Per tutta la mattinata ha saputo coinvolgere due turni di studenti di seconda e terza liceo scientifico, toccando temi delicati per gli adolescenti: bullismo, cyberbullismo, sogni, obiettivi, fiducia, cultura, libri, felicità, carcere. Ma li ha coinvolti parlando anche di se stesso, del suo passato, del suo autore preferito Dostoewskij, dello “spazio di libertà svincolato da pregiudizi” che ha saputo creare perché Daniel potesse raccontare la sua storia, del suo modo di rapportarsi con il ragazzo che è poi diventato il protagonista del suo libro fortunato: “Io ero un bullo”, per 37 settimane al top dei libri più venduti in Italia. Andrea Franzoso è stato come un “fiume in piena” questa mattina, 6 febbraio, in sala Tramogge con gli studenti del Tosi.
Non casuale l’incontro con l’autore: oggi è la giornata dedicata alla sicurezza in rete, al bullismo e cyberbullismo. «Mi piace fermarmi con le lezioni tradizionali in occasione di giornate particolari come questa – ha commentato la dirigente Fabiana Ginesi - Attraverso la lettura di un testo abbiamo analizzato un fenomeno che riguarda gli adolescenti. Ricordo che nel bullismo tre sono gli agenti: il bullo, la vittima e un terzo, l’agente che di solito sembra il meno compromesso ma è quello che impatta di più: lo spettatore. Quando accade qualcosa a scuola, quello che ci preoccupa di più è che tutti sanno tutto, ma a volte si preferisce girare la faccia dall’altra parte perché non ci si sente chiamati in causa. Momenti come l’incontro con Andrea Franzoso ci insegnano che dobbiamo coinvolgerci tutti, senza omertà».
Brava anche la moderatrice, la quindicenne Ginevra Ceriani che ha saputo tracciare i tratti salienti della biografia di Franzoso, dal liceo alla laurea al lavoro di Carabiniere e tanto altro e i temi più importanti del libro. «Andrea come Daniele hanno perseguito la conoscenza di se stessi – ha detto – E poi nel libro spiccano temi quali la fiducia, la cultura, la rieducazione all’interno del carcere, il percorso verso la sicurezza, una storia di esempi. Daniel paragonava la vicenda alla “Casa di carta”: vede come eroi i malfattori e la polizia come ente negativo. Questo condiziona il suo percorso. Quando incontra don Claudio trova la vera autorevolezza, il vero modello»
La fiducia è un rischio
Sulla stessa lunghezza d’onda ha proseguito l’autore: «La fiducia è fondamentale nella storia di Daniel. La fiducia è un rischio, l’educazione è un rischio: lui è sempre scappato. Quando era in carcere sono stati i libri a salvarlo, le parole degli altri lo hanno aiutato a cercare la sua vita. Senza le parole non ci sono i pensieri. Vanno conosciute le sfumature delle parole. Se si pensa alla Bibbia: la prima cosa è stata quella di affidare un nome alle cose. L’uomo è un essere parlante. Se non hai le parole, regredisci. Nei giovani si sta impoverendo il lessico: i social influiscono. Facciamo fatica a riflettere, a stare sulle cose. Siamo abituati a passare oltre velocemente».
Un romanzo nato dalla lettura di un articolo
A dare il la al romanzo è stato un articolo comparso su un giornale. «Mi è piaciuta la storia di un ragazzo che da bullizzato prima è riuscito a mettere a segno più rapine in banca fino a cambiare completamente e arrivare persino a laurearsi – ha raccontato - Sono stato curioso, ho chiamato il cappellano del Beccaria don Claudio Burgio che me lo ha presentato. Questa storia mi ha preso da subito: ho pensato che sarebbe potuta diventare un bel romanzo. Ho fatto capire a Daniel che la sua storia avrebbe fatto il giro del mondo e lui mi ha detto: Quando ero in carcere a salvarmi sono stati i libri».
Così l’autore ha intervistato tutti i personaggi, tranne quelli assolutamente secondari: la madre, la sorella, gli amici, don Claudio, il magistrato, le educatrici, le ex fidanzate. Ne è nata una struttura circolare, con simmetrie come la figura del padre che compare all’inizio e il padre spirituale alla fine oppure la partite di calcio all’inizio e il goal alla fine.
