Ieri... oggi, è già domani | 19 aprile 2023, 06:00

"Dialetto Bustocco"... da strada

S'è un po' indispettito, Giusepèn, nel venire a conoscenza che "qualcuno" ha criticato il suo Dialetto Bustocco da strada...

"Dialetto Bustocco"... da strada

S'è un po' indispettito, Giusepèn, nel venire a conoscenza che "qualcuno" ha criticato il suo Dialetto Bustocco da strada. Non per il contenuto delle frasi che "s'a useàn 'na oelta" (che si usavano una volta) e che i veri Bustocchi utilizzano tuttora, ma per il "dire e il ridire" secondo "coloro" che è sbagliato, rispetto alla Lingua Bustocca.

Al di fuori di ogni polemica (inutile e bizzosa), Giusepèn, ripete un concetto già espresso in altre circostanze. Il Dialetto (qualsiasi Dialetto), specialmente quello "da strada" (quello cioè parlato dalla gente comune, non si avvale dalla grammatica, ma lo si esprime a voce, rispettando sia la fonetica, sia l'inclinazione delle parole.

Per ribadire che, il Dialetto Bustocco parlato dal carrettiere, il contadino, l'operaio, spesso e volentieri è differente dal Dialetto degli acculturati. Che, tra l'altro, costoro, i cosiddetti "sapienti", commettono un errore pacchiano, nell'infarcire la parlata Bustocca, di Vocaboli della Lingua Italiana che hanno nulla a che vedere col Dialetto "da strada". Costoro hanno "scoperto" il Dialetto magari a 30 anni  e, in casa l'hanno mai parlato, o al massimo ne hanno sentito dire, mescolato con l'italiano mentre chi in casa "viveva in Dialetto" conosce la parlata Bustocca, meglio dell'Italiano.

Nel pezzo pubblicato il 4 aprile scorso, con Giusepèn, s'è letto a caso un libro edito nel 1957, scritto da un "luminare" del Dialetto Bustocco, dentro cui si sono evidenziate "parole" scritte in maniera errata rispetto pure al Vocabolario Bustocco, ma pure "parole" tratte da altri Dialetti; specie dal Milanese o dal Varesotto in genere (dentro cui c'è il Gallaratese).

Anche qui, ne forniamo alcuni esempi; semplicemente per fare chiarezza (una buona volta) e per dire che Giusepèn vanta ragionevolezza e ragione. - leggo "oh, al chi" e suppongo sia un refuso di stampa per dire "tal chi" (eccolo), poi c'è "pèzzu", assolutamente -non Bustocco. Si dice "tocu" e il "vidìi" reclama un "idì" senza un improprio voi. "furnì" per dire "finì" e un "tià cà ul cò" per dire "tia a cà'l cò", altrimenti, il "tià" con la a accentata fa parte del verbo tirare - bizzarro il "tra da neun" (scritto proprio così) per un "tra da nogn" corretto.  C'è un "dàa pèn" per dire "dàa pel" e un "tuvàia" per dire "tuàia" per tovaglia  Tra l'altro "tuàia" in Bustocco si dice anche per chi fa il furbo a disdoro, mentre il furbo per eccellenza, si dice scrocu. Il "pizzu mia" per dire che il fuoco non è acceso, in Bustocco, non esiste il "mia" per negare qualcosa, ma si sarebbe dovuto scrivere che il fuoco "l'e pizzu non" per richiamare pure la negazione Francese  che per negare qualcosa si avvale del "ne" e "pas" - i "cumènzan" per dire, cominciano fa "cumencian" e il "tòemin giru" fa "tom'in giru" e il "veur pù" per dire che "non lo voglio più" si dice "al vou pu" - il "bèll'è mutu" (dice Giusepèn in italiano "è un obbrobrio sotto ogni aspetto: sia per come è scritto, sia per il suo significato). Giusto è "bell'e" muto, senza far diventare la "e" un verbo.

Altra chicca: "lu l'è capàci da" dove il "capace" non è Bustocco che reclama un "l'e bon da" cioè "è capace di svolgere questo mestiere" e non altro.. "cench'ui" per dire cinque ore si scrive "cenc ui" senza l'acca e senza apostrofo e "lavà su bunùa" somiglia a un "lavare di buon'ora" mentre per alzarsi di buonora si dice "levà su", alzarsi. - "altro neun da Busti" (repetita NON iuvant), in questo caso per un "nogn da Busti" e uno scorrettissimo "l'èa adrè a fa" che reclama un "l'ea dre fa" (stava svolgendo quel lavoro) "l'èa" per "egli" è sbagliato e quel "adrè" in Bustocco non c'è, ma esiste  "l'ea dre" e basta. - il "nuvità" non va bene, ma va bene "nuitò" o "nuità", ma la "v" assolutamente no. - i "maranghiti d'oru" non ci sono, ma ci sono quelli "d'ou" (senza la erre) e "afrontu" per "affronto" non è giusto … è troppo italiano, come "sta storia" spacciata per Bustocco  con la erre, mentre in Bustocco è "sta stoia" o meglio "sta rasòn" perché non si sta evocando la Storia, quale materia di studio..

Il "piccul tèrnu" per dire "piccolo terno al lotto" non va bene, ma va bene "piscinèn" per piccolo. e "incòe" per dire oggi fa "in cò" coi termini ben distinti.

Per ora, Giusepèn dice "l'e se inscì" (basta così, ma (magari) potremmo continuare col dire che quel che conta (e lo testimoniano i Lettori che amano il Dialetto Bustocco da strada), di libri moderni sulla Lingua di Busto Arsizio, di "moderni" è rimasto "ul Giusepèn" che è andato alla grande in Libreria e fra Privati e tra poco arriverà "Giusepèn e Maria" per tenere viva la nostra parlata. Che in molti dicono di difendere; noi invece, la difendiamo davvero. Con orgoglio!

Gianluigi Marcora

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