Anche gli eroi hanno bisogno di un difensore. Di un avvocato, come Enrico Candiani, da Busto Arsizio. Capita a Diego De La Vega, alias Zorro, al centro di una lunghissima questione legale tra Zorro Production, società Usa che detiene i marchi del personaggio creato da Johnston McCulley, e Cogedi international, società italiana, accusata di aver commissionato, senza i dovuti pagamenti, una campagna pubblicitaria ironica, con tanto di simboli inconfondibili legati allo spadaccino. Identificato da cappello, zeta, pastrano, maschera nera.
«Giuridicamente è una chicca - dice Candiani - non ci sono precedenti sull’uso parodistico del marchio ». Domanda: di Zorro sanno tutti, ma dello spot pubblicitario su un’acqua minerale qualcuno ha ricordi? «La vicenda prosegue da minimo 15 anni, assurdo» il commento di Candiani. «Quelle coinvolte – aggiunge – sono società solide. È inconcepibile che debbano aspettare così tanto».
Si ragiona sulla libertà, senza corrispondere royalties, di realizzare una parodia a tema Zorro a scopi commerciali. Si può, si potrebbe, parodiare Zorro ma quegli elementi caratteristici sono coperti da diritto d’autore. Terreno scivoloso.
La Cassazione ammette la possibilità di riportare in scena il personaggio (ciò che ha fatto la società romana) ma con dei distinguo, che portano i giudici al rinvio alla Corte d’Appello. Candiani: «Il diritto d’autore potrebbe non essere stato violato ma il diritto sui marchi d’impresa sì, con un aggancio di tipo parassitario».
Alcune certezze: «Troppo tempo – ribadisce l’avvocato – per arrivare alla definizione del caso, le società non lo meritano. Comunque sta emergendo il seguente concetto: puoi riproporre Zorro, anche in chiave comica, come fece Raimondo Vianello. Non puoi farlo per reclamizzare il tuo prodotto». Chi sarà il sergente Garcia di turno, destinato alla zeta tratteggiata con la spada sulle brache? Per saperlo ci vorrà, verosimilmente, ancora un po’ di tempo: ritorno alla Corte d’Appello.