Come è entrato in sintonia con Daniel, spingendolo a raccontare la sua storia? «Io devo capire il personaggio senza giudicare mai – ha sottolineato – Ho aperto uno spazio di fiducia tra me e lui, ho rinunciato magari a scrivere qualche pagina importante e forte dal punto di vista narrativo perché Daniel non ha voluto: e io l’ho voluto assecondare. Mi sono accostato in punta di piedi, con rispetto. Lui mi ha sempre detto: “Il fatto che tu sia stato uno sbirro, mi ha aiutato ad aprirmi, perché mi capivi”. Certamente il mio passato è entrato nel libro. Credo di non essere mai stato invadente con Daniel, gli ho creato uno spazio accogliente, di libertà».
Di sicuro, dunque, il suo passato di carabiniere ha influito sulla storia di Daniel. «Io ho fatto risuonare la sua storia con la mia sensibilità. Un libro ha molto dell’autore: la storia vera l’ho ricostruita e anche romanzata in qualche punto. Ma la vita di chi scrive entra nei libri. Scrivere non è solo tecnica. La parte più difficile da scrivere? Quella sulla famiglia. Daniel approvava di volta in volta e lui ha avuto ripensamenti proprio sul capitolo della famiglia: il rapporto con il padre. Ci sono ferite ancora aperte».
Genitori, non siate i sindacalisti dei vostri figli
Già il padre? «Si parla di un padre assente, un buco nero che lo ha inghiottito, un papà che non c’è stato, violento, ha ferito la famiglia, è alla base di tutto quello che è successo a Daniel. Carica il figlio di pretese e aspettative esagerate, lo umilia, è prigioniero della sua rabbia e della sua ignoranza». Da qui gli ammonimenti ai genitori: «Non fate i sindacalisti dei figli, dovete amarvi, non istaurare un rapporto teso con la scuola dei vostri figli, non fare regali ai figli per farvi perdonare del tempo sottratto a loro. E lasciate che i figli scoprano il proprio talento, che seguano loro stessi, incoraggiandoli a capire chi sono, infondendo fiducia, non paura di sbagliare: meglio cento errori che un rimpianto».
Da qui anche qualche tirata d’orecchio ai docenti. «Un insegnante per essere tale deve mostrare passione, l’esempio, autorevolezza, credibilità, coerenza, impegno e sacrificio».
Le canzoni sono la colonna sonora della nostra vita
Poi spazio ad altre domande. I ragazzi hanno voluto sapere il perché delle canzoni nel libro: «Le canzoni sono la colonna sonora della nostra vita. La prima domanda che ho fatto a Daniel: mi dai la tua playlist? Ho passato giorni ad ascoltarle». E poi il suo trascorso di bullizzato. «Soffrivo del fatto che non riuscivo a difendermi: io ero uno scricciolo. Sono stato preso di mira da un ragazzo e non volevo andare a scuola. Avrei voluto fare del male e farmi del male. Il bullo è una persona che soffre, che ha tanta rabbia dentro. Sollevare la maschera terrificante del bullo, mi ha fatto scoprire che dietro c’è una persona sofferente».
Carcere italiano? L’istituto dei minori funziona, quello degli adulti no
Non sono mancate considerazioni sulla situazione delle carceri in Italia. «Quello dei minori funziona – ha detto - i ragazzi sono seguiti, c’è un numero adeguato di psicologi ed educatori. Per gli adulti no: entri con l’influenza, esci con la scabbia, talvolta diventano scuole di criminalità: un detenuto è portato ad abbruttirsi. Questo è dovuto al fatto che non si sa come gestire i tempi: manca personale, strutture adeguate, educatori, psicologi. Il carcere dovrebbe essere luogo di rieducazione non di punizione il nostro paese sotto vari aspetti è culturalmente arretrato. Siamo il fanalino di coda per il numero di lettori: 59 italiani su 100 non apre un libro. Il mercato del libro è spaventoso: la povertà lessicale è molto forte. Senza le parole non si va da nessuna parte. Le parole, ribadisco sono i pensieri».
La malattia del nostro tempo, la solitudine.
Non ultime, considerazioni sulla felicità. «La felicità si ottiene con le relazioni non nell’isolamento. È importante nella società la collaborazione non la prestazione, l’individualismo spinto. La malattia del nostro tempo, la solitudine. Ci si salva con il sapere, la cultura. Sviluppate il senso critico. Il mondo in cui viviamo è difficile: guerra, pandemia, ambiente, clima. Occorre gente preparata, acculturata. Non sprecate il vostro tempo, la vostra vita: riempite i giorni di senso».