Gli operai trasportano gli ultimi grossi scatoloni. Audio Porfidio li osserva: poche ore e si metterà in viaggio per il Veneto, lasciandosi alle spalle quella che per oltre cinquant’anni è stata la sua città.
«Troppo degrado, me ne vado». Così nei mesi scorsi aveva motivato l'addio a Busto Arsizio (leggi qui).
Anche oggi, l’ex consigliere comunale e leader del movimento La Voce della Città non rinuncia a qualche nota polemica per una città che dice di non riconoscere più.
Cita i “suoi” monumenti: il cubo per i 150 anni dell’Unità d’Italia, spostato da piazza Garibaldi alla rotonda di viale Sicilia, collocazione che non lo ha mai convinto.
E soprattutto quello dedicato ai magistrati assassinati dalla criminalità posizionato nell’area verde vicino alla procura. Lì, qualche tempo fa, aveva piazzato delle pecore di cartone per protestare contro la vegetazione poco curata, mandando poi un giardiniere a sfalciare l’erba.
Alla fine, un «mortificato» Porfidio ha deciso di lasciare Busto per trasferirsi a Stanghella, Comune di quattromila abitanti in Provincia di Padova.
Nel giorno dell’addio, la commozione prevale sulla grinta con cui ha condotto tante battaglie, senza risparmiarsi e risparmiare critiche anche aspre a chi si è succeduto al governo della città.
«Mi dispiace salutare la città che mi ha accolto e gli amici, ma non mi dispiace lasciarmi alle spalle l’amministrazione», afferma.
E, con la voce che si incrina, aggiunge: «Busto mi ha dato moltissimo, ma io ho cercato di fare altrettanto».
Ora si chiude un capitolo iniziato oltre cinquant’anni fa, quando lasciò la sua Basilicata. Un addio, sì, ma con una conferma: l’ufficio in viale Cadorna, alla cui porta bussano ancora tanti cittadini, come già anticipato non chiude i battenti. La Voce della Città non si spegne.