Marta Morazzoni parla del suo “Gran lombardo”

«Storia di un uomo difficile, di uno scrittore difficile e anomalo, sui cui esordi anche la critica ha mosso dei passi dapprima incerti, sospettosi, per poi accorgersi e segnalare a gran voce (premi letterari compresi) la novità di una personalità nuova e sconcertante, provocatoria, irosa, sofferente».

Da qui prende il via l’intervento dell’autorevole scrittrice Marta Morazzoni al museo del tessile, mercoledì 17 aprile, ospite all’università cittadina per la cultura popolare. Parlerà di “Carlo Emilio Gadda, il gran lombardo”, delineando anche le voci maggiori della cultura italiana che hanno colto subito la potenza e l’originalità: «E’ il caso di Gianfranco Contini e a seguire il suo allievo Dante Isella, ma anche Pietro Citati, Leone Piccioni, che lo volle alla Rai radio 3 come autorevole esponente della cultura letteraria nell’Italia dagli anni ’50 agli anni ’60», spiega.

«Segnato da una radicale ‘lombardità’ che ricade anche e spesso ironicamente nella sua opera – prosegue - ha fatto della scrittura uno strumento essenziale del vivere, vi ha riversato ironia, sarcasmo, rabbia e disillusione. Ingegner fantasia si è definito, mischiando per un certo tempo il rigore dei suoi studi e della professione di ingegnere elettrotecnico con l’invenzione narrativa nella quale gioca una grande parte l’uso spregiudicato delle lingue, dal dialetto lombardo al romanesco, all’italiano aulico ai toscanismi».

E prosegue illustrando il suo intervento di mercoledì: «Con orecchio assoluto ne ha raccolto i suoni diversi, le inflessioni e la potenza, facendone volta a volta il suo strumento di offesa e di difesa. A tratti esilarante, a tratti cupo, è lo scrittore più intenso del ‘900 italiano, tale soprattutto perché per lui fuori della scrittura non c’è stata vita».