La sanità, a cui si è dedicato in qualità di presidente dell’apposita commissione regionale. Ma anche il lavoro e la sicurezza, temi prioritari emersi nell’ambito del grande progetto di ascolto del territorio “La Lombardia che vorrei”, senza dimenticare l’ambiente.
Sono tanti gli aspetti su cui Emanuele Monti, consigliere regionale uscente e ricandidato come capolista della Lega alle elezioni del 12 e 13 febbraio, intende continuare a impegnarsi.
Sempre con quell’«orgoglio lombardo» che ha animato la sua azione e che ha percepito chiaramente nei suoi numerosissimi incontri nel territorio.
Con il progetto “La Lombardia che vorrei” ha girato tutta la provincia di Varese, ottenendo ben 1.145 proposte. In queste settimane di campagna elettorale ha avuto modo di raccogliere ulteriori spunti e istanze?
«Il percorso di ascolto e condivisione fatto con “La Lombardia che vorrei” è stato un’ottima base. Poi la campagna elettorale mi ha portato praticamente in tutti i comuni della provincia di Varese, ritrovando persone, associazioni, sindaci. È emerso sicuramente un tema legato al lavoro, su due fronti: la ricerca di un’occupazione, ma soprattutto l’incontro domanda-offerta di lavoro. Mi sono già mosso col ministro Valditara per ragionare in questo senso, ad esempio sul rafforzamento degli Its. Quasi tutte le aziende che ho visitato mi hanno detto di non riuscire a trovare personale. C’è poi il tema della sicurezza, soprattutto nelle grandi città, in primo luogo Varese, dove c’è un’enorme richiesta di strumenti e personale. Non a caso ho siglato un patto per la sicurezza partendo dal modello Malpensa fatto da guardie giurate e “facilitatori”, per importarlo anche nei nostri pronto soccorso. E poi c’è ovviamente l’ambito della sanità su cui mi sono speso in questi cinque anni, sia per quanto riguarda la valorizzazione del personale sanitario, per il quale ho fatto numerosi incontri, sia per la necessità di continuare con un percorso non da bacchetta magica, come qualcuno in campagna elettorale sventola, ma con serietà e progetti già avviati».
A proposito di sanità: dopo aver contribuito a redigere la riforma sanitaria, quali sono i primi interventi a cui dedicarsi subito dopo il voto?
«Occorre andare in continuità con i progetti avviati nel territorio (oltre 700 milioni di euro per la sanità della provincia di Varese, il doppio rispetto alla media per abitante della Regione Lombardia). Questo significa la realizzazione della sala ibrida dell’ospedale di Circolo, il funzionamento del robot chirurgico, la realizzazione dell’ospedale di Cuasso, atteso da oltre trent’anni, il potenziamento degli ospedali di lago (Cittiglio, Angera, Laveno), la realizzazione di interventi di riqualificazione e rafforzamento dell’ospedale di Tradate ma anche di Saronno, la realizzazione dell’ospedale di Busto e Gallarate e la riqualificazione in chiave socio-assistenziale e socio-sanitaria degli spazi attuali, sostegno delle Rsa e della rete per la disabilità e la fragilità. Serve poi lavorare sui problemi: liste di attesa, rafforzamento della qualità dei pronto soccorso, e quindi dare slancio a case e ospedali di comunità. Non abbiamo costruito cattedrali nel deserto, abbiamo ristrutturato immobili già di nostra proprietà che vanno maggiormente riempiti di contenuto. Già tante cose sono state fatte, dall’ostetrica di famiglia allo psicologo di base».
Tra le proposte che hanno suscitato interesse in questa campagna elettorale, c’è la sua richiesta di prevedere una fermata ferroviaria dove sorgerà l’ospedale di Busto e Gallarate.
«Credo che quello che si può promettere sia l’impegno di dedicare attenzione e lavoro sulla tratta Milano-Varese per avere alcuni progetti iconici. Avere alcune corse di un treno veloce no stop Varese-Milano, per collegare meglio le due città. Serve un dialogo molto forte con Ferrovie dello Stato e Trenitalia. C’è la possibilità di aggiungere una stazione a Busto per poter permettere a pazienti, parenti e soprattutto a medici e infermieri di raggiungere senza l’utilizzo della macchina un luogo che avrà un certo impatto viabilistico. Non dico che sarà un progetto che verrà sicuramente realizzato, ma io ho raccolto lo stimolo di cittadini e comitati. Chiaramente occorre anche investire sulla parte viabilistica».
Ha parlato pocanzi del tema del lavoro, quello su cui si è concentrata la maggior parte delle proposte raccolte con “La Lombardia che vorrei”. Su quali altri aspetti, oltre alla formazione, occorre intervenire?
«C’è un tema importante relativo alla Svizzera. All’interno del pacchetto più ampio legato all’autonomia, è importante poter avere gli strumenti (anche di detassazione) a favore delle aziende che operano vicino al confine per mantenere qui i dipendenti che vengono formati, iniziano a lavorare e dopo pochi anni spesso si dimettono per andare in Svizzera. C’è anche un elemento di attrattività delle nostre reti industriali: perché non cercare, anche in un ambito di rigenerazione urbana su progetti co-finanziati da Regione Lombardia, di valorizzare quei cluster industriali, offrendo delle zone con parchi tecnologici, come è stato fatto nell’ex area di Expo? La nostra area non ha la forza del brand Milano, ma è logisticamente molto attrattiva ed è un luogo bello. In un mondo che nel post-Covid va sempre di più verso una logica di maggiore attenzione all’ambiente in cui si vive, alla qualità dell’aria e così via, anche molte aziende – per una valorizzazione del personale che può vivere e crescere in un territorio più bello e più sano – possono spostare il baricentro un po’ più a nord rispetto a Milano».
Tra i provvedimenti di cui si è detto più orgoglioso c’è il risanamento del lago di Varese.
«Assolutamente. È stato un grande progetto che ci ha visto in primissima linea. Mi dedico a questo tema da tanti anni, sono nato ad Azzate, sul lago. Anche quando ero in consiglio provinciale, il punto chiave non era la progettualità ma il finanziamento. Con il mio emendamento al bilancio siamo riusciti a far partire l’accordo quadro ed è stato fatto un ottimo lavoro. Non è finito: c’è un tema di grandissima attenzione agli scarichi abusivi. Nonostante il grande lavoro fatto, ce ne sono di nuovi. Chiaramente, per lo sviluppo del nostro territorio la balneabilità è importantissima, ma per me il criterio più importante è quello dell’ambiente: stiamo ridando un futuro a un lago inquinato e sporco, restituendolo alla collettività».
Perché confermare la fiducia ad Attilio Fontana, peraltro a sua volta varesino?
«Il presidente Fontana ha dimostrato di essere il bravo amministratore, quello che davanti alla pandemia non molla un secondo. È stato accusato in ogni modo, sono state aperte inchieste a suo carico, ma alla fine la storia ha dato a Cesare quel che è di Cesare. Ad Attilio quel che è di Attilio. Regione Lombardia ha fatto tutto il possibile in un contesto di grandissima difficoltà. Dopodiché, il giorno dopo il Covid Fontana ha stimolato il territorio, sostenendo Rsa, imprese, enti locali. La Lombardia è ben amministrata, col bilancio migliore in Italia, uno dei migliori in Europa e il costo della politica più basso in Europa. Anche in questa campagna elettorale, al di là delle problematiche, ho sentito i cittadini contenti e orgogliosi della loro Regione. Non a caso ho scelto lo slogan “Orgoglio lombardo”. I lombardi, pragmatici, premieranno sempre la buona amministrazione».