Comincia con l’arte e la testimonianza civile il 22 maggio bustocco dedicato ad Alfredo Di Dio e alla Resistenza. A Villa Tovaglieri è stata inaugurata la mostra “Ribelli per amore”, un intenso percorso tra storia e coscienza collettiva. L’esposizione, che resterà aperta per cinque giorni e sarà poi disponibile per le scuole e la cittadinanza, è già stata ospitata dalle Acli di Milano e dall’Istituto storico della Resistenza di Novara. Si snoda tra pannelli, immagini e racconti che ripercorrono le tappe della lotta partigiana con uno sguardo particolare al ruolo della Resistenza cattolica e “azzurra”, spesso rimasta nell’ombra.
L’esposizione accende i riflettori su figure come don Giuseppe Rossi, beatificato “in odium fidei” dopo essere stato ucciso dai fascisti e ricostruisce la fitta rete di azioni e sacrifici che ha unito la montagna alla pianura, Busto Arsizio all’Ossola, in un unico moto di liberazione nazionale. Tra le sezioni spiccano quelle dedicate alla nascita della Repubblica partigiana dell’Ossola, alla riconquista nazifascista, al ruolo dei sacerdoti per la libertà, alle staffette, alle notti in montagna e al contributo dei patrioti bustesi. C’è anche un riferimento all’attività delle radio clandestine, alle trattative del 1945 e alla dimensione educativa della Resistenza, con planimetrie, testimonianze e perfino uno schema legato alla Giovine Italia fondata da don Pasquale Pozzi con i giovani dell’oratorio.
Accanto a questa mostra temporanea, Villa Tovaglieri ospita anche un’esposizione permanente che raccoglie cimeli della guerra, come costumi d’epoca, fasce, manifesti, timbri, carte e persino una spada: oggetti che restituiscono la concretezza quotidiana di un’epoca segnata dalla scelta e dal coraggio.
Il libro “Il mio comandante Alfredo Di Dio”: una figura, una missione, un’eredità
Sempre nel pomeriggio al liceo Crespi di Busto Arsizio è stato presentato il libro “Il mio comandante Alfredo Di Dio”, scritto da Margherita Zucchi e Grazia Vona con la collaborazione di Pier Antonio Ragozza e Carlo Fedeli. A introdurre l’incontro, Marco Torretta, presidente dell’Associazione Raggruppamento Divisioni Patrioti Alfredo Di Dio. Accanto a lui, il segretario del sodalizio Valerio Mariani e la studiosa di storia locale Antonella Rabolini.
Il libro racconta la figura di Alfredo Di Dio, comandante militare alla caserma di Vercelli che, all’indomani dell’8 settembre 1943, sceglie di abbandonare l’obbedienza cieca all’ordine costituito per abbracciare il rischio della libertà. Cresciuto nella scuola fascista ma con un forte retroterra cattolico, insieme al fratello esce dalla caserma con due carri armati per iniziare la lotta armata contro i nazifascisti. Tra Magenta, Novara e infine Vallestrona, dove si rifugia, nasce il gruppo Massiona, una delle prime formazioni partigiane guidate da militari regolari.
Zucchi ricorda con fermezza come Di Dio fosse contrario a qualsiasi infiltrazione politica all’interno delle formazioni partigiane: il suo unico obiettivo era liberare l’Italia, senza bandiere di partito. Una posizione netta e coraggiosa, in un tempo in cui tutto era politicizzato. «Non è vero che i fascisti erano brava gente», afferma con forza Zucchi. «Hanno torturato, rubato, ammazzato. La strage degli ebrei sul Lago Maggiore ce lo dimostra: i cadaveri gettati nel lago sono un grido che non possiamo dimenticare».
L’Ossola, l’ultima battaglia e il sacrificio finale
La coautrice Grazia Vona ha approfondito l’aspetto strategico e militare della Resistenza, in particolare il piano per la liberazione dell’Ossola, progettato nei primi mesi del 1944. È in questo periodo che Alfredo Di Dio incontra i rappresentanti dell’intelligence americana, chiedendo che le formazioni partigiane autonome venissero riconosciute come forze regolari. Si prepara così un’azione congiunta che porterà all’effettiva liberazione del territorio ossolano.
Ma l’autonomia e la libertà hanno un prezzo. Dopo la caduta dell’Ossola, quando le formazioni partigiane vengono nuovamente isolate, Alfredo cade in una trappola tesa con l’inganno da nazifascisti, proprio mentre si prepara a difendere quella zona che aveva contribuito a liberare. Muore così, combattente fino all’ultimo respiro.
Busto e l’eredità della libertà: tra memoria, territorio e cultura
A Busto Arsizio il nome di Alfredo Di Dio risuona ancora oggi con forza. Non solo per il legame diretto della città con il Raggruppamento patrioti azzurri, ma anche perché qui si trovava il comando regionale di quella formazione. Come ricorda Torretta, molte scuole, come le Manzoni, sono state luoghi attivi della Resistenza. La città è gemellata con Domodossola, a testimonianza di un legame profondo con l’Ossola e con la memoria della Repubblica partigiana.
«Alfredo Di Dio è una figura cardine della Resistenza azzurra, indipendente dai partiti ma guidata da un altissimo senso di giustizia e di fede. Busto Arsizio ha avuto un ruolo fondamentale in questa storia e merita di essere ricordata come crocevia di coraggio e responsabilità civile», ha sottolineato Marco Torretta, presidente dell’Associazione Raggruppamento Divisioni Patrioti Alfredo Di Dio.
L’assessore Manuela Maffioli ha evidenziato come iniziative come questa siano fondamentali non solo per ricordare, ma per dare senso e valore alla memoria. Non una commemorazione passiva, ma un ricordo attivo, consapevole, che diventi cultura viva. Villa Tovaglieri, che ospita oggi l’assessorato e varie realtà associative, si fa contenitore e simbolo di questo dialogo tra passato e presente.
Una ribellione nata dall’amore, non dall’odio
«La ribellione per amore», dice ancora Vona, «fu il primo atto contro il nazifascismo. Non nasceva dall’ideologia, ma dal bisogno di difendere ciò che si amava: la fede, la libertà, la dignità umana». E racconta l’incontro con una staffetta partigiana, una donna che sintetizzava così il senso del bene comune: “Se una cosa è bella per uno, è bella per tutti. E viceversa”. Una frase semplice e potente, che risuona ancora oggi.
Anche Zucchi chiude con un’immagine forte: quella del pittore Vergania, che nel 1944 affrescava le chiese frequentate dai partigiani e che poi dipinse anche a Verbania e Venegono. Un artista della libertà, proprio come Alfredo Di Dio, il cui nome oggi torna a farsi sentire, tra le pagine di un libro e i pannelli di una mostra, come richiamo vivo a non voltarsi mai dall’altra parte.