Dopo Adl (leggi qui), anche il sindacato Csa dice la sua sul tema del personale del Comune di Busto Arsizio, rispondendo all’assessore alle Politiche istituzionali Mario Cislaghi, che nei giorni scorsi aveva fatto il punto sulla situazione dei dipendenti di Palazzo Gilardoni (leggi qui).
Angiolino Liguori, coordinatore provinciale del Csa, interviene per «dare un contributo» a proposito di un problema annoso. «Siamo arrivati a 398 dipendenti: non si era mai scesi così in basso», afferma, invitando l’amministrazione ad operare seguendo una «logica più oculata».
«È vero che sono state assunte 49 persone, ma se ne sono andate di più: il saldo è negativo. Perché – si domanda – i dipendenti chiedono la mobilità e se ne vanno?».
Razionalizzare i servizi
Cislaghi aveva spiegato che altrove le retribuzioni sono più alte. «Gli stipendi non si possono aumentare – osserva Liguori – ma è possibile intervenire sul salario accessorio. La razionalizzazione dei servizi dà la possibilità di recuperare risorse e andare oltre la normativa che dal 2016 non permette di aumentare il fondo. Analizzando quanto è stato risparmiato rispetto alle previsioni e andando appunto a inserire quella cifra nel fondo incentivante».
Di più: «Anche una parte delle sponsorizzazioni e del risparmio dovuto alla mancata copertura dei dipendenti andati in pensione dovrebbe finire al personale. Con una logica più oculata, e senza andare contro la legge, l’amministrazione invoglierebbe il personale a rimanere in questo Comune».
Per il responsabile del Csa, inoltre, «non è vero che nella pubblica amministrazione non si possono fare assunzioni. Queste sono però subordinare alla programmazione dei servizi. Se all’inizio dell’anno si verifica quanti dipendenti mancano per raggiungere gli obiettivi dell’amministrazione, a seguito di un lavoro certosino è possibile spiegare al legislatore perché è necessario assumere personale. E la programmazione riguarda anche i soldi, così da mettere nel bilancio qualcosa in più alla voce personale, a differenza di quanto avviene».
La mobilità esterna
Un problema rilevante è quello della “migrazione” del personale verso altri Comuni. «La legge prevede che negli enti locali ci sia la mobilità. Ma questo non è categorico – precisa Liguori –. Se, sempre a seguito di una attenta programmazione, si dimostra di essere sotto organico del 25 o 30 per cento, l’amministrazione può non concederla per giustificati motivi».
Liguori precisa: «Attenzione: nessuno dica che come sindacato siamo contrari alla mobilità, perché non è così. Ciò che sosteniamo è che la mobilità esterna deve essere accompagnata da una vera motivazione, a meno che l’amministrazione non sia in grado di sostituire subito l’uscente. E non certo con le Doti Comune».
Ecco dunque la proposta di «subordinare la mobilità esterna a un regolamento che preveda la possibilità di concederla in base a determinati presupposti. Perché a me interessa proteggere non solo chi sceglie di andarsene per un centinaio di euro in più, ma soprattutto chi resta e deve sopperire a questa mancanza. Ed è la maggioranza dei dipendenti».
Il sindacalista ammette che «non è semplice redigere un simile regolamento, che peraltro altrove è in vigore e che non servirebbe più qualora si stabilizzasse l’organico. Ma occorre cercare di individuare criteri il più possibile oggettivi. D’altra parte, anche nel caso dello smart working, solo per fare un esempio, non è possibile accogliere tutte le richieste».
«L’obiettivo primario rimane comunque quello di invogliare i dipendenti a rimanere qui perché si trovano bene nel Comune di Busto», chiosa Elena Maestri, delegata del Csa.