani | 19 marzo 2024, 06:00

"Bon pai cài" - adatto per i calli

Si apostrofava così, colui che dimostrava scarsa sensibilità (e addirittura cattiveria, cinismo) nell'agire, non in maniera corretta

"Bon pai cài" - adatto per i calli

Giusepèn "al salta su" (chiarisce subito) il significato del titolo. Il "bon pai cài", oltre alla traduzione letterale, ne ha un'altra, tutt'altro che …. comoda. Si apostrofava così, colui che dimostrava scarsa sensibilità (e addirittura cattiveria, cinismo) nell'agire, non in maniera corretta. Giusepèn mi sprona a scrivere qualche esempio Lo faccio con piacere.

Chiedevi "qualcosa" che all'improvviso ti mancava o avevi dimenticato di acquistare, e dall'altra parte ricevevi un diniego (a prescindere) o una restituzione "esosa" che doveva avvenire in tempi brevi. Era quasi naturale aiutarsi, fra vicini di casa …. all'improvviso, ti mancava lo zucchero, mentre cucinavi una torta, o addirittura il sale per condire l'insalata e ricorrevi ai vicini per ottenere, provvidenzialmente l'aiuto.

Il "bon pài cai" ti forniva quanto avevi bisogno, ma si aspettava da te, un congruo "risarcimento". La "presa di sale" diventava una quantità superiore di ritorno, il cucchiaio di zucchero doveva quantomeno essere raddoppiato. Quindi, oltre al piacere ricevuto, dovevi corrispondere il … piacere della restituzione del piacere altrui.

Non parliamo poi della convenienza. Chiedevi un "prestito" in denaro (non solo spiccioli), ma per il "bon pai cài" si trattava di stabilire il "costo del piacere" che non era l'interesse sulla somma chiesta e accettata, ma all'atto della restituzione del prestito ottenuto, era normale riconoscere l'interesse del piacere. Non parliamo poi di cifre consistenti: o si metteva "nero su bianco" oppure (per i galantuomini) era sufficiente una stretta di mano, guardandosi prima negli occhi.

Strano a dirsi, ai tempi nostri, ogni prestito (allora) veniva onorato e pure il "prestito breve" aveva un epilogo di breve durata. La massaia andava "a pruedi" e prima ancora di eseguire un altro lavoro di casa, saldava il suo debito. A proposito quel "a pruedi", letteralmente significa "provvedere" che è il "far la spesa" per le necessità familiari. A ben pensare "pruedi" (provvedere) è la classica traduzione dell'italiano che nel Dialetto Bustocco da strada assumeva una "distorsione" dell'accento. Ancora oggi, chi va "a pruedi" (provvedere)  mette l'accento sulla O e non sulla E, tanto è vero che chi fa finta di sapere tutto, dice pròvvedere invece di provvèdere e ovviamente commette l'errore di …. italianizzazione.

Nei libri antichi della Parlata Bustocca è facile incontrare il "pruedi" italianizzato in "far la spesa" e il provvedere, lo si enuncia nella maniera sopra specificata. Giusepèn (ovviamente) non si ferma a spiegare quanto sopra, in merito al "bon pai cài) con una traduzione poco romantica. Il "bon pài cai" è pure colui che specula a oltranza di fronte a un'esigenza altrui. E qui ci mettiamo (Giusepèn ed io), l'egoista, l'esoso che offre soldi a usura, chi pretende "ritorni" capestro. Il "bon pai cài"  diventa usuraio a tutti gli effetti e fa perdere la "parte romantica" di una semplice richiesta, come da esempi citati e fa comprendere come ci si deve preoccupare per una richiesta che fa subito pensare a come soddisfare la richiesta stessa.

Oggi, il "bon pai cài", nella Parlata Bustocca è quasi in disuso. Si cita la frase quasi unicamente per commentare le malefatte degli usurai che distruggono la buona fede e il benefico "aiuto" di solidarietà che le persone semplici offrivano a chi ne aveva bisogno. E (me lo fa rimarcare Giusepèn) chi riceveva il "cucchiaio di zucchero" o la "presa di sale" restituiva sempre il doppio della gentilezza ricevuta e il commento era (più o meno) questo: "tu dei un cugiò da oli e te me purti in dre un buceu d'oli"  (ti ho dato un cucchiaio di olio e tu me ne rendi un bicchiere di olio) e chi restituiva, rispondeva "ul piase l'e grossu e ti t'e me utò" (il favore è grande e tu mi hai aiutato" e ciò ha un nome specifico e molto onorevole: RICONOSCENZA che col "bon pai cài" ha nulla da spartire.

Giusepèn, ghe prontu ul nocino - "n dem a lassal voei" (Giuseppino è pronto il Nocino - andiamo a lasciarlo vuoto (il bicchiere, ovvio) e Giusepèn aggiunge "dighi grazia a chela tusa là" (ringrazia la giovane che ci ha donato il Nocino).e io lo faccio: Grazie deliziosa creatura femmina!

Gianluigi Marcora

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