Quando la fiaccola prende luce e calore nella penombra del Duomo di Milano, divampano sensazioni diverse. La consapevolezza della sacralità del momento convive con la voglia di sorridere, anche scherzare per smorzare l’emozione, dettata dall’amicizia.
Dopo una giornata in viaggio insieme ai sinaghini per la Fiaccola votiva che si perpetua dal ’55, si intrecciano immagini che è arduo trasformare in parole. Prendiamo in prestito quelle simpatiche e calzanti di Massimo Crespi che guida l’auto incaricata di immortalare ogni passaggio fino a Busto Arsizio, con i clic di Fabio Piantanida e Davide Fedeli, dopo un inseguire e inseguirsi non sempre facile nel traffico di Milano e hinterland, tra istruzioni e battute: «È un gran casino, ma ci tiene uniti fino al traguardo». È la fede, quella che conduce nel cortile dove una targa votiva ricorda a Sacconago radici e senso di questo gesto corale e si prega con don Paolo Boldrini. Domenica 24 settembre più che mai, visto che ricorre il novantesimo della dedicazione per la chiesa dei santi Pietro e Paolo. LEGGI QUI
Ma è anche il piacere di stare insieme, di applaudire i veterani e i piccoli, di incoraggiarsi poi, prendersi in giro, strapazzarsi sul percorso e sui cambi, fino a quando si arriva vicino alla chiesa, dove aspetta l’arcivescovo monsignor Mario Delpini. Allora lì ci si ricompatta oltre che visivamente, nelle espressioni di attesa e rispetto sul viso. Una ragazza porta il sacro fuoco e quando il rito è compiuto, ecco gli applausi e l’ingresso in chiesa per la messa.
Già, ma prima? Ogni tappa si rivela speciale e per tutti. Per chi si mette in viaggio, per chi non può, per chi attende, per chi prende in mano la fiaccola per la prima volta, anche con comprensibile timore. Per chi percorre a piedi il suo tratto, per chi lo precede o segue in auto, per chi deve trasmettere ogni istante.
Nel Duomo di Milano, affollato di turisti e smartphone, i 75 partecipanti seguono la messa, scrutano la bellezza di questa chiesa “madre” , aspettano con trepidazione di essere chiamati per l’accensione. Quando avviene, si percepisce come questo momento faccia sentire tutti uguali, a prescindere dall’età e dall’”anzianità di servizio”. Fuori, si sta compatti giusto il tempo della foto davanti al Duomo, ma poi è difficile trattenersi.
Sapessi com’è strano darsi appuntamento e non perdersi a Milano, con una folla così. Difatti, con Massimo dobbiamo recuperare Fabio e Davide impegnati con la loro macchina fotografica ed è già un’avventura. Ma quando ci si ritrova, per quando sia un’impresa non smarrire auto e atleti lungo la trafficata via, c’è sempre un filo che riavvolge.
Si trova la famiglia, dov’è avvenuto un vero e proprio passaggio di testimone tra generazioni, e prova a non commuoverti quando il recordman afferra la fiaccola con la stessa emozione o quando lo fa il ragazzino. «Numero uno, vai avanti così, non aver paura» i messaggi si mischiano e senti che ciascuno è proprio uguale, immerso in quell’attimo senza tempo. Ci sono i fratelli, ci sono i fidanzati o la famiglia da poco trasferita a Sacconago, che però già confida di voler tornare l’anno prossimo.
Lo tieni in mano per un tratto di strada, quel fuoco speciale, lo affidi e già pregusti quando tornerai a immergerti nell’impresa. Anche quando assumi un nuovo ruolo. Sulla nostra auto Fabio e Davide ci raccontano come sia stato fantastico correre, ma anche adesso si divertono: «È bello sempre – precisano – adesso che seguiamo e fotografiamo la Fiaccola, la viviamo tutta. La direzione poi invece di cinque ore, è impegnata anche otto, nove».
Il tempo però si scioglie e si confonde, quando si hanno per le mani una fiamma e una storia. Ecco che riecheggia quella frase di Massimo, schietta e profonda.
Bisogna rimodulare il programma, recuperare delle auto, rivedere il luogo d’arrivo, beccarsi staffilate di clacson e qualche nervosismo di automobiisti, ma alla fine si giunge lì, a pochi metri dalla chiesa. Il traguardo. Ci si ferma, come a riprendere fiato, ma dall’emozione. Accanto all’arcivescovo, ci sono i sacerdoti, a partire dal parroco don Claudio Caregnato, e la vicesindaco Manuela Maffioli con la fascia tricolore, gli assessori Daniela Cerana e Mario Cislaghi. Un ragazzo passa in bici e urla: «Ciao don Giulio». Si gira sorridente, don Giulio Bernardoni, predecessore di don Claudio; c’è anche don Alessandro Riboldi.
Perché la fiaccola è per sempre, da ogni punto di vista, che non è mai di osservazione distratta, ma di vita. Domenica abbiamo avuto la fortuna di viverla a nostra volta, attraverso gli occhi nostri e di chi la consegnava con le immagini al futuro. Attraverso gli sguardi, le voci, le magliette del Cas e del Club Amici della Fiaccola. Come ha detto monsignor Delpini, invitando a essere testimonianza oltre che esempio, ciascuno torna a casa consapevole di poter essere una benedizione a modo suo.
Ciascuno torna a casa per raccontare, ma serberà sempre qualcosa nel suo cuore che sfuggirà anche alle parole. Solo una manciata di esse si affidano all’aria: «Appuntamento al primo maggio 2024!».
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