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Busto Arsizio | 03 giugno 2021, 14:30

Ristoratori: la luce in fondo al tunnel

Da Busto, la posizione di Gino Savino, rappresentante Fipe: «Lavorare, non chiedevamo altro».

Gino Savino, ristoratore e rappresentante Fipe

Gino Savino, ristoratore e rappresentante Fipe

Uno spiraglio degno di questo nome ora c’è. Lo scrutano, lo valutano, cercano di attraversarlo i ristoratori. La ripartenza dell’aprile scorso era stata fonte di aspre critiche: troppo poco consentire la presenza dei clienti ai soli esercizi dotati di dehors. Misura che poneva problemi organizzativi e rischiava di creare evidenti discriminazioni, a scapito di quanti non avevano spazi en plein air. Adesso che il pubblico, a certe condizioni, può tornare a frequentare anche gli interni (resta un minimo di paradosso: ormai la stagione invoglia a rimanere all’aperto, ma tant’è) tutti possono provare a organizzarsi. Ad accogliere. A lavorare.

Quella di Gino Savino, rappresentante della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, da Busto, ristorante Capri, nelle settimane passate è stata una voce spesso critica. Ora afferma: «La situazione è buona. O perlomeno è migliorata». Parola di chi, potendo sfruttare un’ampia veranda, appartiene alla categoria dei “privilegiati”, quella che può ricevere la clientela da oltre un mese. «Un’ingiustizia nei confronti di chi non ha la stessa disponibilità» aveva comunque sottolineato a tempo debito. Oggi, contenuti e toni delle sue dichiarazioni sono diversi.

«Ci stanno permettendo di lavorare. Non chiedevamo altro!». Riferimento, non troppo velato, ai ristori. Questo il concetto: bene gli aiuti ma meglio mettere i ristoratori nelle condizioni di non averne bisogno. Sappiamo rimanere in piedi con le nostre forze, basta consentircelo. «Non siamo abituati – chiarisce – a “dipendere dal sistema”. Semmai, storicamente, siamo noi ristoratori ad avere dato contributi al sistema. Ora è importante ricominciare a lavorare, anche dal punto di vista psicologico». Sì, perché i limiti di capienza ancora in vigore non consentono di lanciare i motori a pieno regime. Ma alzarsi la mattina sapendo che si torna a viaggiare fa una bella differenza. «Il mio staff – esemplifica Savino - non vedeva l’ora di lavorare di più. Semmai ci stiamo confrontando con una difficoltà nuova».

Quale? «Non ce lo aspettavamo ma siamo costretti a educare. Evidentemente chi è rimasto sempre aperto non è stato molto rigoroso nel pretendere il rispetto delle regole. Diversamente, non dovremmo chiedere così spesso di usare le mascherine in modo corretto, tanto per fare un esempio».

E la gente? «Risponde – conclude – e tira un sospiro di sollievo. C’è chi si sposta per lavoro e, finalmente, smette di mangiare in auto, in spazi piccoli, tra inconvenienti vari. Potersi sedere davanti a un piatto è già un passo avanti». Mettere le gambe sotto a un tavolo: la ripartenza passa anche da questo.

Stefano Tosi

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