Si sono informati, hanno studiato i monumenti nei dettagli, seguito le visite guidate, si sono organizzati con i docenti delle scuole e questa mattina erano tutti pronti ad accogliere il pubblico che curioso non solo ascoltava, ma faceva anche domande. Ma loro, preparatissimi, hanno saputo tenere testa a ogni domanda. Sono gli oltre cento giovani ciceroni dei licei classico Crespi, scientifico e Ite Tosi di Busto Arsizio e il Fermi di Castellanza impegnati nella due giorni di apertura dei monumenti Fai.
Un full immersion che ha visto impegnati una trentina di studenti del liceo scientifico Tosi con i prof Barbara Bosetti e Francesco Rosazza, una ventina del liceo classico-linguistico Crespi con i docenti Isabella Cuccovillo e Marcella Colombo. Sempre una trentina i ragazzi dell’Ite Tosi e una ventina i ciceroni che hanno parlato in lingua inglese dell’Enrico Fermi.
Del resto sono loro i protagonisti delle giornate Fai. Sono loro che si sono rimboccati le maniche, hanno vinto ogni emozione, si sono messi in gioco, preparati nei dettagli e, mettendo in moto tutte quelle significative competenze che hanno imparato aderendo a questo progetto, puntuali questa mattina e per tutta la giornata di domani, hanno abbandonato i panni degli studenti per vestire quelli di ciceroni.
Così a Villa Brambilla l’appuntamento era con gli studenti del Crespi. Hanno illustrato le chicche della villa neoclassica, oggi sede del Comune, hanno fatto rivivere le stanze com’erano nell’Ottocento, spiegando affreschi e dipinti che richiamano il mondo classico. «Una significativa villa di delizia – spiega la docente Marcella Colombo – voluta dalla famiglia Brambilla che rivestiva un ruolo importante in Milano. La villa, costruita sull’asse del Sempione perché fosse ben visibile, rappresentava la nobiltà della famiglia. Il giardino si estendeva fino a Villa Pomini. A fine Ottocento la frequenza è diminuita finché nel 1921 è stata venduta al Comune, ma sono rimasti intatti gli ambienti tipici delle ville ottocentesche. Si alternano ambienti di parata, comodità e rappresentanza, mentre le due ali laterali sono state ristrutturate. La villa ha subito un restauro negli anni Novanta».
Poco più in là, la discesa conduce alla Liuc, un tempo Cotonificio Cantoni. Ad attendere il pubblico, i ragazzi del liceo scientifico Tosi che hanno illustrato la storia dell’edificio, dall’Ottocento agli anni 2000, trasformato poi in Università nel 1991 su progetto di Aldo Rossi. Una bella occasione per scoprire cosa sta dietro al bell’edificio che oggi ospita l’ateneo Cattaneo che oltre a essere un luogo di formazione, ricerca e innovazione, porta con sé la storia dell’industria tessile cotoniera. «Una storia che affonda le radici – spiega il prof Francesco Rosazza – a metà Ottocento con Costanzo Cantoni e proseguita con i figli, in una zona alquanto strategica per la presenza di mulini e del fiume. Una storia che si è protratta fino agli inizi degli anni Novanta quando la struttura è stata acquistata dagli Industriali di Varese».
Oltre alla visita del sito, da non perdere l’esposizione con libri sulla storia industriale, gli acquerelli di Aldo Rossi, il plastico originale del progetto Liuc, la proiezione di una selezione di filmati d’epoca per uno spaccato sull’evoluzione dell’industria e della società italiana dai primi del Novecento alla fine degli anni Ottanta e una mostra dedicata a “Aldo Rossi design” allestita con la collaborazione di Molteni Group.
«Per noi – spiega Daniele Pozzi, direttore dell’archivio del cinema industriale Liuc e coordinatore del progetto – è importante quest’apertura del sito perché riallaccia il legame con la storia: per 150 anni si è prodotto, lavorato in modo diverso da come oggi si produce e lavora. Il manifatturiero è ancora un’attività importante per la zona e l’Italia. Un’iniziativa come questa che collega l’attualità dei nostri studi con un passato manifatturiero è qualcosa di molto importante e che fa parte della nostra identità più profonda».
Cambio di scena con l’altro sito riservato però solo agli iscritti Fai. Si tratta di un monumento che incuriosisce i castellanzesi, aperto solo per questa occasione e durante la festività in commemorazione ai defunti. Si tratta del mausoleo fatto costruire da Leonardo Cerini per la moglie all’interno del cimitero. Per la costruzione, l’ingegnoso uomo chiama insieme ad artisti anche l’architetto milanese Manfredo d’Urbino e senza badare a spese fa erigere per la moglie una struttura che è un tripudio decorativo, con una incredibile ricchezza di materiali. A far visita al mausoleo alle 15 è atteso Donato D’Urbino, il figlio dell’architetto progettista.
A dare manforte anche per la preparazione dei ragazzi, vanno citati gli assessori di Castellanza Claudio Caldiroli (per l’ambiente) e Davide Tarlazzi (per la cultura) che tra l’altro ha scritto un libro su Villa Brambilla.