Amicizia. La parola stampata sulla maglietta e sui cuori ha gioiosamente travolto i ragazzi del Decanato: amicizia tra giovani di oratori diversi di Busto, che hanno condiviso l'esperienza della giornata mondiale della Gioventù, e poi di tutto il pianeta.
Al ritorno dall'esperienza di Lisbona - LEGGI QUI - la felicità batte la stanchezza ma c'è anche e soprattutto la consapevolezza di aver ricevuto semi importanti, che ora devono fiorire. Che richiederanno altro impegno ancora, più cospicuo di un viaggio di oltre 40 ore. L'impegno di una vita.
«Un'esperienza forte, anche faticosa, bisognava adattarsi - raccontano i ragazzi di Sant'Edoardo, oratorio San Giovanni Bosco - però è stato bello vedere tutto il mondo. Sentire il calore delle persone, da quelle che vivono a due passi da noi a quelle che hanno fatto un lungo viaggio». Adesso è tempo di elaborare quanto è stato trasmesso da Papa Francesco, oltre che da quell'immenso serbatoio umano. Un germoglio è già evidente: «Ci ha detto di non avere paura nelle nostre vite».
Tra i ragazzi incontrati a Lisbona, molti vivono in Paesi dove essere cristiani pone in condizione di pericolo.
Don Alberto Ravagnani con i 42 ragazzi dell'oratorio San Filippo lo ribadisce: «Si torna frastornati, si è visto e sentito tanto. Si è vista, in maniera evidente, la Chiesa e ne siamo stati parte. Tante emozioni, tante intuizioni, qualcosa è stato seminato nei cuori dei ragazzi e fiorirà a tempo debito... Il nostro cristianesimo occidentale è un po' borghese, non fa fatica, è normale. In altre parti del mondo sì».
Ha condotto i giovani di Madonna Regina e Redentore Luca Quatraro: è proprio lui che ci indica la maglietta con la scritta amicizia e riflette sule parole del Papa. «Ci ha consigliato di alzarci e proseguire il nostro cammino. Un nuovo inizio. E il cammino prosegue e ci vedremo presto».
Suor Chiara Papaleo, con don Gabriele Bof, guidava i ragazzi di Sant'Edoardo: «la cosa più bella per me è stata la grazia di ricevere la loro grazia… Accogliere con sorpresa quello che vivevano, sentivano che già questo incontro stava operando una trasformazione nella loro vita».
Si presenta un altro risvolto. Suor Chiara - suor C per tutti, a Sant'Edoardo - ha raccontato quanto stava accadendo via Instagram: «I social sono un luogo da abitare. II digitale è reale anche se da solo non basta, deve approdare a un incontro. È il sesto continente come lo definisce il Papa». Un'opportunità importante: «Un tempo ci si salutava alla Giornata mondiale, ci si abbracciava, ci si scambiava un piccolo ricordo ma finiva lì. Adesso ci si scambia il profilo Instagram e ci si segue, i contatti sono tracciati e saldati».
Che cosa si è imparato da questi ragazzi? «Il continuare a rimettersi in gioco - afferma don Matteo Resteghini - Papa Francesco ci ha richiamato al fatto di sentirsi amati».
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