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Busto Arsizio | 04 marzo 2022, 13:13

L’addio di Busto all’architetto Spada. «Ha fatto cantare le pietre della città»

I funerali di Augusto Spada in quella basilica di San Giovanni di cui, ha ricordato don Giuseppe Grampa, si è preso cura durante tutta la vita, al pari di altre chiese, di edifici importanti ma anche umili della sua amata Busto. «Un pezzo della città che va in Paradiso», ha affermato monsignor Severino Pagani

L’addio di Busto all’architetto Spada. «Ha fatto cantare le pietre della città»

«Prima noi, oggi sono le antiche pietre di questa basilica a salutare Augusto». Più volte don Giuseppe Grampa ha ricordato l’amore con cui l’architetto Spada, scomparso mercoledì, si è preso cura durante tutta la sua vita di San Giovanni, dove ha «trascorso tante ore, non solo come fedele ma anche come professionista». E dove oggi la città gli ha tributato l’ultimo saluto. Ma anche di altre chiese, di edifici importanti e, allo stesso modo, di quelli più umili della sua amata Busto: «Ha fatto cantare le pietre della nostra città».
«Un pezzo di Busto che va in Paradiso», ha affermato monsignor Severino Pagani.

Il legame con la città

«Durante il restauro – ha raccontato don Giuseppe Grampa – negli anni del prevosto Livetti, che in questo momento sta celebrando come noi per Augusto, l’architetto Spada ha accarezzato una per una le pietre della basilica. Con il metro in mano, su per i ponteggi. A lui erano care le pietre di San Giovanni, ma anche quelle del santuario di Santa Maria e quelle più moderne di San Gregorio e della chiesa vecchia di Sacconago. Le aveva nel cuore e ne ha rinnovato la bellezza. Ma ha amato altre pietre della nostra città, curando il restauro di Palazzo Cicogna, diventato biblioteca e museo, fino agli spazi più umili. Le corti, ad esempio, che Augusto avrebbe voluto riportare ad antico splendore, allargando il centro pedonale».

Don Giuseppe, che ben lo conosceva fin da bambino, ha ricordato nell’omelia le pubblicazioni e gli studi importanti dell’architetto Spada, che durante la patronale dello scorso anno aveva ricevuto l’ultimo riconoscimento.
«Ma Augusto si è interessato anche di manufatti più moderni, i Ferri battuti. E non ha trascurato l’architettura civile, diremmo profana, delle abitazioni che ha progettato in grande numero». 

Era un consigliere del Cai e un grande camminatore. Si era occupato del restauro del rifugio “Città di Busto Arsizio” in Val Formazza: «In quel lavoro ha potuto esprimere il suo amore per la montagna».
E, nell’anno del centenario dell’associazione, a dargli l’ultimo saluto c’erano anche gli iscritti della sezione di Busto. A rappresentare l’amministrazione, invece, è stata la vicesindaco Manuela Maffioli.

L’amore per la famiglia e la bellezza

Don Grampa, quasi coetaneo di Spada, in gioventù frequentò spesso la casa dell’amico. «Dopo il liceo scientifico, si iscrisse al Politecnico di Milano, dove incontrò Fara, anche lei studente di architettura. Nel 1969 la scelta di sposarsi e dal loro amore nacque Sabina».

Poi le strade del sacerdote e dell’architetto si separarono, fino a quando «una pesante croce cadde sulle sue spalle» e i due si ritrovarono. Oggi Augusto sta sicuramente abbracciando lassù l’amata nipotina Arianna.

«Ha fatto cantare le pietre della nostra città. Per tanti anni si è dedicato senza sosta a riscoprirne le bellezze. Anche noi possiamo farlo. La città ha bisogno di amministratori onesti, imprenditori e lavoratori operosi, cittadini solidali e generosi, ma anche uomini e donne capaci di trasformare il nostro vivere quotidiano con la luce della bellezza».
Mentre la comunità cristiana si appresta a celebrare la Pasqua, «il nostro caro Augusto va innanzi – ha concluso il sacerdote – e ci mostra la strada».

«Uomo discreto e buono»

«In questi anni ho avuto modo di conoscerlo adagio adagio», ha detto monsignor Severino Pagani, ricordando la grande discrezione dell’architetto Spada.
«Un pezzo della nostra città che va in Paradiso – ha aggiunto –. Una vita al servizio di Busto e della nostra parrocchia. Non è passato molto tempo da quando aveva preso le misure dell’abside per nuovi interventi».

Il prevosto ne ha ricordato «il carattere discreto, molto buono, che infondeva tenerezza, al pari del legame con la moglie. Erano sempre insieme. Non lo dimenticheremo, i nostri archivi sono pieni delle sue carte e dei suoi disegni. Nel nostro cuore ci sono i suoi progetti. Quando qualcuno serve così la comunità cristiana vuol dire che ha una fiamma di fede molto vivida nel cuore. Ci consola saperlo in Paradiso».

Riccardo Canetta

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