Aveva detto che al Casermone, per valutare l’utilizzo degli spazi in ottica accoglienza di cittadini ucraini, forse non sarebbe andato. E in effetti nella mattina di oggi, 10 marzo, il sindaco di Gallarate, Andrea Cassani, all’ex deposito dell’Aeronautica non si è fatto vedere.
Nei giorni scorsi la notizia di un decreto, firmato dal governatore lombardo, Attilio Fontana, sulla costituzione di un “Comitato esecutivo per l’emergenza in atto in Ucraina”, sul coordinamento affidato a Guido Bertolaso e sull’ipotesi, al momento solo un’ipotesi, che gli enormi spazi della ex base gallaratese possano diventare punto di riferimento per accogliere quanti fuggono dall’Ucraina.
A stretto giro, la comunicazione ricevuta dal primo cittadino, e dallo stesso passata alla stampa, su un sopralluogo per le prime valutazioni. «Non ho fatto in tempo a partecipare» spiega oggi. Ma, al di là di impegni sovrapposti, anche visti i tempi stretti, Cassani ha subito affermato di non vedere di buon occhio l’idea di adibire quegli spazi a scopo accoglienza. Non gli piace l’idea di concentrare le persone in un grande centro, preferisce la distribuzione resa possibile dalla disponibilità delle famiglie (sono decine, fa sapere, quelle che si stanno mobilitando nella città dei due galli).
«Quel posto, il Casermone – insiste – non può funzionare come punto per ricevere e smistare le persone. Men che meno quelle che stanno arrivando, quasi esclusivamente donne e bambini. Non mi convince nemmeno l’osservazione in base alla quale la vicinanza al centro tamponi e a quello vaccinale sarebbe un vantaggio, considerando la scarsa percentuale di cittadini ucraini vaccinati. Al Casermone c’è la possibilità di eseguire il tampone rapido, non sono necessarie lunghe soste».
Ecco, la durata delle soste è, per Cassani, fonte di preoccupazione: «Si rischia che, alla fine, tutti quelli che arriveranno rimarranno lì. Ucraini e non ucraini». Dubbi anche sui costi dell’eventuale operazione: «Probabilmente anche solo per attivare impianti elettrici e riscaldamento servono risorse enormi». Di qui la proposta: un sostegno economico alle famiglie che stanno decidendo di accogliere, in stanze o addirittura in appartamenti: «I nuclei ucraini che si prestano sono una minoranza. Parliamo di una comunità in cui l’occupazione più diffusa è quella della badante, donne che spesso vivono nelle case delle persone che assistono, non possono proprio accogliere. Dietro la disponibilità che stiamo registrando c’è la generosità di tanti italiani. E bisogna riconoscere gli sforzi di tutti».
Intanto, una novità: la presenza di una mediatrice culturale, specificamente dedicata all’orientamento delle cittadine ucraine e delle famiglie, a Palazzo Broletto. Alcune ore a settimana, con cadenza regolare. Un primo passo per svolgere quel ruolo di trait d’union tra istituzioni e persone che il Comune può svolgere e che è stato individuato come una priorità fin dai primi arrivi a Gallarate.