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Gallarate | 02 settembre 2025, 18:35

Dall’Istituto Falcone a Eluru: quando una città intera costruisce un ambulatorio in India

Grazie alla serata benefica con i Fottuta Marmellata e alla generosità di centinaia di partecipanti, Barbara Baronti ha inaugurato l’ambulatorio della missione di Eluru. «Senza di voi, questo progetto non sarebbe mai diventato realtà»

Quella sera del 19 maggio all’Istituto Falcone di Gallarate, musica, emozione e solidarietà si sono fuse in un unico slancio collettivo. Sul palco, la band gallaratese Fottuta Marmellata, capitanata dal musicista e produttore Luca Chiaravalli, ha travolto il pubblico con energia e sentimento. In platea, decine e decine di cittadini, amici e sostenitori hanno risposto con generosità all’appello di Barbara Baronti, instancabile promotrice dell’iniziativa.

L’obiettivo era ambizioso: raccogliere fondi per realizzare un ambulatorio medico nella missione di Eluru, in India. E il traguardo è stato raggiunto in poche ore, con 10mila euro raccolti grazie alle donazioni e al contributo diretto di chi ha partecipato alla serata. Un risultato reso possibile anche dal prezioso intervento della Croce Rossa Italiana – Sezione di Gallarate, che ha messo a disposizione medicine e presìdi sanitari destinati alla missione.

«Senza di voi, questo progetto non sarebbe mai diventato realtà – sottolinea Barbara –. La vostra partecipazione ha reso possibile la costruzione dell’ambulatorio e della fisioterapia di Virendra: siete stati parte essenziale del nostro sogno».

Il ritorno a Eluru: emozioni e incontri

Con quei fondi e quel carico di materiali, Barbara è tornata a Eluru con un misto di attesa e gratitudine. «Portare con me il frutto del mio impegno è stato motivo di realizzazione e orgoglio» racconta. «Il ritorno è stato una gioia pura: rivedere luoghi, suoni e colori familiari è stata un’esperienza intensa, come riabbracciare una parte di me che avevo lasciato lì».

Davanti all’ambulatorio completato, la commozione è diventata palpabile. «Sapevo che era un traguardo importante, ma vederlo lì, pronto ad accogliere i pazienti, è stato un colpo al cuore. Ho pensato a quante vite potrà migliorare, a quante persone riceveranno cure che prima non esistevano».

Ma le emozioni più forti sono arrivate dall’incontro con la comunità. «Il medico e le suore erano grate, le persone del villaggio si avvicinavano con le lacrime agli occhi. Per loro la gratitudine è un gesto sacro: ti baciano i piedi, come una benedizione. Un’anziana mi ha preso le mani, piangendo, e mi ha detto “per noi è un dono prezioso”. In quel momento ho pianto anch’io, di gioia e di umiltà».

Volti, storie e lezioni di vita

Barbara ha ritrovato anche Virendra, il bambino disabile che lo scorso anno aveva ricevuto una carrozzina grazie a una precedente raccolta fondi. «Vederlo ancora più forte e sorridente è stata una miscela di emozioni e gioia: quando vuoi bene a qualcuno, ogni suo progresso diventa una vittoria anche tua».

È tornata nella colonia dei lebbrosi, dove il tempo non ha portato miglioramenti clinici, ma ha rafforzato legami umani: «Appena mi hanno vista si sono ricordati di me e hanno voluto che dessi loro da mangiare. È un gesto semplice, ma carico di significato. Lì capisci che a volte la vicinanza emotiva è la cura più potente».

Le condizioni di vita, tuttavia, restano durissime: «In 15 metri quadrati vivono anche 15 persone, senza servizi igienici. È una povertà che ti costringe a rimettere in discussione le tue priorità. Eppure, loro sorridono sempre, con una dignità incredibile. Questa è una lezione che porto a casa e che tutti dovremmo imparare».

Guardando al futuro

Per Barbara, la missione non è finita. «Ci sono molti progetti da realizzare, alcuni costosi. Stiamo valutando quelli più fattibili con le risorse a disposizione, ma voglio continuare a sensibilizzare più persone possibili. Ieri, ad esempio, abbiamo aiutato una famiglia a comprare tutori per la loro bambina di otto anni, tetraplegica, in modo che possa stare in piedi e camminare. Sono piccole grandi vittorie che danno senso a tutto».

E il ringraziamento finale torna a chi ha reso tutto possibile: «Il vostro sostegno ha costruito non solo un ambulatorio, ma un ponte di solidarietà tra Gallarate e l’India. E questo, credetemi, è un dono che vale più di qualsiasi cifra».

Alice Mometti

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