La vita degli aeroporti e le nostre vite: perché tutti o quasi siamo passati da uno scalo. Per viaggiare, per accompagnare, per aspettare.
Un mondo che pensavamo non si fermasse mai, eppure si è bloccato istantaneamente quattro anni fa, con la pandemia. E che ha ripreso, forse come prima, forse cambiato: ma quanto si muta noi stessi anche all'interno di un aeroporto. A guardare dentro uno scalo vicino a noi come Malpensa, ma anche Linate, e poi in ogni aeroporto del mondo, è Luciano Bolzoni con il suo "La vita degli aeroporti. Piccoli atterraggi in un mondo sospeso", pubblicato da Ediciclo Editore.
La cultura non si ferma
Chi ha potuto assaporare i programmi culturali, ha conosciuto Luciano: architetto, scrittore e curatore di mostre d'arte, è responsabile di Arts and Cultural Project, il settore di Sea che promuove e gestisce gli aspetti culturali e artistici degli scali di Milano. La sua storia, come quella di ogni essere umano, rivela anche corsi e ricorsi: svolse il servizio militare quarant'anni fa a Linate, dove poi avrebbe avuto il suo ufficio. Ma spesso è a Malpensa, da cui ammira le cime innevate del Monte Rosa di cui è originaria la sua famiglia. Sempre in prima linea quando c'è da fare cultura, mai in prima fila.
La cultura è così concreta e sferzante, che è stata presente all'aeroporto anche quando i passeggeri non c'erano o scarseggiavano a causa della pandemia: ce lo raccontò proprio lui in un Backstage (leggi QUI).
La tempesta perfetta e i volti di uno scalo
Nel libro, ricorda anzi un anticipo di una simile situazione: quando Linate chiuse per cantiere. Quindi, tocca a tutti fermarsi e chi può, deve farlo, avverte quella scossa di solitudine. A noi personalmente rimase impressa la visita dell'arcivescovo Delpini con gli aerei fermi nel piazzale. E quel silenzio... Così vicino, l'aeroporto di Malpensa, così lontano, irraggiungibile questo scalo e ogni parte del mondo con cui collegava.
«Un aeroporto chiuso perché i passeggeri non volano più è un mondo complesso che lascia a terra tutto un sistema economico che non ha alternative alla propria quotidiana laboriosità; un aereo è tale solo se può volare, altrimenti è un tubo inutile...».
Quello è un momento di consapevolezza, la tempesta perfetta che passa l'aeroporto torna quello di prima o diventa altro ancora. «Uno spazio di vita sempre aperto... il luogo delle procedure e dei tempi ristretti...» e prima ancora «un luogo non, ovvero uno spazio che è tante cose e tutte insieme nello stesso momento: centro commerciale, luogo di culto, cinema, albergo, garage, parcheggio, drive-in, casinò, centro congressi... senza essere nessuna di queste».
Ripercorriamo con Luciano il suo primo viaggio in aereo, non potendo non pensare istintivamente al nostro. Sostiamo con lui alle aree di check-in per cogliere il desiderio di partire, ma anche la commozione dei genitori che affidano i ragazzi al loro viaggio Erasmus; per non parlare di quelle degli arrivi. E ancora, si posano i nostri occhi su chi nell'aeroporto cerca un rifugio per una notte o per un pezzo di vita.
Il mio aereo suona il rock
Ma per un uomo di musica, come Luciano Bolzoni (tra le mostre che ha curato quella sugli Who) non può mancare un'onda rock.
Da Linate e da Malpensa sono passate anche le star: cita Bruce Springsteen, U2, Iron Maiden «persone dolcissime e passeggeri di rara gentilezza». Tra l'altro, il frontman di quest'ultima band britannica, Bruce Dickinson, è pilota d'aereo e ha una propria compagnia. E proprio l'artista ha svelato: «Ho più storie assurde vissute nell'aviazione che nel rock'n'roll». Come pure Dusty Hill, bassista degli ZZ Top, si prese una pausa dalla musica lavorando proprio in un aeroporto.
Ma attenzione, rocker: il finale è tutto per De André.
Perché sono infiniti gli intrecci che avvolgono questo libro: il filo rosso quella visione di architettura degli spazi e dell'umanità che appartiene a Luciano Bolzoni.