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Cronaca | 09 luglio 2025, 17:25

VIDEO e FOTO. Incendio a Villa Cortese, la rabbia dei residenti: «È una situazione insostenibile»

L'ombra della tossicodipendenza e di attività illegali dietro al rogo di oggi in via Alberto da Giussano. Dopo il rogo, i vicini denunciano anni di degrado e paura. Tanti gli episodi in cui le famiglie hanno avuto timore, compreso un altro incendio e un pestaggio. Il sindaco ammette: «Abbiamo le mani legate, queste situazioni di degrado dovute alla tossicodipendenza trovano un ostacolo nella cura».

Le fiamme sono spente, ma la tensione resta altissima in via Alberto Da Giussano 87 a Villa Cortese. A poche ore dall'incendio che oggi, mercoledì 9 luglio, ha devastato un appartamento al secondo piano (LEGGI QUI), emergono i racconti carichi di rabbia e paura dei residenti, che descrivono una convivenza impossibile e una situazione di degrado da tempo fuori controllo.

Il bilancio ufficiale parla di due appartamenti inagibili (oltre ovviamente a quello “carbonizzato”) e, fortunatamente, nessuna persona ferita. La priorità ora è la messa in sicurezza dello stabile: i tecnici dovranno verificare la staticità del solaio dell'appartamento sovrastante, mentre si procederà a rimuovere rapidamente le macerie per preservare la struttura. Per le famiglie che non potranno rientrare subito nelle loro case, si è già attivato il Pronto intervento sociale del Piano di zona, che garantirà, dovesse essercene bisogno, una sistemazione temporanea in b&b o in albergo.

Secondo le testimonianze della tanta gente che è stata costretta per ore a rimanere in attesa nel cortile del complesso di via da Da Giussano, chi in quel momento era nella casa che stava andando a fuoco ha omesso di avvisare i vicini di casa, che se ne sono accorti dalla puzza di bruciato. 

Ma spenta l'emergenza, si accende la polemica. Nell'appartamento da cui è partito il rogo risiedono madre e figlio, ma al momento dell'incendio – secondo le testimonianze – in casa si trovavano la donna e altri due uomini, poi trovati nel giardino e interrogati dai Carabinieri della stagione di Busto Garolfo arrivati sul luogo, insieme alla Polizia locale, ai responsabili dell'ufficio tecnico del Comune e dai volontari della Protezione civile. I racconti dei vicini sono un pugno nello stomaco e dipingono una quotidianità fatta di paura. «È una situazione che va avanti da tempo, succede sempre con quella gentaglia», sbotta un'inquilina. Un altro incendio c'era già stato durante l'ultimo inverno, quando una mini-moto prese fuoco all'interno della cantina di proprietà della stessa famiglia; anche in quella situazione, con temperature rigide, tutti furono costretti a uscire, dopo le 21. Si parla di un viavai continuo, di interventi delle forze dell'ordine diventati routine, di traffici strani. «Una volta sono arrivate nove macchine dei Carabinieri», ricorda un residente, aggiungendo con amarezza: «Li portano via, ma dopo qualche ora sono di nuovo qui».

L'episodio più grave, ricordato con terrore, è quello di una donna che sarebbe stata picchiata selvaggiamente da membri del gruppo. «C'era sangue dappertutto, sul pianerottolo, sul marciapiede», racconta una testimone, che ricorda di aver visto la vittima dopo tre settimane ancora con evidenti segni di tumefazione in volto per le percosse subite.

Una frustrazione che fa eco alle parole dello stesso sindaco Alessandro Barlocco, che è arrivato subito sul luogo dell'incendio e nel pomeriggio ha parlato di una situazione «nota e più volte segnalata di fronte alla quale però si hanno le mani legate» per i limiti degli strumenti legislativi. «Queste situazioni di degrado dovute alla tossicodipendenza trovano un ostacolo nella cura. L’inserimento in una comunità o un percorso di recupero può avvenire soltanto su volontà delle persone, perché essendo maggiorenni non possono essere obbligate. Credo che questo sia uno scoglio non indifferente. Tanta microcriminalità e tante situazioni di degrado, che purtroppo le persone per bene e i vicini devono subire, sono legate proprio al fatto che non c’è la possibilità di obbligare queste persone a entrare in una comunità per disintossicarsi. È vero, è un'affermazione poco democratica, però la penso così».

L'incendio di oggi, quindi, non è un fulmine a ciel sereno. Lo svela l'incredibile aneddoto di una residente: «Ho sentito un forte odore, all'inizio ho pensato a una grigliata...». Era quasi l'una, l'ora di pranzo, ma a bruciare non era la carbonella, ma il simbolo di una polveriera sociale che, oggi, è deflagrata.

Redazione

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