Erano circa cento i bengalesi che, in piazza Giovanni XXIII, a Gallarate, hanno celebrato la “Giornata internazionale della lingua madre”, indetta dall’Unesco per promuovere e preservare le lingue delle comunità.
La ricorrenza si gioca sul filo dei fusi orari. Così, se in Bangladesh la ricorrenza avviene nella giornata canonica, il 21 febbraio, può essere che in Italia si scelga la sera del 20, in concomitanza con lo scoccare della mezzanotte nel Paese d’origine. Lingua significa comunicazione, legami personali, tradizione, radici. Identità. E, nel caso del Bangladesh, un episodio storico: l’uccisione di studenti bengalesi all’Università di Dacca. Volevano il riconoscimento ufficiale della loro lingua in un periodo tumultuoso. Il trauma, forse inevitabile, fu la separazione tra Pakistan (urdu) e, appunto, Bangladesh.
Davanti alla stazione c’erano uomini e donne, adulti e bambini. Famiglie. Hanno condiviso l’euforia, composta, della condivisione. A dettare i tempi della cerimonia, Mohammad Noor, negozio a pochi metri, referente per la sua comunità, sentinella sulle vicissitudini della piazza. Ha disposto i presenti, ha impugnato il microfono, ha chiamato l’esecuzione degli inni. Sì, al plurale, perché è risuonato anche quello italiano.
Noor ha invitato a parlare Giuseppe De Bernardi Martignoni, presidente del Consiglio comunale, neoeletto consigliere regionale. «Siete – ha affermato – una grande comunità. Una festa come questa è la migliore che ci possa essere. Perché si ricorda che c’è un popolo che si autodetermina».