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Gallarate | 30 marzo 2023, 15:16

Vittorio Introini: vigilia dell’addio a un grande talento legato a Gallarate, conosciuto nel mondo, con il figlio Marco

Architetto, designer, docente universitario, ha unito talento e impegno. Capacità professionali e attenzione verso la farmacia omonima, di famiglia, nella città dei due galli. Marco: «Raccogliamo tanto affetto. Per la famiglia e per lui». L’addio a un passo dai 60 anni di matrimonio con Luigia, al suo fianco fino all'ultimo

Vittorio Introini nel giardino della sua casa di Samarate

Vittorio Introini nel giardino della sua casa di Samarate

Gallarate, insieme al mondo dell’architettura e del design,  si appresta a dare l’ultimo saluto a Vittorio Introini, già presidente del Consiglio nazionale degli architetti, tra i fondatori dell’Ordine professionale in Provincia di Varese, designer brillante, autore di progetti che hanno lasciato il segno, sul territorio e non solo. Il figlio Marco ha comunicato il lutto con un messaggio brevissimo: «A mio papà – 1935 / 2023». Alla vigilia del funerale, che si svolgerà nella chiesa parrocchiale di Samarate (dove Vittorio Introini risiedeva), domani, 31 marzo, alle 11. Sollecitato, Marco rompe l’essenzialità dell’annuncio.

«Con Luigia, sua moglie, nel 2023 avrebbe tagliato il traguardo dei 60 anni di matrimonio. Lei gli è stata davvero vicina, anche negli ultimi mesi, quando gli acciacchi si sono presentati. Sembrava ci fosse un recupero, poi qualcosa si è spezzato. Ma reagisce, mia mamma. Compatibilmente con la situazione, reagisce».

Parla il secondogenito di Vittorio. Il fratello, Paolo, si occupa della nota farmacia di famiglia, nella città dei due galli. E ci sono anche due nipoti. Marco ha seguito le orme del padre: stessa laurea e oggi insegna al Politecnico, come Vittorio. È fotografo di architettura. In qualche modo, non solo figlio ma anche fan. «Mio papà sapeva trasmettere la passione per il suo lavoro. E, nel mio caso, per l’insegnamento. Fino all’ultimo ha dimostrato trasporto, maniacalità, precisione, passione. Lo so bene, avendo, in passato, lavorato con lui in studio». Un approccio mantenuto fin quasi alla fine. «Appena gli proponevano di disegnare un pezzo si metteva all’opera. L’anno scorso lo ha contattato un’azienda olandese ed è partito subito. Mi chiedeva informazioni ma anche io ne chiedevo a lui, aveva una cultura profonda, era un libro vivente».

Più architetto o più designer? «Impossibile dirlo, credo che anche i suoi collaboratori non saprebbero scegliere. Senza contare che ha sempre tenuto alta l’attenzione sulla farmacia di famiglia, custodita da Paolo, un’attività cui teneva tantissimo. A partire dall’architettura e dell’automatismo».

Il rapporto con il territorio? «Forte. L’architetto lo fai lì, sul territorio». Vittorio Introini è stato fra i fondatori del Premio Arti Visive Città di Gallarate, scintilla per il Maga. Andava al Museo? «Eccome, soprattutto negli ultimi tempi. Era legato a Silvio Zanella».

Talento isolato o “sociale”, immerso nell’umanità? «La seconda. Ce ne accorgiamo, fra l’altro, per il tanto affetto che stiamo raccogliendo. Per noi, per la famiglia. Per lui».

Stefano Tosi

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