Ieri... oggi, è già domani | 11 marzo 2024, 06:00

"ul cu e mèna" - il frivolo

Due parole nuove, "pescate" dal Dialetto Bustocco da strada, ad opera del Giusepèn

"ul cu e mèna" - il frivolo

Due parole nuove, "pescate" dal Dialetto Bustocco da strada, ad opera del Giusepèn. La prima si riferisce al "burdiòn" che altro non è, se non il "filo di ferro". La mente di Giusepèn è tuttora lucida, tanto da farmi evocare, parole sentite, ma che si sono perse dal mio vocabolario di ricordi. Ebbene, mi fa piacere parlare di "burdiòn" che ha una certa attinenza con "ardia" e ne spiego i motivi.

"ul burdiòn" (filo di fero) lo si utilizzava soprattutto nel giardinaggio, per legare (ad esempio) la pianta dei pomodori intorno a un sostegno o a un reticolo, dove la pianta si "arrampicava" e aveva più spazio per potere crescere e presentare buoni frutti. Tenere presente che, senza questa operazione, i pomodori sarebbero nati a terra e non si sarebbero sviluppati come invece accade, sul "trespolo" o reticolo, costruito in verticale. Inoltre, con la pianta legata col "burdiòn" il pomodoro era maggiormente protetto e, pure protetta era la pianta che doveva sostenere il "frutto" maturo.

Ovvio che si utilizzava "ul burdiòn" per ogni tipo di legaccio: dal sacco con dentro di tutto, al collo che si preparava in Tessitura. Ed è proprio a questo proposito che introduciamo il termine "ardia", tipicamente Ligure e che ha consentito di arrivare al toponimo Arsizio, aggiunto a "combustum" (di estrazione "romanica" e che significa "arso e bruciato" e che ha dato origine a Busto): quindi eccoci a Busto Arsizio.

L'attinenza quindi di "burdiòn" con "ardia" è sicuramente palese; solo che, "burdiòn" è tipicamente Bustocco, mentre "ardia" è di provenienza Ligure da cui Busto Arsizio discende!

Spostiamoci ora sul "cu e mèna" che vuol dire "frivolo" ma ha pure ulteriori significati. "mèna" si legge con la e aperta come "verta" (aperta) - il "cu e mèna" lo si appioppa a chi deambula con troppe movenze, senza la grazie della camminata femminile, ma con un "ondeggiamento" che non è proprio naturale per la camminata maschile - direte: c'è distinzione tra una camminata maschile da una camminata femminile? - certo che si, dico io, basta guardare come i "passi svelti" delle donne, sono differenti dai "passi lunghi" degli uomini. Questione di altezza, s'intende. Inoltre, se ai passi "lunghi" si aggiunge un movimento di fianchi, allora si capisce ancora meglio la differenza della camminata.  Il "cu e mèna" è anche un frivolo (l'ho scritto), che non fa un ragionamento serio o che "una volta sta sul pero e un'altra sta sul melo" come si sul dire per uno scostante.

Il "cu e mèna" è anche l'approfittatore. In compagnia, è normale offrire dal bere agli amici, quando l'abitudine è "ubbidita" da tutti: quindi una volta pago io, un'altra volta, paghi, tu e il "giro" si completa, in modo tale che tutti abbiano a sostenere il conto della bevuta collettiva. Il "cu e mèna", però, si dilegua, quando a pagare è il suo turno. E lo capisce, lo intuisce, anche. Gli sguardi di chi ha già pagato, si posano proprio su di lui e se lui fa finta di non capire, qualcuno sicuramente lo apostrofa in "ti, oui, fa non ul cu e mèna e va non sempar a roea" (ehilà, non fare lo gnorri e oggi tocca a te pagare; non andare sempre a ruota) e qui è palese il significato del detto. Andare "a ruota" vuol dire non conoscere il punto focale della tua posizione, in un contesto generale.

Anche chi chiede e non restituisce è un "cu e mèna". Prestare un libro, ad esempio e non vederlo restituito, fa scaturire "oh, cù e mèna, candu te mel de indre?" (quando me lo restituisci?) ed è riferito al libro. Altri esempi ce ne sono. Giusepèn me ne elenca alcuni e tutti si basano sul "frivolo"  che fa lo gnorri e "cal fa mustra da gni giù dàa brugna" (fa finta di scendere dall'albero - qui ci stanno bene il pero, il melo, ma pure l'albero delle prugne).

Giusepèn vuole concludere con un'altra parola che ho già utilizzato sia nel "ul Giusepèn" sia nel "Giusepèn e Maria", vale a dire, "scrocu" (furbo) - non so qual è l'attinenza tra "scrocu" e furbo, ma così è e così s'è sempre detto nel Dialetto Bustocco da strada.

Mi raccomando, nessuno sia "cu e mèna" e tutti siano "scrocu" - si vive meglio.

 

Gianluigi Marcora

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