«Aprite gli occhi su questa triste verità. Combattiamo con le armi di Venere, emblema della bellezza, della cultura e dell’arte». È stata una rilettura all’insegna dell’attualità quella messa in scena ieri sera, 11 maggio, al teatro Sociale con il monologo interpretato da Rossella Rapisarda per la regia di Alberto Oliva e la drammaturgia di Bruno Stori. Un’interpretazione alquanto originale della tragedia del Manzoni che ha voluto mettere in evidenza la tragicità della guerra che purtroppo devasta ancora negli anni Venti del Duemila una porzione del nostro continente.
Ha voluto lanciare un grido d’allarme su un fenomeno crudele che sparge sangue allora, nel XV secolo, come oggi. Da qui il riuscito escomatage scenico di mettere a confronto il dio Marte e la dea Venere, la guerra e l’amore, uniti nel mito, ma che ancora oggi dovrebbero convivere. “Con la guerra nel cuore”, recitava il cartellone del Carmagnola.
E non è un caso che l’interpretazione sia stata affidata a una sola donna, la brava Rossella Rapisarda che ha saputo ben vestire i panni di un ruolo tradizionalmente maschile, subendo una metamorfosi, da cantastorie shakesperiana in sella a un cavallo a dondolo a moglie e madre sofferente per il marito. Tant’è che la tragedia manzoniana è dominata da personaggi maschili: la guerra è un fatto di uomini e i valori che vengono messi in gioco sono prettamente maschili: l’amicizia, il tradimento, la fedeltà militare, la pietas per le vittime di guerra. Non c’è spazio per il gentil sesso. Ed è per questo che il regista e il drammaturgo hanno voluto lasciar parlare le donne, Antonietta Visconti e Matilde, moglie e figlia del povero conte di Carmagnola, vittima della ragion di Stato finito decapitato sul triste patibolo della piazzetta di Venezia.
Una fine ingiusta, decretata anche dal pubblico del Sociale chiamato in causa direttamente dall’attrice. Bello anche questo espediente scenico, per avvicinarsi alla platea e rendere il pubblico partecipe della vicenda. Francesco Bussone non doveva fare quella fine, non era un “alto traditore”. Ma le leggi del tempo non lo hanno assolto, non gli hanno concesso scampo.
Ieri, dunque come oggi. Ma il copione dello scrittore dei Promessi sposi è stato completamente stravolto. (VIDEO)
Così a dominare la scena è stata per oltre un’ora una donna. «La ragione più grande per cui il conte di Carmagnola non ha avuto fortuna scenica ai tempi – ha spiegato il regista al termine dello spettacolo – è determinato dal fatto che non ci sono donne nel copione e le grandi compagnie teatrali dell’Ottocento avevano sempre una prima attrice che richiedeva una sua parte. Stimolato da questa suggestione, abbiamo deciso di partire dalla fine , da Antonietta che ha dovuto sposare per forza il Carmagnola e poi glielo hanno portato via senza poter decidere nulla di quello che doveva essere la sua vita sentimentale. Siamo quindi arrivati a questo giullare-cantastorie che poi si trasforma in una figura femminile che è stata la chiave dell’attualità».
Tra il pubblico, tanti ragazzi. Del resto il progetto per mettere in scena la pièce aveva previsto il coinvolgimento di alcune scuole superiori di Busto Arsizio: il liceo Candiani e il classico Crespi. «Sono molto contenta della presenza dei ragazzi in sala – ha detto la vicesindaco Manuela Maffioli - Gran parte di questo calendario è pensato per loro. Sono altrettanto contenta di vedere un pubblico adulto che si mette in gioco ripercorrendo le tappe di quando era sui banchi, recuperando i contenuti appresi anni fa. Tutta la storia della guerra ci fa guardare con gli occhi della contemporaneità questo testo, una tragica contemporaneità. Come assessore alla cultura non posso che sposare la considerazione finale sul valore della bellezza della cultura. La cultura è uno strumento efficacissimo contro il degrado che è innanzitutto un degrado mentale. Dunque la cultura è l’unica vera arma pacifica per combattere il nemico interiore, il degrado appunto. Viva la bellezza, viva la cultura che dovremmo sempre cercare».
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