L’Università dell’Insubria sarà capofila di un progetto sulla gestione delle complicanze dei trapianti di organo solido finanziato con più di 2 milioni 300mila euro nell’ambito del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il progetto coordinato da Varese è risultato vincitore di un bando competitivo a cascata del programma di ricerca e innovazione dal titolo
«One Health Basic and Translational Research Actions addressing Unmet Needs on Emerging Infectious Diseases» finanziato dall’Unione Europea.
È proprio su un’importante urgenza clinica non ancora soddisfatta (questo si intende per «unmet need») che si è focalizzata l’attenzione dei ricercatori varesini e dei loro colleghi sparsi in vari importanti centri clinici e laboratoristici della Penisola: la rapida identificazione e gestione delle complicanze infettive dei trapianti.
Un paziente trapiantato, infatti, è soggetto a complicanze infettive molto gravi proprio perché il suo sistema immunitario deve essere in qualche modo tenuto a bada per limitare i rischi del rigetto. È proprio questo ad aumentare il rischio infettivo. Con il ricorso a tecniche diagnostiche di ultima generazione disponibili nel Laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Asst dei Sette Laghi, Ospedale di Circolo di Varese, diretto da quasi un anno dal professor Nicasio Mancini, si proverà a identificare dei marcatori in grado di intercettare quanto prima queste possibili complicanze permettendone così una gestione più tempestiva.
Tutti i dati di laboratorio raccolti anche nei due altri centri di Microbiologia coinvolti nel progetto, ovvero l’Azienda Ospedaliera Pisana e l’Università di Salerno, saranno uniti a dati clinici che permetteranno di costituire una banca dati da cui potranno essere derivati nuovi schemi diagnostici. Questo grazie all’uso di avanzate elaborazioni informatiche condotte con l’Intelligenza artificiale all’Università di Trieste, altro partner del Consorzio.
A conferma della centralità dell’Università dell’Insubria e dell’Ospedale di Circolo di Varese è il ruolo cruciale svolto nel progetto dal Centro di Malattie infettive diretto dal professor Paolo Grossi, già da anni riferimento nazionale e internazionale nell’ambito delle complicanze infettive dei trapianti. «Ritengo che il progetto – commenta Paolo Grossi – possa essere un esempio di investimento oculato e lungimirante in ambito sanitario permettendo di realizzare uno strumento che duri e vada oltre il progetto stesso e possa essere integrato nell’ambito della rete nazionale dei trapianti in Italia».
Aggiunge Nicasio Mancini: «Sono orgoglioso di poter dare il mio contributo a quanto fatto negli ultimi decenni da Varese nell’ambito dei trapianti, e sono grato al professor Grossi per il supporto clinico e umano da lui ricevuto sin dal mio arrivo qui. Ringrazio anche il professor Giulio Carcano, direttore del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica dell’Insubria, per il sostegno che va ben oltre questo specifico progetto. Ritengo che nell’era della devoluzione sanitaria questo sia un significativo esempio di collaborazione virtuosa fra centri d’eccellenza del Nord, del Centro e del Sud: con l’orgoglio che sia Varese a fare da capofila!».
L’equipe varesina è completata da Maddalena Peghin, infettivologa del gruppo di Paolo Grossi, e da Andrea Ambrosini, direttore dell’Unità di Nefrologia che gestisce il post-trapianto all’Ospedale di Circolo.
Oltre ai laboratori e nosocomi già citati, nel progetto sono coinvolti anche i Centri Trapianto dell’Ospedale Niguarda di Milano, dell’Azienda Ospedaliera Pisana e dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, per un totale di circa 500 trapianti attesi nel primo dei due anni previsti dal progetto.