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Territorio | 20 settembre 2022, 18:05

«Fai campagna elettorale come Cetto La Qualunque». E il sindaco di Cadrezzate finisce a processo per diffamazione

Una frase scritta in un gruppo WhatsApp aperto ai residenti dal primo cittadino ha spinto un residente a portare in tribunale il sindaco Cristian Robustellini

«Fai campagna elettorale come Cetto La Qualunque». E il sindaco di Cadrezzate finisce a processo per diffamazione

Finire a processo per Cetto La Qualunque. O meglio, per un accostamento al celebre personaggio interpretato da Antonio Albanese, che nel film “Qualunquemente” le spara grosse, da aspirante sindaco, per assicurarsi il voto della gente, promettendo ogni sorta di beneficio senza prestare particolare attenzione al confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Ma anche un personaggio - seppur frutto della fantasia - «che si comporta da mafioso e da fuorilegge, che elude le tasse».

Con queste parole, pronunciate in un’aula del Tribunale di Varese, un 68enne di Cadrezzate ha spiegato la scelta di tutelarsi per vie legali dopo che il nome della sua famiglia - tacciata di fare “campagna elettorale” in modo discutibile - era stato associato a ciò che rappresenta il protagonista del film. Il tutto per una frase scritta in un gruppo WhatsApp aperto ai residenti - InfoCadrezzate - dal sindaco del paese Cristian Robustellini, oggi accusato di diffamazione aggravata. 

La vicenda, risalente al 2018, è legata ad un rapporto non certo idilliaco tra la famiglia dell’uomo - originaria della Basilicata ma nel Varesotto dagli anni Sessanta - e il sindaco. Storie di paese, esigenze di privati cittadini che entrano in conflitto con le regole e i tempi della pubblica amministrazione, fino a creare dissapori. Come quella volta che l’uomo, proprietario di una impresa di pompe funebri insieme ai parenti, si vide bloccare dal Comune alcuni lavori per la casa funeraria della ditta, poi finiti al centro di un ricorso al tribunale amministrativo; o quella volta in cui il 68enne aspettò per ore fuori dal cimitero, con il feretro di un defunto nel carro funebre.

«Avevo chiesto i permessi per collocare momentaneamente il defunto nella camera mortuaria del cimitero, in attesa della cremazione - ha raccontato in aula l’uomo, parte civile nel procedimento con l’avvocato Vito Pizzonia - Ma quando sono arrivato sul posto ho trovato chiuso e nessuno è venuto ad aprirmi. Ho saputo poi al telefono, dal tecnico responsabile, che poco prima mi avevano scritto via pec per dirmi di tenere la salma nei miei locali». Un fatto che il sindaco, sempre in chat, definì una “carnevalata”, una strumentalizzazione per via della polemica che ne era scaturita. 

Qualcosa di simile ad un episodio avvenuto a gennaio 2018 e connesso alla denuncia: uno scuolabus che per il 68enne e per il fratello (all’epoca esponente del gruppo d’opposizione in consiglio comunale) viaggiava senza assicurazione, tanto che un autista si sarebbe rifiutato di prendere servizio. Si alza il polverone delle accuse incrociate, ovviamente sul gruppo WhatsApp: “Il Comune non paga l’assicurazione”, “voi mistificate la realtà”. E alla fine in chat compare il tagliando del pagamento, effettuato in ritardo, secondo la tesi del 68enne.

Durante l’udienza hanno testimoniato anche i fratelli dell’uomo, portando all’attenzione delle parti - il primo cittadino di Cadrezzate è difeso nel procedimento dall’avvocato Giacomo Mastrorosa - i presunti danni d’immagine e di reputazione patiti in ambito lavorativo e all’interno della comunità locale - perdita di clienti, battute al bar e in bottega - a causa della vicenda relativa all’accusa di diffamazione. Che tornerà in aula la prossima primavera per l’esame di altri testimoni.

Gabriele Lavagno

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