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Altri sport | 30 aprile 2022, 14:10

La morte di Roland Ratzenberger, 28 anni dopo

Il 30 aprile 1994 il pilota austriaco moriva sul circuito di Imola. Una tragedia oscurata dall’incidente che, il giorno dopo, si sarebbe portato via Senna. Un ricordo

La morte di Roland Ratzenberger, 28 anni dopo

«Non mi chieda niente, non mi chieda niente, non mi chieda niente». Mi rimbomba ancora nella testa quel momento. È in una zona remota del cervello, una zona di memoria ad accesso poco frequente. Ma quando ci accedo, mi vengono i brividi e mi emozioni. Gli stessi brividi che ho provato quel sabato pomeriggio, 30 aprile 1994

Ezio Zermiani, storico inviato Rai ai box F1 sta chiedendo al dottore Piana delucidazioni su quanto accaduto e sullo stato del pilota coinvolto nell’incidente. «Non mi chieda niente, non mi chieda niente, non mi chieda niente» risponde, visibilmente preoccupato, il medico bolognese che all’epoca è il responsabile sanitario all’autodromo di Imola. 

Nel sentire quelle parole mi irrigidisco e penso “Cavolo, allora è vero”. A 14 anni non ancora compiuti mi era parso chiaro che l’inevitabile fosse accaduto nuovamente. Un pilota aveva perso la vita in un circuito di F1, dopo tanto tanto tempo.

Il pilota è Roland Ratzenberger, austriaco di Salisburgo. Guida una Simtek. Una vettura curiosa, viola, sponsorizzata da Mtv, la classica vettura da ultima fila come tante altre ce ne sono state tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.

Roland ha sbattuto violentemente alla curva Villeneuve, una velocissima piega a destra che porta alla staccata della Tosa. È finito dritto contro le barriere, ha strisciato lungo il muro che delimita il tracciato e la sua Simtek ha terminato la corsa in mezzo alla curva della Tosa.

Si scoprirà poi che la vettura ha perso l’ala anteriore nel rettifilo che collega il curvone del Tamburello alla curva Villeneuve. Senza quell’ala la vettura è diventata ingovernabile e per Roland non c’è stato modo di farla curvare. 

È proprio mentre la vettura termina la corsa nel mezzo della Tosa che Rai3, che sta trasmettendo le qualifiche, stacca dall’inquadratura dalla Williams di Damon Hill e ci mostra le immagini che fanno capire a tutti, compresi i giovanissimi come me, che la situazione è grave. 

La Simtek striscia, parte del cofano è divelto e in generale ci sono pezzi della monoposto che si stanno staccando. Ma non è quello che ci impressiona. 

Cio che fa capire subito a tutti che la situazione è terribile è il casco di Ratzenberger. La testa del povero austriaco è in balia degli eventi, ciondola seguendo i movimenti della monoposto. Come se non ci fosse già alcuna reazione del pilota. Come se fosse un peso morto. 

Purtroppo è davvero così. Mario Poltronieri, nella cabina di commento, resta muto per alcuni secondi. Si saprà successivamente che il pilota è morto sul colpo. Tuttavia, visto che il cuore è stato fatto ripartire dai medici in pista con un defibrillatore, la morte viene ufficialmente dichiarata all’Ospedale di Bologna nel corso del pomeriggio. 

Un pomeriggio che molti di noi passano in apprensione. Non ci sono gli smartphone, non ci sono le push notification. Io sono a una partita di pallavolo della squadra dove militano alcune mie amiche dell’epoca. Ma ogni occasione è buona per fare un giro al piccolo bar dell’impianto, per sbirciare la TV e sperare di trovare la notizia che ci siamo tutti quanti sbagliati. Purtroppo non è così. Le conseguenze della frattura della base cranica sono state devastanti. Roland Ratzenberg è davvero morto. 

«Che weekend assurdo, ieri Barrichello quasi ci rimette la vita. Oggi Ratzenberger». Inizio a pensare mentre rientro a casa. «Era da tanto che un pilota non moriva in F1, sappiamo che può accadere. Chissà quanto passerà prima che accada di nuovo», penso di nuovo ignaro di ciò che sta per accadere…

Questo è l’incidente, troppe spesso dimenticato, di Roland Ratzenberger. Tutti si ricordano di Ayrton, ovviamente. Molti meno di Roland. Anche all’epoca. Pochissime persone, anche del mondo dello sport motoristico, partecipano al suo funerale. Sono quasi tutti ancora in Brasile al funerale di Senna. Max Mosley, personaggio controverso, recentemente scomparso secondo modalità che non affronteremo in questo articolo, all’epoca è il presidente della Fia e decide andare al funerale di Ratzenberger. «Sono andato al funerale di Ratzenberger piuttosto che a quello di Senna, dove c'erano tutti i grandi della Formula 1 perché sentivo che qualcuno aveva bisogno di sostenere lui e la sua famiglia».

Quel weekend del lontano 1994 è stato veramente un incubo, come ricordava nelle sue parole Stefano, anche io mi trovavo quel pomeriggio a giocare a calcio con la mia squadra e finita la partita ricordo la faccia dei genitori attaccati alla Tv del campo.

Era stato un mese di aprile surreale, da appassionato di musica pochi giorni prima avevamo ricevuto anche la tragica notizia della morte del leader dei Nirvana Kurt Cobain, e credo che gli eventi che sarebbero culminati il 1° maggio con la perdita di Ayrton abbiano segnato la nostra generazione di appassionati di musica e motorsport.

Stefano Sandrini e Lorenzo Pisani

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