Suona un forte campanello d’allarme per la cassa integrazione in Lombardia nel trimestre del 2025. Il 1° Rapporto UIL Lombardia sulla Cassa Integrazione 2025, elaborato su dati INPS mostra una crescita complessiva del ricorso agli ammortizzatori sociali che segna un +20,3% di ore autorizzate rispetto allo stesso periodo del 2024, mentre nella sola provincia di Milano si registra un calo del -13,1%.
Il dato aggregato regionale nasconde fratture profonde, disuguaglianze territoriali e dinamiche settoriali che meritano un'attenta riflessione e una pronta risposta da parte delle istituzioni regionali e nazionali. La fotografia che emerge da questo primo trimestre del 2025 è quella di un sistema produttivo ancora fragile, in cui alcune province e comparti sembrano arrancare, mentre altri riescono a reggere meglio l'urto della congiuntura economica incerta.
L’industria rallenta (quasi) ovunque. Nelle 9 province lombarde su dodici registrano un aumento significativo della cassa ordinaria nel comparto industriale, con picchi a: Monza: +69,4%, Lodi: +300,4%, Pavia: +53,2%
«Questo incremento – evidenzia il segretario confederale Salvatore Monteduro – va letto come un segnale d'allarme legato a difficoltà di natura strutturale più che transitoria: difficoltà nel reperimento di commesse, rallentamenti della domanda internazionale, incertezza sui costi energetici e crisi delle filiere produttive sono solo alcuni dei fattori alla base di questa impennata. Solo Milano, Mantova e Cremona segnano una riduzione. La frenata dell’industria è un segnale che non possiamo ignorare e il rischio è che diventi strutturale e si traduca in una perdita duratura di posti di lavoro e competenze, soprattutto nei territori più periferici».
Più lavoratori in cassa, meno soldi in tasca
Nel trimestre gennaio-marzo 2025 sono stati coinvolti mediamente oltre 57.500 lavoratori lombardi, tra cassa ordinaria, straordinaria e fondi di solidarietà. Un dato che non può essere sottovalutato: rappresenta migliaia di famiglie che si trovano a fare i conti non solo con l'incertezza occupazionale, ma anche con una sensibile contrazione delle risorse disponibili per le spese quotidiane.
«A questi lavoratori non bastano più le promesse. Sono colpiti due volte: dalla riduzione del salario e dall’inflazione che erode il potere d’acquisto. In molti casi la cassa arriva in ritardo, e il taglio netto dello stipendio si fa sentire sulla spesa, sull'affitto, sulle bollette, sui consumi culturali e perfino sulla salute – aggiunge Monteduro – L'effetto sociale di questa situazione è un progressivo scivolamento verso la fragilità economica, soprattutto nei nuclei monoreddito e nei lavoratori più giovani e meno tutelati».
Boom della cassa straordinaria per riorganizzazione
Altro elemento preoccupante: le ore di cassa integrazione straordinaria in Lombardia sono cresciute del +21%, con causali sempre più legate a riorganizzazioni aziendali. Questo dato è da leggere con grande attenzione: non si tratta più solo di crisi temporanee, ma di strategie di ristrutturazione, accorpamento, delocalizzazione o digitalizzazione che impattano sulla tenuta occupazionale di interi reparti e stabilimenti.
«Dietro il paravento della ristrutturazione – continua Monteduro – spesso si celano progetti di ridimensionamento o dismissione. Il rischio occupazionale è concreto, e la cassa straordinaria rischia di diventare un’anticamera della perdita definitiva del posto di lavoro, se non viene accompagnata da piani industriali chiari e da investimenti concreti nel rilancio produttivo».
Milano sembra tenere, con un'economia terziarizzata più resiliente. Il capoluogo lombardo è sostenuto da comparti legati all'ICT, alla consulenza, ai servizi finanziari e alla ricerca, che hanno mostrato una tenuta migliore in questa fase. Ma nel resto della Lombardia, dove pesa l’industria manifatturiera, la situazione è ben diversa.
Dati come quelli di Brescia (+39%), Varese (+24,1%) e Como (+21,9%) descrivono territori in sofferenza, dove le imprese faticano a tenere il passo della trasformazione tecnologica, della concorrenza globale e dei costi crescenti. Il rischio è che si accentui una frattura tra territori a maggiore dinamismo e territori in affanno, con ripercussioni sulla coesione sociale e sull'equilibrio del sistema economico regionale.
«La cassa integrazione non può essere l’unica risposta. Serve un vero piano regionale per l’occupazione: più politiche attive, più formazione, più investimenti in innovazione – conclude Monteduro –. E soprattutto, serve ridare dignità al lavoro e ai lavoratori».