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Economia | 11 luglio 2025, 22:00

Basta contratti pirata nel Varesotto: provocano 3 mila euro di perdita all'anno per lavoratore. «Chi applica le regole va tutelato»

Confcommercio e Fipe provinciali denunciano l’applicazione di “accordi” privi di tutele: sono oltre 40 i contratti nel settore del terziario non concordati a livello ministeriale. Una pratica che danneggia anche le imprese oneste, costrette a competere con chi aggira le regole

Basta contratti pirata nel Varesotto: provocano 3 mila euro di perdita all'anno per lavoratore. «Chi applica le regole va tutelato»

È partita da un’indagine nazionale realizzata da Fipe e Adapt e sta prendendo piede in tutta Italia come una vera e propria mobilitazione per la trasparenza. La campagna contro il dumping contrattuale approda anche nella provincia di Varese, dove Confcommercio e Fipe denunciano con forza l’utilizzo di contratti collettivi “anomali” nel terziario, nel turismo e nei pubblici esercizi.

«Non si può più tacere di fronte a una situazione che penalizza le imprese corrette e schiaccia i lavoratori», afferma Rudy Collini, presidente di Confcommercio Uniascom provincia di Varese. «Questi contratti pirata inquinano il mercato, alimentano concorrenza sleale e mettono in ginocchio il sistema economico locale. È giunto il momento di pretendere controlli più efficaci e regole certe: un contratto collettivo nazionale deve essere firmato da chi davvero rappresenta le imprese e i lavoratori del settore».

Il fenomeno, infatti, non rappresenta solo un attacco ai diritti dei dipendenti: mina la sopravvivenza stessa delle imprese serie, che non possono sostenere la competizione con chi risparmia artificialmente sul costo del lavoro.

Pubblici esercizi penalizzati: Fipe lancia l’allarme anche a Varese

La distorsione è particolarmente evidente nel settore della ristorazione e dei pubblici esercizi, dove – secondo i dati nazionali – coesistono oltre 40 contratti collettivi, alcuni dei quali prevedono retribuzioni più basse, l’assenza della quattordicesima, meno ore di formazione, coperture ridotte in caso di malattia e assenza di garanzie fondamentali.

Si tratta di pratiche che ledono i diritti dei lavoratori, riducono la qualità dell’occupazione e alimentano un clima di incertezza e precarietà, soprattutto tra i più giovani. Allo stesso tempo, questi “risparmi” ottenuti illegalmente sul costo del personale si traducono in un danno diretto per gli imprenditori che rispettano le regole, costretti ad affrontare una concorrenza sleale su salari e condizioni.

«Nel nostro settore si registrano le situazioni più paradossali», sottolinea Giordano Ferrarese, presidente di Fipe Confcommercio provincia di Varese. «Un barista assunto con un contratto firmato da una sigla minoritaria può trovarsi con uno stipendio inferiore anche di 250 euro al mese rispetto a quello previsto dal CCNL Fipe. E questo senza saperlo, senza poter scegliere, e senza tutele equivalenti. Il dumping contrattuale non è solo un danno per i lavoratori, ma un colpo basso per tutte le aziende serie che rispettano le regole e faticano a competere con chi risparmia sul costo del lavoro. A Varese, come altrove, dobbiamo difendere il valore del lavoro e la dignità delle persone».

Il rischio è duplice: da un lato l’indebolimento dei diritti e della motivazione del personale, dall’altro la desertificazione imprenditoriale in un settore già segnato da difficoltà strutturali, inflazione e costi in crescita.

Chi applica le regole va tutelato. Chi le aggira va fermato

Confcommercio e Fipe provinciali ribadiscono che il vero contrasto al dumping contrattuale passa da controlli maggiormente efficaci, da una riconoscibilità formale dei contratti sottoscritti da sigle realmente rappresentative, e da un’alleanza tra istituzioni, imprese corrette e lavoratori consapevoli. In provincia di Varese, dove il tessuto imprenditoriale è fatto in gran parte da piccole imprese a conduzione familiare, l’utilizzo di contratti anomali da parte di realtà esterne rischia di minare la competitività locale e disincentivare l’ingresso dei giovani nel settore.
Senza un’azione decisa, a pagare saranno sia i lavoratori – privati di prospettive e certezze – sia gli imprenditori onesti, sempre più scoraggiati a proseguire nel loro impegno.

«Quello che denunciamo», conclude Collini, «è un sistema che premia chi non rispetta le regole e mette in difficoltà chi le applica. È il momento di restituire equità al mercato del lavoro: nessuna impresa può crescere sulla pelle dei propri dipendenti. Servono regole chiare sulla rappresentanza sindacale per fermare i contratti pirata».

Redazione

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