Un legame profondo, quello tra Robert Wilson e Milano. Nell'ultimo Salone del Mobile, lo scorso aprile, aveva raggiunto una vetta particolare, quando l’artista aveva illuminato con rara intensità emotiva La Pietà di Michelangelo, nell’allestimento di “Mother”, al Museo della Pietà Rondanini – Castello Sforzesco.
Un dono a Milano - sottolinea il Salone - alla luce, all’arte, alla città.
«Mi accingo a creare una mia visione del capolavoro di Michelangelo non finito prima della sua morte - diviso tra un sentimento di timore reverenziale e l’altro di ammirato stupore - raccontava Robert Wilson nei primi sopralluoghi a Milano. “Prevale su tutti, comunque, un sentimento di serenità, di pace con se stessi pur di fronte alla tragedia della morte. Niente a che vedere, per me, con la religione. È un’immagine universale, un’esperienza spirituale che muove in noi qualcosa di più profondo che non necessita spiegazioni».
«Quando ho visto per la prima volta la Pietà Rondanini di Michelangelo, sono rimasto seduto di fronte all’opera per più di un’ora - ha confidato Wilson nei suoi primi sopralluoghi - Poi mi sono alzato e ho iniziato a camminarle intorno. Ho percepito un’energia potente, una presenza quasi mistica. Forse è proprio il fatto di essere incompiuta che la rende così straordinaria. È come una finestra aperta, uno spazio sospeso tra il visibile e l’invisibile. Mi ha regalato un tempo diverso, uno spazio nuovo in cui pensare, sognare. L’idea di metterla in scena mi ha colpito profondamente: la Pietà non aveva bisogno di una scenografia ma di uno spazio, di un respiro, di silenzio, perché chi la osserva possa perdersi nei propri pensieri e nelle proprie emozioni».
Di qui il commosso saluto della presidente del Salone Maria Porro: «A Robert Wilson, inarrivabile maestro della luce, registra, artista, Salone porge non solo omaggio ma un profondo ringraziamento per aver condiviso con noi quello che è stato un appassionato percorso di ricerca. Schizzi, conversazioni, silenzi, intuizioni fino ad arrivare alla poetica assoluta di “Mother”, il suo guardare all’umanità».