Siamo alle prese con una parola "camaleonte" del Dialetto Bustocco da strada - ne specificheremo gli esempi. Prima però, buttiamo qui un'altra frase che Giusepèn ci specifica, mentre siamo all'opera col "magolciu" che significa disordine, da utilizzare a più non posso.
Quindi, facciamo-ordine che è l'antitesi del "magolciu" con la frase di Giuseppn: "tia su i raspusci" che, lì per lì, fa sorridere. Poi, entrambi ci rifugiamo in una fragorosa risata - c'è da dire che adesso (siamo a casa di Giusepèn, il Nocino lo va a prendere lui, "baziflia" (vassoio) e bicchieri compresi. "Raccogliere i resti" è la traduzione del "tia su i raspusci" che si utilizzava, quando c'era qualcosa di "disperso" in giro e occorreva mettere ordine. Che so? i fogli dei compiti sparsi sul tavolo - i libri, alla rinfusa in Libreria - i giochi da tavola che si utilizzavano non sempre insieme - i resti del cibo, che non si buttavano, ma si raccoglievano sistematicamente e si mangiavano in un secondo tempo …. volete un "vezzo" rimasto in casa mia? Lo svelo senza pudore. E' di (quasi) tutti i giorni.
Quando si sbocconcella il pane, o non lo si termina a tavola (parlo della michetta, del "quadruccio" che a me piace tanto, del "pàn segrusu" (pane di selale) o "ul pan mistu" (pane misto) .tutti acquistati dal "Luraschi,"), non lo si butta, ma si ri-utilizza. Spesso io (non inorridite, per piacere), prima termino il pane raffermo (quel che resta, ovvio), poi attacco col pane fresco. Il pane avanzato lo si consuma non solo quando si gusta un intingolo o un piatto prelibato con verdure di contorno, ma anche durante la colazione con tanto di spalmatura di marmellata oppure lo si grattugia e serve per impanare la carne.
Mi viene in mente un detto della mia Pierina, quando scherzosamente le dicevo "te ghe chi un fioeu bon mel pan" (hai un figlio buono come il pane), lei,mi rispondeva subito "neta e scietta" (solerte e schietta) "bon mel pan possu" (buono come il pane raffermo e … quando mi vedeva, mangiarlo, si asteneva dal farmi il …. complimento. Cara la mia mamma che da 29 anni (sic) mi protegge da lassù.
E arriviamo al "magolciu" (disordine): chi più ne ha, più ne metta. Il "magolciu" era all'ordine del giorno in casa mia (e non solo per me). Mamma (un tantino) borbottava, ma era lei a "meti a postu" (ordinare - quando ci si lavava e ci si cambiava, la biancheria intima, buttata nel bagnino, magari insieme alle federe e le lenzuola. "vardè sa ghe chi, che magolciu" (guardate cosa c'è qui, che disordine) per dire che la biancheria intima, la si lava a parte delle federe e delle lenzuola.(sic)
Cartella con dentro "alla rinfusa" libri, quaderni, astuccio e … merenda - "candu te cerci 'na matita, te troi tochi da pan, peniti dentar i quaderni e libar tuci risciai - che magolciu" (quando cerchi una matita, trovi pezzi di pane, pennini dentro i quaderni e libri tutti stropicciati - che disordine) e mamma a mettere tutto a posto, in maniera sistematica. Non discutiamo dei giochi: calzoncini e maglia insieme al pallone, le biglie insieme alle figurine, il cappello con dentro pezzi di alluminio, raccolti per vendere al cenciaiolo, "ul giusu" (liquirizia) con i resti del "merendino" e fazzoletti da lavare insieme al "cambio" - sono esempi e la mamma si imbufaliva con le raccomandazioni e ogni tanto "teme ca tèi meti, te i troi" (come li metti, li trovi) ammoniva "cun chel magolciu a oeu ide" (con quel disordine, voglio vedere" e pensavo spesso …..vedere cosa?.
Certo che anche gli attrezzi da giardino (a volte) erano messi nel ripostiglio alla rinfusa; "ul sapèn" insema "a brustìa" - a sapa suta'l cavagneu - a furca visèn àa tola dul can" (il/lo zappino insieme alla spazzola ferrata - la zappa sotto al cestino, il forcone vicino alla tazzina del cane) - disordine che poi il babbo ordinava e ammetteva "dem Pierina, candu te laui'n giardèn, te à fò sveltu ….. poeu s'a meti a postu chel magolgiu chi" ( suvvia Pierina, quando si lavora in giardino, devi fare in fretta e bene, poi si mette a posto questo disordine). - ci sono esempi, in cucina: tutte le stoviglie utilizzate, tutte alla rinfusa, dentro il lavandino, poi mamma (che magolciu) lavava prima i piatti, poi i bicchieri, le posate, le scodelle, le pentole e …. quant'altro e deponeva nel "bufèt" (mobile) tutto in ordine.
Annuisce, Giusepèn. Ciondola il capo pensando ad alta voce "cantu lauò, pàa i don" (quanto lavoro, sbrigavano le massaie, senza lavatrice, forni elettrici, lavastoviglie …(sic). - dal "magolciu all'ordine, il passo ora è maggiormente, breve".