La giornata dei proclami e dell’autocelebrazione: le voci critiche rispetto al progetto dell’erigendo ospedale Busto/Gallarate si sono espresse in questi termini, dopo la presentazione andata in scena a MalpensaFiere. Non si è parlato di numeri, non si è entrati nel merito di questioni cruciali, hanno aggiunto altri. Cogliendo un dato di fatto ma anche trascurando che l’occasione non si prestava ad approfondimenti dettagliati.
Quali sono i numeri che interessano, e intorno ai quali da sempre si agita il dibattito sul futuro nosocomio? È fatto noto. In primis, quelli dei posti letto, con una contrapposizione affiorata in modo ricorrente. Devono essere almeno pari a quelli oggi disponibili tra Busto e Gallarate, secondo una corrente di pensiero. All’opposto: non devono essere necessariamente gli stessi di oggi, bisogna ragionare in termini di duttilità e risposta a esigenze mutevoli, tenendo conto dei nuovi modelli di cura e assistenza. A seguire, i numeri che catalizzano l’attenzione riguardano sale operatorie, Pronto Soccorso (si passerà da due a uno, ovviamente) e, in modo meno martellante, i parcheggi. Tema, l’ultimo, che si connette a quello, ampio e complesso, dell’accessibilità: la sede individuata, a Beata Giuliana, al netto di investimenti ad hoc, genera preoccupazioni comprensibili. Anche se, va detto, gli attuali indirizzi degli ospedali in funzione, in via Arnaldo da Brescia a Busto e soprattutto in via Pastori a Gallarate, in pieno centro città, non garantiscono esattamente accessi fulminei, per esempio alle ambulanze.
Tutte questioni di rilievo, al massimo sfiorate nel corso della presentazione, più spesso saltate a piè pari. Ma sostenere che dai padiglioni di Malpensafiere non sia emerso nulla sarebbe ingeneroso. Il progetto del nuovo ospedale uscito dallo studio Zaha Hadid Architects appaga l’occhio, si inserisce nell’ambiente che lo circonda meglio di quanto molti (forse tutti) si aspettavano, soprattutto, parola dei tecnici, promette flessibilità e correlazione tra spazi e servizi. Ovvio che si sia, oggi, alla fase dei rendering, cioè di elaborazioni al cui cospetto “La città ideale” attribuita alla scuola di Piero della Francesca è una rappresentazione improntata al più crudo realismo. Ma la sensazione che dopo dieci anni si sia a un punto di svolta è invincibile.
Legittimo che ci siano critiche, perplessità, dubbi. Proseguiranno come minimo fino all’entrata in funzione del nuovo monoblocco. A proposito, i medici ospedalieri interpellati negli ultimi anni da “Il Bustese” sono stati, a microfoni spenti, concordi: strutture come quella che sorgerà a Beata Giuliana sono largamente preferibili ai tanti padiglioni in cui sono articolati gli attuali nosocomi di Busto e Gallarate.
Volendo ricorrere al classico schema giornalistico, oggi si conosce meglio, e non è poco, “cosa” prenderà forma al confine tra Busto e Gallarate (quello sul “dove” è quesito superato da tempo). Detto che il “perché” è destinato, ancora e irrimediabilmente, a dividere i fautori del nuovo presidio e quelli della ristrutturazione agli ospedali esistenti, restano da verificare il rispetto del “quando” (l’orizzonte temporale è il 2031) e soprattutto scoprire il “chi” ci lavorerà. Le riconosciute difficoltà della Sanità pubblica nel reclutare e trattenere medici e infermieri sono dibattutissime, a maggior ragione in un territorio che subisce l’attrazione fatale degli stipendi erogati oltre il confine con la Svizzera. C’è, ovviamente, chi confida in un effetto-calamita, quello che potrebbe nascere, e via via crescere, con la prospettiva di lavorare in un ospedale nuovo, concepito con criteri, è stato ripetuto più volte a Malpensafiere, che guardano al futuro.
Intanto c’è un territorio ampio e popoloso che osserva e attende. E che, prima e dopo il taglio del nastro a venire, avrà bisogno che i suoi malati siano accolti, curati, assistiti. Ci sono, in prima linea, due città, una con oltre 80mila abitanti, l’altra con più di 50mila, che si avvicinano a un sicuro cambiamento epocale, espressione usata a più riprese alla presentazione. Non ci saranno più gli ospedali di Busto e Gallarate, i cui nomi usciranno dalla geografia sanitaria per essere sostituiti dal “Grande ospedale della Malpensa”, rimando a piste di decollo e atterraggio distanti una quindicina di chilometri. Al di là delle intitolazioni e della toponomastica, il conto alla rovescia è davvero iniziato, a scandirlo saranno in parecchi, le aspettative sono, per forza di cosa, importanti. E tutti gli attori coinvolti, a maggior ragione dopo lo svelamento del progetto, sono consapevoli che la posta in gioco è altissima.








