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Salute | 11 dicembre 2022, 12:14

Lo sfogo di un medico di base varesino: «La mia giornata di lavoro dalle 7.30 del mattino alle 21.30 di sera»

Il professionista che esercita da più di vent'anni sul nostro territorio ci ha scritto una lettera per replicare a coloro che ritengono i medici di famiglia responsabili del collasso dei pronto soccorso: «Durante la pandemia siamo stati l'unico baluardo di servizi a non chiudere mai. Le visite domiciliari vengono fatte eccome, non andiamo in vacanza alle Maldive»

Lo sfogo di un medico di base varesino: «La mia giornata di lavoro dalle 7.30 del mattino alle 21.30 di sera»

Riceviamo e pubblichiamo una lettera sfogo che ci ha inviato un medico di base che lavora in provincia di Varese e che esercita la professione da più di vent'anni.

Parole che vogliono confutare i tanti luoghi comuni che aleggiano e si concentrano sui medici di famiglia, attraverso il racconto della propria giornata di lavoro tipo con l'aggiunta di qualche riflessione:

«In questi giorni si legge dei pronto soccorso presi d'assalto e nei vari commenti è frequente leggere frasi del tipo “colpa dei medici di famiglia”, “se i medici di famiglia venissero a domicilio”, "dal Covid i medici di famiglia sono  scomparsi”, ”per forza i medici di famiglia ti mandano  subito in pronto soccorso”, ”dove  sono i medici di famiglia, alle Maldive?”, ”non ci sono più i medici di famiglia di una volta" e così via.

Ora facendo lo scrivente il medico di  famiglia,  meglio dire medico di medicina  generale o medico di assistenza primaria da più di vent’anni mi corre l’obbligo, arrabbiato, di esporre le  seguenti  considerazioni. 

Lunedi scorso (siamo in piena epidemia sia Covid che influenzale) la mia giornata  è stata la seguente. Giunto in studio alle 7.30 avevo circa 15 messaggi in  segreteria telefonica e una decina di WhatsApp (strumento abusato che ricordo  sarebbe unicamente un social privato e sarebbe vietato dalle attuali normative; le telefonate si sono susseguite ininterrotte fino circa le 11,30 contando a tale ora più di 100 contatti.   

A volte anche suonavano contemporaneamente telefono fisso, cellulare  e  WhatsApp; alle 11 riesco finalmente a effettuare qualche domiciliare; alle 12,30  ho iniziato i tamponi Covid fin verso le 14 quando  era  prevista una call  istituzionale; poi ancora un’oretta di mail e risposte a WhatsApp nonché  preparazione di burocrazia ritirata in cassettina lettere. 

Alle 15 inizia ambulatorio fin verso le 20,30, continuamente interrotto da telefonate sia su fisso che cellulare (ma il rispetto del lavoro altrui? Il rispetto dei pazienti presenti? L’invito di non interrompere un pubblico servizio?); alle 20,30 finito ambulatorio avevo circa una ventina di  Whatsapp (tra cui assurdamente due tre richieste di “malattia” ovviamente  inviate via Whatsapp alle 18 di sera) e innumerevoli mail tutte da evadere. 

Uscito da studio circa alle 21.30 e alle 23 ero davanti al pc per inserire una decina  di vaccinazioni e qualche positività Covid nonché a preparare qualche famosa "mi  scrive due righe perché". 

Alla mattina dopo alle 7.30 si  ricomincia.  Non sto a dire cosa è successo il 9  dicembre, dopo aver passato il festivo a rispondere a mail  e  Whatsapp. Tutti i colleghi e le colleghe che conosco sono nella stessa situazione.

Ciò premesso mi vengono alcune considerazioni:

1) I pronto soccorso sono affollati nonostante il filtro assiduo costante e capillare  della medicina generale.

2) I pronto soccorso sono pieni per mille altri motivi,  tra  cui la  gratuità  della prestazione e le liste di attesa infinite (anche più di un anno) per  prestazioni  magari  urgenti richieste dai medici di assistenza  primaria (per i quali poi ci si  scandalizza per appuntamenti per necessità non urgenti a tre-quattro  giorni).

