Un'altura di circa mille metri appartenente alla catena prealpina che corre parallela alla Valcuvia nel Varesotto. Questo il teatro della battaglia di San Martino del novembre 1943: dell’importante combattimento parla l’esperto Giovanni Danelli mercoledì 15 novembre alle 15.30 al museo del tessile nell’ambito del calendario dell’Università cittadina per la cultura popolare.
È proprio su questa montagna che per iniziativa del Tenente colonello dei bersaglieri Carlo Croce, comandante del Presidio militare di Porto Valtravaglia, nelle settimane che seguirono l'annuncio dell'armistizio dell'8 settembre 1943, si stabilì e organizzò un folto gruppo di resistenti che si diede il nome di 'Gruppo Cinque Giornate'.
«Ad un piccolo numero di militari appartenenti al disciolto esercito regio – spiega Danelli - si aggiunsero via via giovani antifascisti provenienti dalle varie zone del Varesotto ma soprattutto del Milanese fino a raggiungere 170 unità. L'intenzione era quella di sfruttare le fortificazioni risalenti alla I^GM (la cosiddetta Linea Cadorna) per tenere testa ai tedeschi, evitando di provocarli con attacchi diretti, nell'illusione che l'arrivo degli alleati non fosse lontano».
Il gruppo, organizzato secondo i tradizionali canoni degli eserciti regolari, risultava abbastanza fornito di armi, vestiario e viveri, prelevati dalle caserme e dai magazzini militari durante il caos seguito all'armistizio, o recuperati attraverso audaci colpi di mano o grazie all'aiuto della popolazione civile. Nonostante la posizione attendista, agli inizi di novembre si verificarono due scontri tra partigiani e soldati tedeschi, che provocarono la morte di tre militari nazisti; si trattò di due 'incidenti' che furono definiti da Croce 'deplorevoli' e 'opera di 'elementi indisciplinati'.
«La reazione tedesca non si fece attendere – prosegue Danelli - il 13 novembre con il supporto dei Carabinieri e della Milizia, i nazisti evacuarono i paesi ai piedi del San Martino per impedire che prestassero aiuto ai partigiani e accerchiarono il monte. Il giorno seguente procedettero all'attacco e assediarono il gruppo partigiano per 48 ore. Nonostante l'accanita resistenza, la sproporzione delle forze e dei mezzi (i nazifascisti contavano un migliaio di uomini e impiegarono anche aviazione e artiglieria) costrinse i partigiani a lasciare il campo. Molti, individualmente o a piccoli gruppi, riuscirono a salvarsi eludendo l'accerchiamento. In particolare il colonnello Croce, nella notte del 15 novembre, con una quarantina di uomini, dopo una lunga marcia, raggiunse il confine a Ponte Tresa e riparò in Svizzera. Da lì avrebbe continuato la sua lotta fino al sacrificio della vita nel 1944».
Nella battaglia del San Martino persero la vita 36 partigiani, nella stragrande maggioranza giovani, tutti catturati e giustiziati in maniera sommaria, salvo uno caduto con le armi in pugno. Anche le perdite tedesche furono notevoli, ma non furono mai dichiarate e accertate con precisione.