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Cultura | 22 novembre 2025, 07:46

Generazione Futuro: a Villa Calcaterra un Paese che invecchia guarda negli occhi il presente

Un incontro affollato a Villa Calcaterra mette al centro il tema più urgente per l’Italia: l’inverno demografico. Politici, economisti, sociologi e imprenditori analizzano cause e conseguenze di un Paese che perde giovani. Dal lavoro alle politiche familiari, passando per cultura e welfare, emerge un quadro chiaro: il futuro si gioca ora

A Villa Calcaterra l’argomento non è uno dei tanti: è il tema che può cambiare il destino del Paese. Non appena inizia l’incontro a Busto Arsizio, si capisce che il pubblico non è venuto per ascoltare slogan, ma per affrontare una realtà che riguarda tutti: l’Italia sta diventando sempre più anziana mentre i giovani spariscono dalle statistiche, dalle città e, soprattutto, dalle prospettive del Paese. La frase riportata dal moderatore - il giornalista di Malpensa24 Andrea Della Bella — «Finché ci chiamate futuro, non saremo mai presente» — arriva come una scossa, e i 23 mila giovani varesini fuori da scuola e percorsi educativi sembrano la conferma di una crisi profonda e già in corso.

È in questo clima che prende forma l’incontro “Generazione futuro – Come rilanciare un Paese che invecchia”, promosso da PoliticaMente insieme ad Azione e alla Lista Civica Busto al Centro.

Bonetti: “L’Italia ha rinunciato a costruire speranza”

La deputata e presidente di Azione Elena Bonetti entra nel vivo distinguendo tra “transizione demografica” e “inverno demografico”. La prima, spiega, è il processo storico che nel tempo modifica l’equilibrio tra nascite e morti. Il secondo è la realtà drammatica dell’Italia di oggi, dove l’aspettativa di vita cresce mentre i bambini continuano a diminuire. Le cifre fotografano un Paese che si restringe: oggi si contano circa 370 mila nati, contro i 500 mila di pochi anni fa e il milione di tre decenni fa. Mai così pochi figli per donna; mai così difficile trovare giovani coppie pronte a diventare genitori. A tutto questo si somma il calo degli stessi potenziali genitori, un meccanismo che accelera lo squilibrio tra generazioni. Bonetti insiste sul nodo culturale: in Italia una donna che fa carriera è ancora spesso percepita come incompatibile con la maternità, una sorta di aut-aut silenzioso che costringe molte a rinunciare a una delle due dimensioni. E quando i giovani scelgono di andarsene, è perché non trovano qui condizioni abitative, lavorative, economiche che permettano loro di immaginare un futuro. «Il nostro Paese – afferma – ha smesso di costruire speranze concrete per i giovani».

Gigliarano: “Contratti stabili, redditi dignitosi, case accessibili: ecco cosa manca”

La voce dell’economista Chiara Gigliarano della Liuc introduce una lettura nitida del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile è sceso, dice, ma resta molto alto rispetto agli altri Paesi europei. A fare la differenza, come sempre, è la geografia: il Nord Italia è allineato alle migliori performance del continente, mentre il resto del Paese arranca. Ma il problema non è solo entrare nel mondo del lavoro. È ciò che i giovani trovano una volta entrati. Contratti instabili, retribuzioni più basse rispetto alla media europea, scarse prospettive di crescita. Non sorprende quindi che tanti laureati e talenti scelgano di fare esperienze all’estero, spesso senza tornare. Gigliarano lega questa fuga anche alla questione abitativa: con redditi bassi e affitti in crescita, l’indipendenza non è una scelta ma una conquista quasi impossibile.

Tacchi: “Demografia, economia e politica non viaggiano alla stessa velocità”

Il sociologo Enrico Tacchi sposta lo sguardo sul funzionamento profondo della società italiana. La popolazione invecchia, l’età pensionabile si allunga e i lavoratori anziani sono sempre più numerosi. Ma ciò che più conta, spiega, è la diversa velocità con cui si muovono politica, economia e demografia. La politica vive cicli corti, di consenso immediato; l’economia ragiona su cicli medi, di due o tre anni; la demografia invece parla in orizzonti trentennali. Ciò che accade oggi è il risultato di scelte fatte decenni fa, e ciò che accadrà tra trent’anni dipende dalle decisioni prese oggi. Tacchi cita De Gasperi e sottolinea come l’Italia si trovi in una trappola culturale prima ancora che economica: la natalità è bassa non solo per mancanza di risorse, ma per un cambiamento del sistema di valori. Famiglie numerose non godono più di status sociale, sono anzi viste come eccezioni problematiche. Senza una valorizzazione profonda della genitorialità giovane e numerosa, difficilmente la curva potrà risalire.

Tronconi: “Se calano i giovani, cala la produttività. E il Pil segue”

La prospettiva dell’imprenditore tessile Michele Tronconi (autore di un libro sul tema) è pragmatica, concreta, radicata nella vita delle aziende. Se la popolazione attiva diminuisce, dice, è inevitabile che si produca meno. E se si produce meno, il Pil scende. L’Italia potrebbe compensare con un forte aumento della produttività, ma questo non accade perché gli investimenti non sono sufficienti. «Le innovazioni – ricorda – le fanno i giovani. E se i giovani sono pochi, o se ne vanno, chi innova?». Tronconi sottolinea poi un dato che lascia la sala in silenzio: nel 1951 tre lavoratori sostenevano un pensionato; oggi siamo quasi uno a due; nel 2050 il rapporto sarà invertito. E il debito implicito dell’Inps – cioè quanto lo Stato dovrebbe ai pensionati se l’istituto chiudesse domani – è pari a quattro volte il Pil italiano. Dodicimila miliardi. Un’eredità pesantissima per le generazioni che verranno.

Secondo giro: un Paese diverso dentro la stessa sala

Nel secondo giro di interventi, Bonetti ricorda come negli ultimi anni la politica abbia dimostrato di saper costruire convergenze importanti, citando l’assegno unico universale. La strada però è appena iniziata e poggia su tre pilastri: reddito, lavoro qualificato e servizi, tutti indispensabili per sostenere maternità e gioventù.

Gigliarano porta un messaggio di fiducia: la Lombardia è un territorio privilegiato, capace di eccellere in molte classifiche nazionali. Ma proprio per questo, aggiunge, deve essere la prima a valorizzare davvero il capitale umano dei giovani, partendo da un investimento serio nella rete degli asili nido.

Tacchi riprende il tema culturale, ricordando che l’Italia resta un Paese dei particolarismi, dove il senso di appartenenza nazionale è debole. Lo dimostrano anche le imprese che spostano la sede fiscale altrove. «Per funzionare, le politiche sulla natalità devono diventare parte di un’identità condivisa».

Tronconi chiude con un richiamo al lavoro femminile e alla formazione: in ampie zone del Paese l’occupazione delle donne è quasi assente. «Bisogna partire da qui: formare, dare autonomia, creare nuove competenze». E sui giovani sottolinea un cambio di mentalità: non vivono più per il lavoro come le generazioni precedenti, cercano esperienze, equilibrio, mobilità. Per trattenerli servono contratti stabili costruiti su nuovi patti di fiducia.

Una conclusione che pesa come un verdetto

La serata di Villa Calcaterra lascia un messaggio forte: l’Italia non può più rimandare. L’inverno demografico non è un fenomeno lontano o astratto, ma un presente che già modella economia, società e welfare. E mentre il Paese invecchia, una generazione continua a chiedere soltanto una cosa semplice e radicale: di essere finalmente riconosciuta come parte del presente.

Laura Vignati

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