3) Nessuno di quelli che scrivono commenti offensivi ed immotivati ha mai provato a impuntarsi quando un impiegato del cup rifiuta un appuntamento chiedendo di “andare dal suo medico”, magari dicendo fermamente “il mio medico mi ha già  fatto l’impegnativa eccola, datemi l’appuntamento e basta”, oppure si è mai  imposto in  fase di dimissioni da un pronto soccorso o da un reparto o dopo una  visita specialistica in ambito Ssn per avere come previsto per legge i giorni di malattia o le prescrizioni farmaceutiche in modo da liberare accessi dal proprio  medico? Oppure si è mai rifiutato di chiedere le famose due righe per la  qualunque, magari per un'assicurazione del tutto privata nulla avrebbe da  chiedere ad un medico del Ssn? E avrebbe idea di quante ore si libererebbero  nella giornata di un medico di medicina generale?

4) Tutte le persone che scrivono commenti hanno mai pensato che una mail o un  Whatsapp scritto non si risponde da solo, rappresenta un atto medico con tutte le  conseguenti responsabilità e riceverne a centinaia in un giorno rappresenterebbe  per molti altri lavori la globalità dell’impegno quotidiano (leggasi smart working)  mentre per un medico di assistenza primaria è “solo” parte costante della stessa?

5) I medici di assistenza  primaria, fatto salvo rare eccezioni (però sarebbe  corretto che chiunque facesse nomi e cognomi e descrizione dei fatti) sono stati  fin dall’inizio dell'emergenza Covid l’unico baluardo di servizi, sanitari e  non, non  solo a non chiudere mai, non solo a non veder diminuita o limitata la propria  disponibilità, ma addirittura a vederla aumentata a dismisura, assorbendo compiti e mansioni di tanti altri professionisti ed operatori. E di sicuro gli unici desaparecidos (come si sente dire) sono stati i colleghi ahimè morti e gli unici autorizzati a dire che i medici di famiglia sono assenti sono proprio i familiari, i propri figli, i propri amici.

6) I medici di medicina generale non vanno alle Maldive. Primo perché sono  passatempi tipici di chi gode di ben altre entrate; secondo perché non hanno ferie  né malattia né congedi  familiari né Inail. E spesso vanno a lavorare il giorno del funerale del proprio padre venendo continuamente disturbati da un cellulare che suona per chiedere una ricetta medica. E spesso quando concedono “giorni di malattia” sono in servizio in condizioni ben peggiori chi chiede gli stessi.

7) Notizia bomba: le visite domiciliari vengono fatte eccome. A dismisura. Però  mentre il medico è in visita domiciliare qualcuno si lamenta che non sia in studio,  e qualcun altro che non risponde al telefono. E peraltro non si capisce come mai,  ammesso che sia vero, che qualora eventualmente il medico di medicina generale  non andasse a casa del paziente lo stesso poi vada in pronto soccorso (magari a  distanza di decine di km e non dal proprio medico di medicina generale magari a  distanza di poche centinaia di metri.

Chi invoca i “medici  di una volta” si metta il cuore in pace: 15 anni fa (si già  15  anni fa chissà ora) lo scrivente era ad una riunione dell’ordine dei medici. Vi era un collega quasi centenario brillantissimo, ex condotto. Sentendo il nostro quotidiano si mise le mani nei capelli dicendo “voi siete matti”. Ecco da allora le  cose sono peggiorate a dismisura. 

In ogni caso, a parte la vita media allungata di 15 anni, a parte che allora non  c’erano Siss, Cup, note Aifa, impegnative da fare e rifare a dismisura (metti  priorità e togli priorità e accorpa prestazioni e separa  prestazioni), vi era un  decimo o meno di farmaci e prestazioni a disposizione. 

Infine, la richiesta di visite domiciliari la si metteva nella buca delle lettere in  centro al paese il lunedì e non c’erano mail, cellulare (spesso nemmeno telefono), Whatsapp, ergo circa sei ore libere al giorno in più».

Redazione

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