“L’ictus - riconoscerlo, curarlo, prevenirlo”. Questo il titolo della conferenza organizzata dal gruppo Avis di Borsano con il patrocinio di Avis Comunale Busto Arsizio e Valle Olona, Avis Provinciale Varese, del Comune di Busto Arsizio e dell’ASST Valle Olona.
A moderare l’incontro di venerdì 27 ottobre è stato Luigi Pinciroli, che ha da subito chiarito la gravità della patologia. In Italia è la terza causa di morte (la seconda nel mondo) e provoca oltre il 10% dei decessi annui.
È subito iniziato l’intervento “Il tempo è cervello” del dottor Isidoro La Spina, responsabile Neurologia Gallarate-Busto Arsizio, chiarendo che cos’è l’ictus. Si tratta di un disturbo della circolazione del sangue nel cervello causato da ischemia (nell’85% circa dei casi) o emorragia (nel restante 15%).
Questo provoca un’improvvisa comparsa di sintomi riferibili all’attività cerebrale: difficoltà nel movimento, a parlare, a vedere o a comprendere, mal di testa, confusione, perdita di sensibilità. Questi segnali devono essere riconosciuti subito, per poter intervenire al più presto: negli ultimi anni sono state messe a punto terapie che possono salvare la vita al paziente, ma solo se somministrate in breve.
Più tempo passa dalla comparsa dei sintomi alla messa in atto delle cure, più il tessuto salvabile diminuisce, e solo se questo è presente vengono applicate le terapie. In base al caso, si sceglie se intervenire somministrando in endovena un farmaco che scioglie i trombi o se disostruire l’arteria in modo meccanico.
Di tutte le persone che arrivano al Pronto Soccorso con un ictus, solo il 30% può accedere a queste cure, spesso perché è passato troppo tempo dai primi sintomi, altre volte perché le terapie non possono essere effettuate in particolari condizioni del paziente. Delle persone curate, la maggior parte ha un miglioramento completo o significativo, altre hanno benefici scarsi o nulli, poche vanno incontro a complicanze.
In Italia si registrano circa 200mila casi di ictus in un anno. Il rischio aumenta in base a fattori non modificabili e modificabili. I primi sono età, condizioni genetiche ed etniche, menopausa precoce e storia di gravidanza patologica. Tra i modificabili ci sono ipertensione arteriosa, diabete mellito, obesità, cardiopatie, fumo di sigaretta, eccesso di alcool, poca attività fisica. Curando questi aspetti si può prevenire l’ictus, riducendo anche i rischi dati dai fattori non modificabili.
Come ha spiegato il chirurgo vascolare Umberto Rosanna, l’ictus può essere causato da placche arteriosclerotiche delle carotidi (stenosi carotidea). Le placche possono iniziare a formarsi già in età infantile e si sviluppano con il tempo, restringendo l’arteria.
Il rischio di stenosi carotidea è legato agli stessi fattori che influenzano la probabilità di avere un ictus. Per monitorare lo stato delle carotidi si deve fare l’ecocolordopler (una sorta di ecografia), un’indagine non invasiva a cui sottoporsi per la prima volta tra i 40 e i 50 anni in presenza di fattori di rischio. Se questi ultimi sono assenti, si può iniziare a 65 anni.
Questo esame preventivo è fondamentale: la stenosi carotidea può essere sintomatica - se il paziente ha già avuto un ictus o un episodio ischemico a livello di un occhio, anche di brevissima durata - ma anche asintomatica.
La terapia medica consiste nel controllo della pressione, dei livelli di colesterolo e della glicemia nei diabetici. Possono essere necessari anche perdita di peso, astensione dal fumo e assunzione di un farmaco antiaggregante.
Nei casi più a rischio si può arrivare ad un intervento chirurgico per liberare l’arteria. L’operazione può essere svolta facendo un’incisione ed esponendo la carotide, che viene disostruita e poi richiusa, oppure attraverso un sistema endovascolare, entrando dall’arteria femorale.
Che si tratti di ictus, stenosi carotidea o di qualsiasi altra malattia, la prevenzione è fondamentale: può salvarci la vita.