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Cultura | 09 febbraio 2024, 22:44

FOTO - Vittorio Introini, a un anno dalla scomparsa: «Un uomo gentile, un esempio nel progettare»

Villa Montevecchio, a Samarate, ha contenuto a stento le persone accorse per la tavola rotonda sull’architetto, designer e docente universitario. Spessore umano e culturale, rigore professionale, attenzione alla storia hanno composto un ritratto ricco e sfaccettato. L’emozione del figlio Marco

Pubblico numeroso e partecipe alla tavola rotonda su Vittorio Introini

Pubblico numeroso e partecipe alla tavola rotonda su Vittorio Introini

La sala azzurra non è bastata ad accogliere il pubblico accorso a villa Montevecchio per seguire la tavola rotonda organizzata a un anno, circa, dalla scomparsa di Vittorio Introini (FOTO in fondo all'articolo).

Troppe la stima verso l’architetto, docente e designer. Troppo l’affetto per la persona. Gli organizzatori (le associazioni Ortensie Blu, E20Diversi e Samarate Loves Books, su idea del professor Emilio Paccioretti) hanno avuto un bel daffare nell’aggiungere sedie, tutte occupate, nei locali attigui, fra disegni e progetti raccolti per la mostra dedicata all’illustre samaratese, un segno profondo lasciato a Gallarate e nel territorio, personalità di livello nazionale e internazionale.

Fra i presenti, tanti colleghi e amici. Consci che, a dispetto della figura sfaccettata emersa nel corso della serata, delle pubblicazioni (in vendita c’era l’ultima opera, “L’album di una passione”, edita nel 2022) e della cospicua testimonianza rappresentata dai risultati professionali, resti ancora molto da approfondire per avere un ritratto completo, a tutto tondo, di Vittorio Itroini.

Il professor Paolo Gasparoli ne ha sintetizzato il curriculum, fra insegnamento e conferenze in Italia e all’estero (Unione Sovietica, Inghilterra, Giappone, Svizzera...), mostre, presidenza del Consiglio nazionale degli architetti. Si è soffermato sulla crucialità della parola “passione”, dal suo ultimo titolo. Sentimento intenso, entusiasmo, ha spiegato Gasparoli, ma anche sofferenza spirituale, ragionamenti profondi e articolati. Per lui, ha ricordato, citandolo, «...la progettualità deve coniugare la stratificazione della storia e la fenomenologia del reale».

Di storia ha parlato anche Massimo Palazzi, presidente della Società Gallaratese per gli Studi Patri, ricordando anche il bisnonno di Introini, Ercole Ferrario, medico autorevole, impegnato nei moti risorgimentali, attento alle condizioni di vita dei contadini: «Fu il primo ispettore agli scavi delle antichità sul territorio». Un’attenzione e un rispetto per il sedimentarsi del tempo quasi trasmesso per Dna. Ha fatto presente Palazzi: «Introini ebbe a dire: chi progetta non può fare a meno della storia. Una storia che esista, perché conservata».

Parola agli architetti: Alberto Pensa ha raccontato un’intensa esperienza in un’Armenia ancora sovietica e l’impatto che la figura di Introini ebbe oltrecortina; Sergio Camisasca ha rievocato l’attenzione per nuove possibilità, la tensione verso il futuro («…mi presero allo Studio Introini, fra l'altro, perché mi destreggiavo, e allora eravamo in pochi, con strumenti informatizzati. Guardava avanti. Anche se all’inizio mi mise al tecnigrafo», brusio e sorrisi tra il pubblico); Cristina Ferrazzi ha guidato i presenti nella comprensione di alcuni preziosi lavori portati in mostra, oltre che nella declinazione “samaratese” di un’attenzione estrema al vecchio e al nuovo, il primo da conservare e migliorare, il secondo votato all’elevazione della qualità di vita.

In sala anche passato e presente delle Istituzioni locali, con l’ex sindaco Vittorio Solanti a rievocare il mutare del clima politico in cui si esercitò l’attenzione sul territorio comunale di Introini (definito persona di grande caratura etica, «…la delicatezza dei suoi gesti rivelava quella del pensiero») e l’attuale assessore alla Cultura, Maura Orlando, grata alla famiglia del professionista per la disponibilità e la presenza.

Emozionato il figlio, Marco, apprezzato fotografo di architetture: «Mio padre aveva una formazione classica, lontana dalla tecnologia. Eppure è cresciuto in un ambiente molto tecnologico, anche per via di tante aziende presenti sul territorio». Ha ricordato «…i concorsi, i progetti… E il design, che nascondeva un po’, non so come mai. Il design è qualcosa di democratico, se non altro perché riconoscibile».

Commosso il ricordo di Elena Brusa Pasqué, presidente dell’Ordine degli Architetti di Varese: «La gente presente stasera dimostra quanto Vittorio fosse amato. È stato un esempio nel progettare studiando il contesto, il genius loci. Sapeva che un gesto sbagliato può ritorcersi contro tutti». Rivolta a Marco:«È stato un uomo gentile. La storia era importante, per lui. Il territorio era importante. La famiglia era più importante: mi parlava sempre di voi». Applausi. Da tutte le sale in ascolto.

Stefano Tosi

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